La lotta e la resistenza alla pandemia. L’esempio che ci arriva da paesi lontani.
Il dibattito a distanza tra Boris Johnson e Mattarella. “Abbiamo più contagi, perché amiamo la libertà”, dice il primo.
E Mattarella: “non è questione solo di libertà, ma di serietà e impegno nei confronti della comunità, se la libertà non si lega alla responsabilità, si svuota”. Ci sono stati alcuni che, nella scorsa primavera, sono venuti dal Nord verso Sud e altri che hanno pensato ai parenti e sono stati lontani. Tutto è andato bene, allora. Ci siamo fatti persuadere che dopo il lockdown il grosso era fatto e invece tutto era da inventare. Era stata scalata la montagna e successivamente c’era (e c’è) una vasta e rischiosa pianura.
Un’indagine di questi giorni dice che oltre il 70% della popolazione oscilla tra desideri di democrazia diretta e “l’uomo forte”. Le istituzioni di mediazione e di controllo incontrano sempre meno favore, ritenute inefficaci e costose. Una tendenza che si è rafforzata con la pandemia e con il senso di insicurezza che pervade la società. Il governo ha avuto ampi consensi durante il lockdown, quando ha steso un mantello di protezione sulla popolazione. A beneficiarne sono stati i dipendenti pubblici, settori sanitari e nuove professioni digitali… Per gli altri bonus e sostegni provvisori. Ora molti nodi economici vengono al pettine e con la seconda ondata emergono errori e ritardi.
Già nella scorsa primavera, ed oggi, in cui più confusa appare la situazione italiana, emerge l’urgenza di “un’unica direzione chiara e decisa, un’applicazione autorevole e forte”. Affiora il modello cinese. Pochi, però, conoscono la meritocrazia e la selezione della classe dirigente in Cina. L’idea che persone non preparate prendano responsabilità di governo è inconcepibile. Il Partito Comunista recluta i giovani più capaci: laurea, esami selettivi, un percorso amministrativo e politico nel governo locale, per fare esperienza e coltivare abilità sociali e competenze. Ammiriamo l’efficienza cinese, eppure non sappiamo come si sono organizzati per il lockdown, come sono fatte le case… C’è un regime autoritario e non sappiamo che ne è di quei dirigenti che a Wuhan hanno segnalato (o ritardato) la comunicazione sull’epidemia. Sappiamo però che appena c’è un focolaio di poche persone, fanno centinaia di migliaia, milioni di tamponi e che c’è il consenso sociale per ogni misura di contenimento.
Consenso sociale vasto pure a Singapore, Taiwan, Nuova Zelanda. Esemplare quello che è avvenuto in Corea del Sud. Testare, tracciare, trattare. Centri test e quarantene separati dagli ospedali, uso delle tecnologie per rintracciare ogni contagiato… mascherine e distanziamento fisico. Oltre agli strumenti tecnologici, c’è stato un lavoro casa per casa, per fare il vuoto intorno al contagio. Secondo l’OMS i risultati di quei paesi sono frutto di esperienze maturate con le epidemie precedenti (2003, 2015). In questi paesi ci troviamo di fronte a un coordinamento tra i vari segmenti della lotta contro la pandemia e ad una collaborazione piena della popolazione derivante da un forte senso della collettività, che affonda le sue radici in una cultura millenaria.
Nulla a che fare con quel mix di “sovranismo”, superficialità, adeguamento alle opinioni correnti che ha svilito in Italia il discorso pubblico, per cui non si chiedono più ai politici competenze e conoscenze. Si usa un termine pesante e brutto (cialtrone) per indicare queste nuove figure pubbliche di “buoni a nulla che si sentono in grado di fare tutto e sapere tutto”(Ballarini)
Torniamo all’oggi. Alla pandemia. Siamo appena usciti da una campagna elettorale regionale. In essa nessun riferimento al Coronavirus. A quello che c’è stato e a quello che poteva avvenire. Nessuna preoccupazione della seconda ondata. Nessuna nuova proposta di medicina territoriale… Come se tutto fosse accaduto solo in Cina. La democrazia non è solo voto ogni quattro cinque anni. C’è la stampa, la società civile… i social. Tutti un po’ distratti… Ora discutono se un governo di Unità nazionale potrà difenderci meglio! Nessuna imitazione dei paesi dell’estremo Oriente. Ma su un punto è necessario competere con essi: l’uso di buone pratiche consigliate ovunque, e il sostegno pieno della popolazione alle misure predisposte, nonostante la gestione “disordinata” del ritorno del contagio. Un modo per dimostrare che il popolo è migliore dei suoi governanti.