Costituzione e referendum. Un paese frantumato e un Sud senza
“Noismo” è un neologismo “brutto” scaturito per caso da un colloquio di qualche sera fa. “C’è un alone intorno al No. Un voto liberatorio, che piace…Noismo”, diceva una persona che si lamentava delle politiche renziane, senza motivazioni. Buona la pensione, i figli lavorano qui, nei vari Enti… Era spontaneo incontrarsi (a me è successo) e sentirsi dire: allora si vota No? E la sorpresa, quando, come nel mio caso, dicevo di votare sì. Bisognava motivare il sì. I quesiti, si dirà, erano tanti, e non c’era nessuno che non fosse contrariato per un aspetto. Eppure quel solo aspetto diventava “bocciatura” di tutto. A Manfredonia si è votato contro Energas, a Monte S. Angelo contro lo scioglimento per mafia o perché il paese perde abitanti… Sono impressionanti i risultati del Sud. Al Nord la vittoria del No è stata più contenuta, nonostante la presenza della Lega che ha amplificato l’emergenza immigrazione. Un vento impetuoso che si avvertiva, ma non si coglieva pienamente. Il riferimento al populismo non chiarisce quanto è avvenuto.
Si deve ricucire? Il Referendum è manicheo in sé. Lo è sempre stato. A cominciare da quello “Repubblica-Monarchia”, come per il divorzio, l’aborto… Le sfumature non sono ammesse. Ma la ricucitura non deriva dalle divisioni del Referendum. Le divisioni sono quelle Nord-Sud, le disuguaglianze, il peso delle burocrazie, servizi che funzionano male, i poteri forti sempre evocati e non si sa bene quali siano, i giovani del Sud senza lavoro, la lentezza della ripresa, le clientele… Tante tribù e una classe politica (nei territori) incapace di gettare ponti e di costruire percorsi condivisi. Il paese non è spaccato, è frantumato.
Sono tempi di profonda malafede, che non riguarda i singoli che mantengono nella quotidianità quel tanto di veracità, come sempre, ma interessa la società, la vita pubblica. Fa crollare la fiducia. Si mente tranquillamente. Delegittimato è chiunque non la pensa alla stessa maniera. Una canea che non spinge a pensare. Sono miei amici quelli che ora la pensano come me. Il resto, il futuro non mi interessa. Tra i politici del Sud e del PD ci sono stati tatticismi, attese, attenzione a non farsi coinvolgere più del necessario, un uso strumentale della Costituzione. Il quadro fatto da un quotidiano che ci presenta nella Giunta regionale quasi tutti per il No, e nella Giunta del Comune di Bari quasi tutti per il Sì, ci suggerisce qualcosa di fastidioso.
Ricucire e dare un senso al futuro? Si parla spesso di paure. La paura può essere il preludio necessario alla responsabilità. La paura è una precondizione di un’etica del futuro. Bisogna cercarla, elaborarla con un pensiero e un’immaginazione che deve diventare premura e cura. E’ questa una paura speciale, che invece di chiuderci ci deve spingere a uscire fuori e cercare gli altri, a ragionare insieme, a collaborare e cooperare. La collaborazione rende più agevole portare a compimento le cose, e la condivisione può sopperire a eventuali carenze individuali. La capacità di cooperazione deve essere costruita e alimentata. E’ un percorso lungo, un lavoro nuovo cui è chiamata la scuola, la società, persone senza un “Io” smisurato. La leopoldina di Firenze è troppo poco. Devono esserci altri appuntamenti anche nei territori. Il paesaggio del Sud è privo oltre che di idee, anche di decenza e di rispetto. E nel Sud abbiamo bisogno di pensieri e di comportamenti che facciano fare passi avanti.
Intanto registriamo questa grande partecipazione, e molti tra i vincitori rimproveravano a Renzi pure questo: aver diviso il Paese con il Referendum!
Ora cosa accadrà nel PD? Cosa avverrà più ampiamente nella sinistra?
Per ora la sinistra è a pezzi. La sinistra è a pezzi nel tempo dei funerali di Fidel. Del quale abbiamo visto, in tante ore di trasmissione televisive, solo le lacrime di dolore e di gioia, senza alcuna analisi storica. Una sinistra che non ha proposte a livello locale e territoriale. Proposte che non vengono, in verità, da alcuna parte sulle questioni dello sviluppo e del lavoro.
Nei prossimi giorni si respirerà un’aria di pacificazione. Intanto ci saranno i posti al Senato, 315 in in tutta Italia, poi forse torneranno le province. L’unico futuro che molti valuteranno sono i posizionamenti sulla scacchiera delle cariche e delle candidature, ognuno con i propri pacchetti di voti.