Votazioni senza gioia. Quei trenta passi per il voto e quel paia di scarpe consumate.
Chiesi anni fa ad un mio collega, eletto consigliere comunale, quanto avesse speso per la campagna elettorale. “Un paio di scarpe”, mi rispose. “Ho girato per il mio quartiere, vicoli, mercatini… E’ stato bello e sorprendente”
Non riesco ad esprimere pienamente l’utilità e il piacere di camminare per la città. Per chiunque abbia un ruolo pubblico (e ancor più per i candidati politici) dovrebbe essere un esercizio civico e democratico. Andavo qualche giorno fa in giro per il quartiere Croce a Manfredonia, dalle parti del teatro comunale, in mattinata, ho visto le donne anziane che pulivano il marciapiedi, vecchi seduti sull’uscio che volentieri scambiavano qualche parola, e altri che, usciti per fare la spesa, si muovevano incerti e lentamente. Uno mi ha colpito, camminava a passetti piccoli, trascinando i piedi, curvo, con la testa che penzolava davanti, gli occhi bassi, in una mano il bastone e nell’altra un piccolo carrello. L’ho osservato da lontano, per fare una cinquantina di metri, il tratto davanti al teatro Dalla, ha impiegato non meno di 5 minuti. Forse si sforzava egli stesso di uscire, per non perdere un’abitudine. E se invece fosse costretto dalle necessità? “Chissà se andrà a votare!” Ho chiesto in giro. “In quelle condizioni! Credi proprio che pensi al voto!” Mi sono ricordato di un’altra persona, un insegnante in pensione, che non cammina quasi più. Non vuole utilizzare il pulmino dei servizi sociali, lo accompagnerà il fratello o un amico. “Solo per portarmi al seggio, gli ultimi venti passi li voglio fare da solo”.
A Foggia si vota solo per le europee. Un foggiano doc mi disse tempo fa: “Che strana città, alle nove – dieci del mattino c’è ingorgo di traffico e i tavolini dei bar sono pieni”. Passeggiando per Foggia, al mattino inoltrato, vedo crocchi di anziani, alcuni seduti sulle panchine. “Sono tutti mariuoli”, una frase più volte ripetuta, che concludeva forse qualche osservazione sulle elezioni, e molti intorno annuivano. I tavolini dei bar erano pieni, vari i gruppetti di donne, coglievo brandelli di conversazione, si dividevano un cornetto e scherzavano con una loro amica, che ne mangiava due, e andava in palestra! Unici argomenti erano ginnastica, palestra, qualche idea di viaggio. Il voto assente. Solo un riferimento infastidito e annoiato a un comizio della sera prima. Eppure il film “C’è ancora domani” della Cortellesi, è stato visto da migliaia di persone, tutte sospese davanti a quelle immagini finali di Delia che corre, sembra scappare dal marito violento verso per una nuova avventura… e invece la ritroviamo al seggio elettorale per compiere un “gesto eroico”. Lì incontra il popolo, si sente partecipe di una coralità, avverte dentro di sé la forza di un’idea, di una consapevolezza.
Mi sono reso conto che tra quei gruppi di persone anziane (donne e uomini) c’è il maggiore assenteismo. Persone pensionate, figli grandi e per lo più fuori, desiderose di “mantenersi bene”, impegnate in varie realizzazioni individuali. Senza immagini di futuro, né riescono a vedersi in un racconto comune, quello dato dalla politica, segnato da piccole speranze e progetti: la pace, l’ambiente…
Gli elettori sono invecchiati. L’età media del corpo elettorale è importante. Una quarantina di anni fa era a livello nazionale di 44 anni. Gli elettori maggiorenni con meno di trent’anni erano il 23,6%, percentuale simile per gli ultrasessantenni. Ora in Italia l’età media del corpo elettorale è 54 anni e i maggiorenni sotto i trent’anni sono l’11, 8%.
I dati sono simili al Nord come al Sud, dove il processo di invecchiamento si è accelerato negli ultimi 20 anni. A Manfredonia l’età media del corpo elettorale è ca 55 anni (come in Capitanata, in Puglia…), i maggiorenni con meno di trent’anni non superano l’11%. Inoltre a Manfredonia la popolazione è scesa di 3.500 abitanti (da 57.600 a 53.975). Non ci vuole molta immaginazione per capire che la maggioranza di quelli andati via appartengono alla fascia da 20 a 35 anni. La campagna elettorale amministrativa oggi pone l’accento su questo fenomeno di “degiovanimento”. Ma più che orientarsi a far tornare (cosa improbabile), occorre pensare a come “trattenere”.
Nel 1975 la maggiore età passò da 21 a 18 anni e le elezioni di quell’anno e del successivo risentirono della scossa. Le forze politiche furono coraggiose. Sapevano che potevano essere premiati i gruppi estremi e i comunisti. Il sorpasso non ci fu, il Pci aumentò ma la Dc non perse, insieme presero il 73%. Perse la coalizione di Democrazia proletaria.
L’istituto universitario europeo di Fiesole ha elaborato una ventina di anni fa una proposta articolata di voto per adolescenti e un voto più “pesante” per le famiglie con figli. Green Paper, si chiamava il progetto (finanziato dalla Ue). Si riaffaccia, ogni tanto. E’ sostanzialmente ignorato, perché fa paura. Sarebbe un atto di giustizia e compensazione. Pensiamo solo per un attimo se partecipassero i sedicenni. Non sono migliori, né peggiori dei “grandi”, sono più curiosi, concreti, dotati di spirito polemico, sono, però, meno astiosi degli adulti. Sarebbe aumentata la partecipazione, e poi pensiamo a come si sarebbe discusso nelle famiglie, nelle scuole. Avvertiamo invece che la democrazia è stanca, le votazioni una routine, né sentiamo risuonare l’inno alla gioia di Schiller – Beethoven.