Dylan e Cohen. La musica che porta in cielo, passando per l’inferno

CULTURA

Alla premiazione di qualche giorno fa non c’era. Ha inviato una lettera e Patti Smith ha cantato per lui. Quando è stato annunciato il Nobel a Bob Dylan, non pochi hanno pensato a Leonard Cohen. Sarebbe stato bello un ex aequo. Entrambi ebrei. E per entrambi la Bibbia, il Talmud, la Torah, la Cabala sono state fonti inesauribili.

 

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Dylan ha detto che come Gandhi si sentiva cristiano, ebreo, musulmano, indù, umanista. E ha scritto testi in cui si sentono chiari i riferimenti biblici, come in Chimes of freedom (Campane di libertà). Descrive il cielo che si apre, la pioggia che scende, lampeggianti campane di libertà per il rifugiato, il non violento, i poveri; tuoni e lampi in difesa del ribelle, il miserabile, lo sfortunato, l’abbandonato e il rifiutato, per la bistrattata madre senza marito, la prostituta ingiuriata… Per quelli condannati a vagare e per quelli cui viene impedito di vagare. Un verso straordinario per indicare le due tragedie della nostra epoca: i migranti (quelli che sono condannati a vagare), e i campi di concentramento, i lager, i gulag per coloro che sono impediti di vagare.

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Cohen afferma che da piccolo in casa sua non ha mai sentito il nome di Dio, nessuno lo nomina, eppure se ne avverte la presenza. Anche in lui troviamo personaggi esclusi e buoni come Nancy, che, nel vuoto della notte e nel freddo, sempre accoglieva: “Amore sono contenta che sei venuto”. E una notte Nancy ha cercato la libertà dal terzo piano. L’amore fino alla fine, il mistero delle donne che sono “eccezionalmente gentili con la mia vecchiaia, creano un luogo segreto nelle loro vite indaffarate e mi ci portano, si spogliano nude nei loro diversi modi e dicono: ‘Guardami Leonard’, guardami un’ultima volta, poi si chinano sul letto e mi coprono come un bambino“. Così forse immaginava e voleva la sua morte.

Un ragazzo di Manfredonia ha partecipato a un suo concerto a Verona. Mi ha scritto in questi giorni. “Tu mi hai parlato di Cohen e io stavo a quel concerto. Esordì dicendo che non ci sarebbe stata un’altra volta e che in quella serata avrebbe messo tutto se stesso. Lo promise e lo fece. Una notte indimenticabile. Era il 2012. Mille chilometri per ascoltare Cohen! Quattro ore e aveva allora 78  anni! Si sentivano i ritmi ebraici e quelli zigani, magiari, andalusi…”

E’ morto il 7 Novembre; una ventina di giorni prima Cohen ha presentato il suo ultimo album. Ha parlato della morte. Nel mese di agosto aveva salutato Marianne, ispiratrice di tante canzoni, e le aveva promesso che l’avrebbe presto raggiunta. “Sono pronto, mio Signore”, dice in un canto.

 

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