Dante fondatore della cultura di destra in Italia? Una buona traccia per gli esami di maturità.
Il ministro della cultura ha detto che “visione dell’umano, della persona che troviamo in Dante è profondamente di destra”. Molti hanno risposto, irritati, sorpresi… rispolverando memorie scolastiche, ricordando che si può parlare di destra e sinistra solo partendo dal settecento.
E se ci fosse una traccia agli esami di maturità? Magari accompagnata dall’analisi di qualche documento… Brani del “De Monarchia”: con le due autorità (imperatore e papa) che rendono possibile il corretto svolgimento della vita delle persone e delle società, garantendo rispettivamente la pace e mostrando la via del bene e della moralità. La teoria dei due soli, che fa dell’Alighieri un guelfo – bianco, quasi ghibellino. Se poi gli studenti hanno letto in modo accettabile la Divina Commedia, potrebbero soffermarsi sul canto degli “ignavi” (condanna aspra e sdegnata di coloro che pensarono solo a se stessi). “Vissero senza infamia e senza lode”, non hanno compiuto azioni malvagie e neanche buone. Per questo sono tra le anime peggiori: “Non ragioniam di loro ma guarda e passa”! O ancora i canti centrali del Paradiso… quelli della Firenze antica dove “si stava in pace, sobria e pudica”, prima che i nuovi ricchi arrivassero dal Contado, e avviassero una crescita vorticosa: ricchezze smodate e disuguaglianze, speculazione edilizia e corruzione. Chissà cosa scriverebbero gli studenti! Se sugli ignavi, sull’accumulazione sfrenata di beni… facessero qualche incursione nei nostri tempi? Potrebbe apparire l’immagine di un Dante pacifista e no global!
Io credo che l’affermazione del ministro della cultura voglia limitarsi a riaffermare il valore nazionale, patriottico della nostra tradizione letteraria. Parliamo dei “Fratelli d’Italia”, quelli che si chiamano tra loro “patrioti”. Essi, coerenti con iniziative editoriali, tendono a valorizzare i grandi italiani. In questo Pantheon c’è Dante, Mazzini, Leonardo, Machiavelli, Leopardi… autori (dicono non senza qualche ragione) studiati a scuola senza passione, partecipazione, pathos.
Forse si poteva cogliere l’occasione, anche a sinistra, per affrontare il rapporto tra cultura e politica. Meloni si muove e ha arruolato sotto la sua bandiera scrittori ed esperienze apparentemente lontane (Atreju, Campi Hobbit, Tolkien…).
Ci sono grandi scrittori a destra. C’è chi pensa che essere di sinistra sia una scelta etica, di sensibilità sociale. Le due aree non coincidono: si può essere rivoluzionari nella scrittura e conservatori in politica. Insomma non c’è alcun legame tra visione progressista e ricerca artistica e sperimentale. Spesso gli autori di sinistra sono solo politicamente corretti, e visioni diverse occorre trovarle in coloro che non hanno fiducia nel progresso.
Verga e Pirandello. Verga è conservatore, proprietario terriero, reazionario. Agli inizi del secolo propone di inviare la marina italiana a “cannoneggiare” le coste americane, per vendicare emigrati italiani uccisi. Questo autore, però, ci ha dato il ritratto più vero degli umili, dei vinti, quel mondo dei Malavoglia, travolto dalla fiumana del progresso. Ci dà questo ritratto perché lui non crede al riscatto di quelle plebi, le descrive con sofferenza e pietas e le racconta come erano, senza salvezza, senza speranza. Autori progressisti ce le presentavano come essi volevano che fossero. Ed anche quando uno di quegli umili si riscatta (Mastro don Gesualdo), accumula, si arricchisce, alla religione del focolare subentra la religione della roba… il risultato finale è qualcosa di ancora più triste e desolante. Scrittori di destra che mostrano il mondo come è, ci aiutano, aiutano tutti.
Quest’anno ricorre il centenario della morte di Matteotti. In Puglia c’è già un comitato per la ricorrenza. Ebbene cento anni fa, dopo l’uccisione del deputato socialista, mentre il regime barcolla, arriva un telegramma sul tavolo del Duce: “Eccellenza, sento che questo è il momento più proprio… Se l’Eccellenza vostra mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista… Firmato Luigi Pirandello.” Parole dello scrittore europeo più inquietante, dissacratore di ogni dogma, ogni forma, ogni maschera. Era già famoso e non aveva nulla da chiedere al fascismo. Dieci anni dopo vincerà il Nobel. L’autore che mostra la crisi della cultura occidentale, la frantumazione dell’individuo borghese, le sperimentazioni di scrittura più ardite… l’autore ancor oggi più presente, anche nei social, che ha creato personaggi dalla logica stringente e dall’umorismo incontenibile, ma senza più un “cielo”, abbozzati e abbandonati, costretti a recitare senza fine una parte priva di significato… Il telegramma? Un colpo di testa? Un’intervista successiva chiariva che la democrazia è “illusoria, incontrollabile”, nella dittatura l’individuo e la società trovano una sofferta e reale precisazione. Questo è Pirandello… Eppure se vogliamo capire il nostro tempo e la crisi della democrazia dobbiamo continuare a leggerlo.
Chiese silenzio sulla sua morte, nessun accompagnamento, volle essere cremato… Così avvenne. L’urna cineraria rimase al Verano per 10 anni, poi portata nella città natale (Museo civico), altri 10 anni, e nel 1956, murata, come egli aveva chiesto, “in qualche rozza pietra della campagna di Girgenti”. Così pare! Qualcuno di destra vorrà festeggiare l’iscrizione al fascio?