Il ritorno a scuola. Di tutto si parla, fuorché del “fare scuola” e di come parlare agli alunni “cambiati”.

SOCIALE

Aprire il 14. E’ un obbligo, un imperativo, la celebrazione di un rito (come il recupero del debito scolastico!). L’attenzione è tutta concentrata su aspetti tecnici, aule, banchi… Nessuna parola su come organizzare la didattica quotidiana.

Un miliardo e mezzo di alunni sono rimasti a casa. Pediatri e docenti hanno parlato dei danni che il provvedimento, pur necessario, creava, specie nelle famiglie povere. La scuola ha aperto in molti Stati, combinando modalità diverse: numero alunni per classe, protezioni necessarie, mascherine, distanziamento… Ci sono Paesi in cui il numero degli alunni è rimasto lo stesso, l’uso della mascherina solo per i più grandi e quasi sempre non in aula. Il contagio c’è stato e “aprire” è sempre un rischio, ma è una esigenza sociale, e farlo in sicurezza non dipende solo dalle misure prese a scuola, ma dal virus presente nella comunità.

La discussione in Italia viene fatta con ritardo, a compartimenti stagni, con prevenzioni ideologiche (la mancata collaborazione con le scuole private), e facendo prevalere gli aspetti della comunicazione sulla sostanza delle questioni (le dirette televisive sulla consegna del primo banco!). Si parla del medico a scuola, meno di squadre di sanificazione per gli spazi comuni o della aerazione dei luoghi

In molti Paesi si opera con una didattica ibrida: forme di insegnamento a distanza (1 o 2 giorni alla settimana), lezioni per piccoli gruppi, uscite didattiche all’aperto. Quello che sembra mancare, in Italia, è quel sano pragmatismo dettato dalle varie esigenze locali. Mi diceva un insegnante di Perugia che alcuni docenti avevano proposto di iniziare con i doppi turni. Un’indicazione rifiutata, eppure così si era fatto dopo il terremoto! Si parla stancamente di uso di sale cinematografiche, teatro, parrocchie… Ma come disporre i banchi in un teatro, negli oratori?

Molte parrocchie hanno attuato il Grest (animazione estiva per i più piccoli). In quella di Mattinata (FG) tra ragazzi delle elementari, animatori e adulti oltre 200 erano le persone coinvolte. Le attività sono state incentrate su un grande gioco di ruolo di cittadinanza attiva. Decine di gruppi si sono mossi nelle strade e luoghi del paese per vivere e operare da cittadini con diritti e doveri. Ha funzionato bene e la comunità ha reagito bene. Abbiamo avuto informazioni continue sulla “movida” e non sulle colonie e i centri sportivi estivi aperti nei mesi scorsi. Esperienze che potrebbero dare utili indicazioni. A teatro, al parco, sulla spiaggia e al porto ci si deve recare per attività all’aperto. Quest’anno scolastico, pur difficile, potrebbe offrire l’occasione per introdurre elementi di cambiamento, con la partecipazione attiva anche dei genitori.

Si ritorna a scuola dopo il lockdwon, con il tempo che si era fermato. E si ritorna dopo l’uscita frenetica estiva, con una accelerazione improvvisa del ritmo di vita, in un clima di scambio ed empatia, di recupero della fisicità perduta. Esperienze che non possono essere cancellate. E forse i docenti si troveranno di fronte alunni diversi, che hanno reagito in modo diverso a secondo delle età e delle situazioni vissute. Ci si aspettava la rivolta, il rifiuto del lockdwon e invece una accettazione diffusa. Ora si afferma che gli insegnanti saranno impegnati solo a far rispettare le regole. Forse non sarà così. Normalmente il mese di settembre è a scuola il mese della programmazione. Non un momento ripetitivo, ma l’occasione per pensare e immaginare, individuare obiettivi e attività. Ora c’è bisogno, nei docenti, di un surplus di curiosità, fantasia, ascolto.

Si ragiona solo di classi, ma non c’è solo la classe. La scuola è il luogo dove i bambini corrono, giocano, gli scambi non avvengono solo attraverso le parole. La scuola è luogo di incontri sociali, tra i genitori, all’ingresso, all’uscita. Occorre responsabilità e rispettare la distanza. Una buona scuola è lo specchio di una buona società. E viceversa. Prendiamo il trasporto. Gli spazi intorno alle scuole saranno intasati di auto. A un pericolo (contagio) si sostituisce un danno (inquinamento). Andare a piedi. Il progetto Pedibus non è decollato per incuria e incapacità nei comuni dell’ambito di Manfredonia. Potrebbero ora i genitori, le associazioni, le scuole riprenderlo e attuarlo?

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