Manfredonia. Fusse che fusse la vorta bbona. Una buona (e vecchia) politica è possibile.

POLITICA LOCALE

La ripresa della vita democratica a Manfredonia è possibile. Dopo una sospensione durata quasi cinque anni.

Due anni per mafia, due altri di un’amministrazione finita ingloriosamente, e ancora un anno di commissariamento. Le intercettazioni fanno capire molte cose: le residuali pressioni malavitose, il peso di pacchetti di voti (più millantati che reali), l’idea della cosa pubblica dove si “prende”, il linguaggio gretto e misero, la tristezza di consigli comunali dove tutto concorre a spegnere il dibattito. A tutto questo c’è un rimedio semplice: la partecipazione al voto, più persone votano, meno rilevanti divengono quelle figure che dicono di “possedere voti”.

In scena ora quattro candidati sindaci e circa 600 aspiranti consiglieri. Ci siamo arrivati con fatica: il timore di un nuovo scioglimento, di nuove “rivelazioni”, il peso di ombre del passato, fantasmi creati per alimentare paure. Avevamo perso l’abitudine al dibattito e al confronto. Nel primo incontro tra i quattro sindaci: una discussione chiara, senza proclami, non “il bello che verrà”, non leader che devono stupire o trascinare. Né sguardi accidiosi, né sorridenti a forza, e nemmeno “vocati” a salvare la città. Monotono? No. Sono emerse persone diverse e normali, che accettano le regole del gioco. Si è constatata la presenza di punti comuni, ed è stato condivisa la preoccupazione sull’assenteismo, la necessità di un’amministrazione legittimata da una buona affluenza di elettori.

Due i convitati di pietra: la burocrazia comunale, citata da tutti o per l’organico insufficiente o per l’inaffidabilità. Una diffidenza preconcetta tra i quattro sindaci. La macchina amministrativa è fondamentale, va messa alla prova, va opportunamente motivata, e potrà “sorprendere”. Ed ancora il bilancio, che sembra tarpare le ali ai sogni. Ci sono, però, sogni e atti di buon governo che non costano.

I giudizi su quel dibattito sono diversi. “Dicevano le stesse cose” “Parole fumose… e mica vogliamo la luna!” “Qualcosa di concreto, altrimenti perché andare a votare?” “Un dibattito democristiano” “Fossero davvero democristiani o come i politici di una volta!”

Democristiano, un termine pare non usato con intento denigratorio. Delle due grandi chiese, come si chiamavano allora il Pci e la Dc, quella comunista è ancora citata, ha lasciato un ricordo, una nostalgia, quella democristiana è scomparsa. La DC (Balena bianca) che ha dominato per un cinquantennio, un incubo per gli italiani (“Moriremo democristiani!” si diceva, mentre Pasolini proponeva il processarla) è passata senza lasciare traccia. I comunisti hanno saputo raccontarsi meglio. “Io dalla mia esperienza comunista ho imparato ad essere duro e cinico”, ha detto, in un recente incontro pubblico, un parlamentare PD, ed è stato guardato con ammirazione. Dire che uno viene dalla scuola comunista, può significare intransigenza, coerenza… “Democristiano” uguale corruzione? Però con quella Dc corrotta Berlinguer voleva fare il compromesso storico (non solo un accordo politico, ma un patto per uno sviluppo con al centro i beni comuni e il superamento di sperperi ed egoismi).

Il miracolo economico produsse ricchezza e caos, nuovi bisogni e disuguaglianze. Il Centro sinistra cercò di rimediare: scuola media unica, scuola materna pubblica e successivamente (negli anni di piombo) nuovo diritto di famiglia, divorzio, legge Basaglia, obiezione di coscienza, leggi urbanistiche, statuto lavoratori, superamento gabbie salariali, gestione collegiale della scuola, autonomie locali… la Dc votava, il Pci pure o si asteneva… La Dc non sapeva raccontarsi. La propaganda nei territori (giornali locali, attività culturali…) era monopolio comunista. C’era il collateralismo con la chiesa che funzionava, un clientelismo aperto, chiaro e direi innocuo, rispetto a quello che si vede oggi. La Dc sapeva parlare con la gente, sapeva promettere… Proteggeva. Ora ci sono solitudini e paure e ci sguazza il populismo.

Operavano e sbagliavano. In questo territorio c’è stato il crollo della Dc con l’Anic. Quella fabbrica che doveva essere il fiore all’occhiello! A Vincenzo Russo (onorevole dc) è intitolato il piazzale della stazione a Foggia. A Manfredonia è innominabile. Anche qui la narrazione è stata fatta da altri con il senno del poi. Nessuno ricorda i treni che partivano ogni giorno per Torino da Bari e Foggia, che spopolavano la Puglia e spaccavano l’Italia.

Ancora oggi per i comunisti parlano i film. Sul fronte opposto c’è il vecchio “don Camillo e Peppone”. Un prete e un comunista. E un prete voglio citare. Don Michele Nasuti, autore di un bel libro, leggibile, scorrevole. La zappa di legno. Sono 102 piccole storie, apologhi, racconti brevi… Parole di un prete, che possono piacere anche ai laici e aiutare a ricomporre un po’ di buon senso intorno a noi. Ed anche a coltivare qualche sogno. Se dei 600 candidati, quelli non eletti continuassero a interessarsi, partecipare? Se i movimenti civici aprissero una sede, oltre il momento elettorale? I democristiani , i comunisti, i socialisti… non si lamentavano. La forza del collettivo spingeva a fare, a operare, a criticare, a trovare intese…

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