La commissione straordinaria a Manfredonia. Una proroga di sei mesi. Sarà sufficiente?
Molti se l’aspettavano, ma la sorpresa resta. Dopo 18 mesi la commissione straordinaria deve restare per completare il lavoro. Ma la mafia c’è?
Due le cause dello scioglimento: pericolo di infiltrazioni mafiose e “mala gestio”. Il primo (di carattere preventivo) condiviso con altri due comuni (Monte S. Angelo e Mattinata), contigui, collegati nella gestione di diversi servizi. Tre comuni sciolti in sequenza per possibili infiltrazioni mafiose costituiscono un caso unico. Nulla di penalmente rilevante a livello personale, c’è “solo” l’incandidabilità dei sindaci e qualche altro amministratore. Sul pericolo criminalità nei due comuni garganici c’è stato un movimento dal basso, spinte al cambiamento, discussioni, punto di riferimento le parrocchie. E sono nate nuove amministrazioni e nuovi gruppi dirigenti.
A Manfredonia la situazione è più complessa. Da un lato la “mala gestio” chiama in causa più direttamente la burocrazia comunale, dall’altro l’ex sindaco Riccardi non si è limitato a difendersi nelle sedi giudiziarie, ma ha contestato pubblicamente l’intervento dello Stato, che non risponde e non chiarisce, sceglie il silenzio. Nella città l’invito iniziale del vescovo a “rialzarsi” ha prodotto qualche incontro in una parrocchia, ma poi, per la pandemia tutto si fermato. Ora emergono molti gruppi, e alcuni interventi manifestano fastidio per un’attesa ancora lunga e timore di essere esclusi dalle scelte del Ricovey plan. Una situazione difficile: è caduto un Comune importante, governato da venticinque anni dal Centro sinistra e da uno stesso gruppo che continua a contare molto a livello istituzionale. Lo scioglimento per mafia giunge dopo una lunga crisi, amministrativa e politica, che ha chiamato in causa l’intero PD, premiato fino al 2015 con il 60 – 70% dei voti. Ora c’è un’unica voce che avvolge in un giudizio negativo quasi tre decenni di vita amministrativa e mette insieme, per usare il linguaggio di Draghi, debiti buoni e debiti cattivi, narrazioni antiche come la vicenda Enichem e il Contratto d’area… senza affrontare altre sfide ambientali e altre opportunità.
La ripartenza a Manfredonia (già in una situazione di stagnazione decennale), dopo la pausa biennale per mafia e dopo il Covid, non è semplice. La Capitanata ha il più alto numero di positivi della Puglia e del Sud, senza rendersene conto. Un territorio vasto, complicato (tra criminalità, contrasti tra territori, emigrazione di giovani, sanità mal governata…), che avrebbe bisogno di un’Amministrazione provinciale autorevole ed eletta dai cittadini.
Draghi in tre righe ha detto tutto sulla futura sanità territoriale: la casa principale luogo di cura, l’assistenza domiciliare integrata, consultori, centri salute mentale, ospedale solo per casi acuti… Ma tutte queste cose c’erano qui, insieme ad altro (servizi di prossimità, centri sociali anziani, per minori, disabili, coinvolgimento di associazioni…). La prevenzione e i servizi sociosanitari funzionavano. Un sistema fragile certamente, che non è stato curato e a cui la politica non ha mai prestato attenzione. Vi è stato solo uno sguardo esclusivo sull’ospedale. Il Covid costringe a ripensare tutto e richiede le giuste conoscenze. In primo luogo ragionare sui numeri dei contagi e quello molto alto dei decessi. Perché molti rifiutano di andare in ospedale? E i luoghi dei contagi? Spazi pubblici di aggregazione senza rispetto delle regole? O nelle famiglie e nelle forzate forme di coabitazione? E l’assenza dei medici di medicina generale? Ora si vorrebbe solo che i politici non si mettessero di traverso e che capissero cosa vuol dire medicina territoriale.
Ma Covid vuol dire povertà, abbandono scolastico, anziani e sofferenti mentali lasciati soli… Il centro Alda Merini, I centri diurni (anziani, disabili, Nicodemo…), le mense, le associazioni… devono gradualmente riprendere, e affrontare situazioni nuove. Servono dati, ricerche, notizie, storie… Le conoscenze sono alla base dell’agire politico. Insieme al guardarsi attorno, saper vedere i bisogni e le opportunità, i beni comuni, gli spazi da salvaguardare e proteggere.
“Aspettiamo la politica per programmare”. Dice Confcommercio. E intanto? Quante attività chiudono? Quante invece aprono o cambiano proprietà!? La mafia non c’è? Ma la frequenza di auto bruciate e attentati è almeno settimanale. C’è bisogno di legalità e sicurezza, ma anche di democrazia, di discussione, in una città dove esistono solo tanti “pensieri unici” e obbligatori e neppure un lieve rilievo critico trova spazio.