“Buona Pasqua”. L’augurio ha oggi senso? Le parole si usurano e occorre rigenerarle.
Gli auguri e i buoni auspici li troviamo da sempre collegati alla vita e alle attività dell’uomo… Buono nel senso di proficuo, favorevole, giovevole.
Negli ultimi decenni gli “auguri” hanno interessato ogni aspetto della cultura di massa: buon Ferragosto, buona festa patronale, persino buon Carnevale, ed altre feste secondo un calendario ed un immaginario televisivo.
Pasqua è “passare oltre”, le greggi si spostavano, la primavera faceva rifiorire la natura e le messi. Nel mondo contadino “Buona Pasqua” aveva un significato pregnante. E oggi? E’ la festa cristiana più importante e come tale ha una valenza particolare. I vescovi nel messaggio alle rispettive comunità fanno leva sul senso della Resurrezione, rigenerazione, rinascita. In Capitanata non si può non fare riferimento alla vita sociale e alla criminalità. “La Cocaina o la Pasqua?”, ammonisce il vescovo di Cerignola. A Manfredonia, il vescovo Moscone riprende alcune sue parole: custodire, vigilare, svegliare, denunciare, servire. Condanna l’indifferenza, la neutralità… chiama alla resistenza, trascendenza, lotta interiore. “Cambiare la vita” personale e collettiva. E’ ancora attuale questo appello?
Pico della Mirandola (1463 – 1494) ha scritto pagine belle sulla dignità dell’uomo. Immagina che Dio dopo la creazione si rivolga ad Adamo: “Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché, quasi libero e sovrano artefice di te stesso, ti plasmassi e scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine”. Nell’uomo Dio pose, in sostanza, semi e germi di ogni vita. L’uomo fatto a immagine di Dio, è creatore nell’arte, nell’amore, nella scienza, nella progettazione di nuove forme di eguaglianza e di libertà. Ed anche del contrario. “Buona Pasqua” è augurare che l’uomo possa rinascere, risollevarsi, cambiare se stesso e la comunità.
La vita quotidiana è la nostra croce e delizia: una vita che ha spazi e tempi, relazioni ristrette e larghe, il vicinato, il mercato, l’ufficio, la scuola, i luoghi di lavoro, di svago, di scambio… le collisioni, le liti, i conflitti. La vita quotidiana può scivolare nell’abitudine sterile e pigra se non si ha uno sguardo originale. “Guai a non accorgersi di ciò che accade sia a livello locale che globale” (Moscone). Occorre immaginare (mettersi nei panni) le vite degli altri, le sofferenze cupe di chi è senza lavoro, l’umiliazione dei bambini che vivono nei campi profughi, l’angoscia chi sta sotto le bombe.
L’immaginazione, la fantasia, la creatività non appartengono a pubblicitari, stilisti… sono di tutti, accompagnano la vita di ognuno, quando si presentano “ingorghi” e difficoltà. Aiutano l’insegnante che pensa a nuovi modi per interessare i propri alunni, l’operatore sociale che deve costruire percorsi di aiuto, la mamma che prepara il compleanno del figlio e non ha i soldi per andare nei locali pubblici… L’immaginazione è una risorsa della vita quotidiana e della comunità. Potrebbe esserlo anche per la politica…
La domanda che molti si pongono: l’immaginazione può essere alimentata? Ci sono due condizioni. La prima è lo stupore. Un poeta suggerisce: ciò che è abituale trovatelo strano, ciò che è consueto vi stupisca, quel che è regola, comportamento (“si è sempre fatto così”) forse nasconde un abuso. E dove avete scoperto abuso, ponete rimedio. La seconda condizione è mettersi insieme, cooperare, confrontare le visioni. Come ci fa capire la favola dei sei ciechi e dell’elefante. Il primo tocca la zampa e dice è una colonna, il secondo le zanne e dice una scimitarra, il terzo i fianchi e dice un muro, le orecchie per un altro sono un grande ventaglio, la proboscide una grossa corda, la coda è una scopa… E’ l’intelligenza collettiva. Può essere una ricchezza enorme. Se dirigenti, burocrati, politici avessero meno paura e si prendessero davvero cura del benessere della comunità.
La creatività (o immaginazione, fantasia) è, però, come la marmellata si deve spalmare su una solida fetta di pane. Non è scintilla o sprazzo improvviso. E’ adattarsi alle circostanze, organizzare in maniera nuova le esperienze. Nel mondo non c’è solo nutella e marmellata, non si può stare pigramente in attesa. “Duri bocconi ci sono da masticare, / bisogna inghiottirli o ci strozzeranno” (Goethe). La guerra attuale poteva essere prevenuta se le élite avessero avuto intelligenza, coraggio e immaginazione per masticare per bene quei bocconi.
Creatività e coraggio ha mostrato Papa Francesco nell’organizzare la via Crucis: 14 visioni di un mondo in guerra, tante testimonianze, situazioni di sofferenze inenarrabili della “terza guerra mondiale a pezzi“. Perché la pace e un modo diverso di risolvere i conflitti (ovunque sono nel mondo) è al centro della Pasqua.