Se l’istruzione costa, si può provare con l’ignoranza.
In occasione della giornata dell’infanzia, Save the children pubblica un “Atlante infanzia“. Una descrizione delle povertà e delle privazioni di cui soffrono i minori, ma anche la loro capacità di “resilienza”, quella dote cioè di assorbire i disagi e di risollevarsi, di rilanciarsi.
Alcuni dati sono molto preoccupanti. Quasi il 15% dei ragazzi in Italia si ferma alla terza media. L’analisi interviene anche sulle competenze. Ebbene, nei ragazzi di 15 anni, 1 alunno su 4 non ha competenze in matematica, e 1 alunno su 5 non ha competenza nella lettura. I dati sono pubblicati a cura di un Ente prestigioso quale la Treccani. Una collaborazione interessante e valida che fa comprendere come la lotta alla povertà e la promozione culturale sono due facce della stessa medaglia.
La carenza delle competenze fa pensare. Ora, quali sono i saperi essenziali che deve fornire la scuola? Possiamo ridurli a tre: sapere leggere un testo con difficoltà diverse secondo l’ordine di scuola (una fiaba, un libro di narrativa, un testo di storia, di economia, il giornale…); sapere comunicare il proprio pensiero verbalmente e per iscritto, e anche qui diversificate le difficoltà dalla materna all’università; sapere risolvere un adeguato numero di problemi matematici: la somma di oggetti simili, i conti, esercizi di logica semplice… e poi man mano esercizi di algebra, geometria, analisi.
Senza queste competenze si potrà fare poco: si stenterà a trovare lavoro e non si potrà essere un cittadino attivo e nemmeno buoni genitori. Che ragazzi di 15 anni abbiano difficoltà nel far di conto e nel leggere pregiudica il futuro di di una intera società. Queste tre competenze sono lo scheletro per mantenersi diritti ed avere diritti. E’ chiaro poi che devono esserci altre cose, ugualmente importanti: le altre discipline, le lingue straniere, la socializzazione, i laboratori, imparare a stare insieme agli altri.
La preparazione degli alunni è un problema che non può essere lasciato solo alla scuola. In ogni classe vi sono 4-5 alunni che hanno bisogno di cure particolari: alunni immigrati, quelli con bisogni educativi speciali, altri di famiglie con difficoltà… Le scuole da sole non ce la fanno. Né è questione di insegnanti di sostegno. C’è bisogno di altro. Giorni fa ho incontrato una insegnante che in una cartolibreria acquistava, a spese sue, cartoncini e altro materiale didattico. Segno di amore per il proprio lavoro, e sono tante. I corsi di formazione della Erickson sono seguiti da diversi operatori di questo territorio: insegnanti, educatori, psicologi… E’ urgente e necessario, però, un impegno diverso delle famiglie e dell’Ente locale. I genitori hanno oggi un basso indice di competenza educativa e hanno nei confronti dei docenti un atteggiamento “rivendicazionista” e per niente cooperativo. Minacciano spesso l’intervento di questa o quella emittente televisiva e non sono isolati i casi di genitori che aggrediscono gli insegnanti. Opportunamente non se ne parla. Ma il fenomeno c’è ed è diffuso. Possono servire dei corsi tenuti da esperti sulle responsabilità dei genitori e sulle sfide educative odierne? Altro ruolo è quello dell’Ente Locale. Ci sono dei cambiamenti enormi che avvengono sotto i nostri occhi e l’offerta formativa della scuola deve essere arricchita con contributi provenienti dalla comunità locale. Le deleghe della “Pubblica Istruzione” o “Politiche educative” non possono essere quelle di 50 anni fa!
Si tratta di stabilire nuove priorità della scuola e della Pubblica Amministrazione. E’ fondamentale rimettere al centro la dispersione scolastica e i bassi livelli di competenze, che costituiscono un grave fattore di rischio di povertà per le generazioni future. Vi è una forte deprivazione culturale (il 60% dei bambini poveri ad esempio non ha mai visitato un museo), per cui sono necessari adeguati interventi che devono vedere il coinvolgimento del Comune. Ci sono dei costi? “Se pensate che l’istruzione sia costosa, provate con l’ignoranza!” (Derek Bok, Rettore Harvard University).