Shoah. Importante per definire la nuova Europa. Ora la memoria è appannata e occorre ripulirla.
Dopo Auschwitz. Come pensare la storia, Dio, la cultura, i valori europei? La centralità della shoah si è definita nel corso del tempo.
Dalla Puglia, in viaggio ad Auschwitz, riparte il treno della memoria. Un progetto regionale e una scelta coraggiosa, anche delle famiglie, per una guerra vicina e gli echi di una più lontana e drammatica. Mi scrive una mia amica docente: “Oggi sono partiti i nostri alunni ed altri della Regione per Auschwitz. Nonostante la preparazione ricevuta sul viaggio e le difficoltà, nei ragazzi prevaleva la gioia del viaggio all’estero. Mi auguro che quanto vedranno non sia uno shock di breve durata, ma possa cambiare il loro stile di vita…”
Una grande mostra itinerante fu organizzata (17 – 25 marzo 2007) nella Città di Manfredonia, scelta tra le città pugliesi per la sua storia: sede di un campo di concentramento, il confino delle Tremiti, il porto da dove si imbarcavano persone in fuga nel confuso dopoguerra. Era curata da V. A. Leuzzi – M. Romano. Nella splendida cornice di Palazzo Celestini trovarono posto 28 sezioni, 400 fotografie, 150 documenti da fondazioni e istituzioni italiane ed europee.
Esiste una pedagogia della memoria? Ho dubbi che viaggi in gruppo, visite e tour aiutino. Ciascuno ha un percorso personale che conduce a comprendere o meno, entrare in empatia o meno. Gli ampi corridoi di Palazzo Celestini permettevano di passare in mezzo, con immagini a destra e sinistra ed anche scorrenti sul pavimento. Una conoscenza iniziale senza intermediari. Un contatto a pelle senza cartelli da leggere e numeri. Sarebbero venuti dopo, forse, a casa o a scuola. Non è l’informazione, pur se vivace, commovente, che permette di entrare in un mondo totalmente altro. Il lager si presenta semplice, diretto, stanzoni puliti, corridoi lavati… poi corpi nudi, braccia incrociate sul petto o sul pube, si intuisce il tremito, il pudore, corpi di adolescenti, di vecchie donne… scorticati d’ogni dignità, con la violenza di un’apocalisse, in una anticamera linda e piastrellata… E poi i bambini, insieme alle madri, strappati alle madri, si stringono tra loro, essi guardano l’obiettivo, vedono il vuoto, l’abisso… E non è tutto. Ci sono montagne di scarpe, pettini, capelli, oggetti… Poi i corpi – scheletri, portati alle fosse comuni. Madri, padri, fratelli che sopravvivono e scavano quelle fosse. E non è tutto. Giungono in treno, viaggiano da giorni, stretti in vagoni bestiame, lì senza decenza urinano, defecano, in qualche luogo i treni si fermano per scaricare il letame. Arrivano: famiglie separate, figli e madri, vecchi e giovani… E non è tutto. Prima, molto prima, in patria, voci, dicerie, incredulità, cacciati e discriminati… alcuni partono, molti si nascondono, per mesi, anni, c’è chi aiuta, chi si fa pagare il silenzio, si raccoglie oro… ma arrivano le retate rumorose, violente… E non è tutto. Questo è toccato a milioni di persone, per mano dei nazisti, con la collaborazione di fascisti italiani, ucraini, polacchi, collaborazionisti.
Si può paragonare l’atto terroristico di Hamas alla shoah? E i bombardamenti israeliani su Gaza? Sono azioni terribili di terrorismo, crimini di guerra atroce e spietata.
C’era curiosità, attesa nei visitatori… Entrati, il silenzio, quelle immagini trovavano la via dell’emozione. Ma si avvertiva l’orrore? Come misurare la presa di coscienza e quanto sarebbe durata? Il pianto non è una garanzia. Anche Himmler piangeva e per questo ha inventato le camere a gas. Quelle foto in bianco e nero fermavano un istante e si consegnavano all’eternità. Quelle foto, una sconfitta dell’immaginazione, incapace, senza di esse, di concepire una crudeltà così sofisticata e praticata nel paese più colto d’Europa. Il dibattito a scuola contraddistinto da molti silenzi. Noi, cosa avremmo fatto? Io cosa avrei fatto? Nessuno se la sentiva di rispondere con certezza.
Perderemo la memoria della shoah ? Oggi parliamo di post memoria. I racconti in casa continuano anche dopo la morte dei sopravvissuti, trasmettono sofferenze, ricordi, coltivano l’arte della memoria e per niente quella dell’oblio. Ma questo non vale anche per i Palestinesi? Costretti da decenni in campi profughi, senza futuro, senza speranza?
Cresce l’antisemitismo. Una ragazza palestinese, immigrata dal Libano in Germania alcuni anni fa, pianse davanti alla Merkel, doveva essere espulsa… Riuscì a rimanere, a prendere la cittadinanza e ora, per aver condiviso un post sulla Palestina libera, rischia di essere cacciata. Un decreto in Germania stabilisce che immigrati e musulmani devono prendere le distanze dall’antisemitismo. C’è un ufficio con decine di commissari per “proteggere la vita ebraica”, perseguire l’antisemitismo, sostenere gli artisti ebrei… In Germania molti intellettuali anche ebrei dicono che l’antisemitismo è un dogma. Gli immigrati però non hanno il senso di colpa dei tedeschi!
L’istituto Cattaneo di Milano ha svolto un’indagine tra 2.500 giovani degli atenei del Nord all’indomani del 7 Ottobre. Oltre il 60% paragona il comportamento di Israele verso i Palestinesi a quello della Germania verso gli Ebrei. Israele come il nazismo, Netanyahu come Hitler, riscuotono un’ampia approvazione. Cosa non ha funzionato? Condannare e parlare di male assoluto non aiuta. Come una memoria della shoah ripetitiva e identitaria (il “mai più” pensato solo per gli ebrei e non per tutti, palestinesi compresi), il fastidio di accogliere contributi più originali… I media banalizzano, ingannano più delle ricostruzioni ideologiche. Zelenskij ha costruito una nuova narrazione: in Ucraina nuova shoah, Putin peggio di Hitler, ostracismo alla cultura russa… Il linguaggio dei leader europei si è adeguato, opinioni pubbliche contrapposte, polarizzate, non c’è spazio per il dubbio, il discorso semplice… Ed occorre ripulire gli occhi.