Chi ha tradito Anna Frank? Lager, foibe… Come ricordare e “mantenere” la memoria?
Un nuovo libro (uscito prima del 27 gennaio), un’indagine sulla ricerca del traditore, forse un ebreo. Saperlo aiuta a comprendere e approfondire la memoria di Anna Frank?
Come ricordare e giudicare la memoria di Auschwitz, che è parte dell’identità europea? Come conservare le memorie di altri stermini del Novecento e che sembrano concorrenti?
La giornata sulla tragedia degli esuli italiani e delle foibe è stata istituita nel 2004. Nel biennio 2020 2021: a Trieste, Gorizia… cerimonie suggestive e condivisione di gesti significativi. Restituzione del Narodni Dom alla comunità slovena (Casa del popolo, bruciata dai fascisti nel 1920). Visita dei due presidenti (Pahor e Mattarella) a Basovizza e l’omaggio al monumento alle foibe e ai militanti della “Borba”, giustiziati dal tribunale fascista nel 1930. Ancora più evocativi i gesti “spontanei”: il cancelliere Willy Brandt si inginocchia davanti al monumento alla Rivolta del ghetto di Varsavia (dicembre 1970), così i due presidenti il 13 luglio 2020 si tengono per mano. “Costruire una memoria condivisa, dice Mattarella, accettare le responsabilità, ripercorrere la storia, affrontando con rispetto le vicende dolorose patite da queste terre“.
Può esserci una memoria condivisa? La Resistenza italiana fu una guerra civile: il confine era tra due opposte concezioni di libertà e di vita. Dalla parte vittoriosa venne fuori la Costituzione. Il territorio della Venezia Giulia e Istria era attraversato da frontiere, lingue diverse, lì si scontrarono “nazionalismi feroci, esasperati”. Nel 1945 ci fu una resa dei conti (non sterminio di massa), un’esplosione di faide, rancori, risentimenti. Memoria condivisa? La memoria può dirci come siamo cambiati, quello che non pensiamo di fare più… Un auspicio per il futuro…
George Steiner nel 1967 polemizzò con Elie Wiesel sul senso della Shoah. Entrambi ebrei. Per Steiner i sopravvissuti portano cicatrici terribili, ma hanno un privilegio: possono essere “irritanti e sovversivi” di fronte a politiche cattive e disumane, perché “hanno l’obbligo di essere sentinelle del male”. Proprio perché il “mai più” non può essere un commento triste sul passato, ma un monito per il futuro. C’è una centralità di Auschwitz, vi una unicità per via di elementi di modernità, scientificità, razionalità introdotti dal nazismo… ma come prevenire altri genocidi?
La memoria ufficiale sancita dalle istituzioni sembra essere un abito di Arlecchino, unanimità formale e singole memorie separate. La televisione ha imposto una sorta di democrazia delle emozioni, in primo piano le vittime. L’essere vittima è condizione indispensabile per essere ascoltati e legittimare la propria verità. Il passato può essere ricostruito secondo punti di vista di chi si sente offeso. Senza prove e documentazione. La storia usa meno archivi e più fonti orali, singole memorie, testimonianze. Una svolta importante e necessaria. La storia oggettiva, capace di mantenere a distanza passioni e ideologie è solo una grande illusione? Ma come difendersi da una memoria esposta a emozioni, affetti, sentimenti? Gli impegni e le scelte dei singoli e delle comunità non rischiano di basarsi più sulla credibilità delle vittime da compatire che su idee da difendere?
La memoria ha bisogno di monumenti che per durare devono essere riletti, riesaminati. Una vigilanza che si allenta… poi un assassinio in Usa ed esplode una memoria seppellita, abbattimenti di statue (che hanno sempre qualcosa da dire e potrebbero essere conservate altrove). Come valorizzare la dimensione storica rispetto alla memoria (sempre selettiva e breve), nel momento in cui affiorano altre memorie e tragedie? Ci sono paesi (Rwanda, Sudafrica…) dove lacerazioni drammatiche trovano vie di conciliazione nella memoria collettiva e pubblica, senza dimenticare la storia e la scuola.
Nel 1993 è stata istituita una Commissione storica italo – slovena, promossa dal consiglio comunale triestino e fatta propria dal governo italiano. C’è ora un libro (Milan Pahor “L’organizzazione antifascista Borba”), che permette di capire che quel monumento, davanti al quale si fermarono i due presidenti, conserva la testimonianza di giovani che per primi reagirono al fascismo.
La storia va avanti. Nel 2025 la capitale della cultura sarà di due città: Nova Gorica e Gorizia. Due città, collegate insieme dall’intreccio di molte storie, dove convivono diverse culture europee. Città divise da muri e dalla cortina di ferro, ora città aperte, intrise di spirito europeo.