Le arene estive scomparse. Ciaula scopre la luna, ma l’uomo delle stelle resta senza cielo.
A volte è sufficiente un periodo breve di tempo per legarsi a un luogo. Un incontro, un appuntamento, un dolore, una via, un film…
Manfredonia, via 4 Novembre. All’estremità verso Monte S. Angelo, nei pressi di un canalone, la strada era chiusa da tre archi di legno, un porticato di colore verde, e l’edera che lo ricopriva… Era l’Arena S. Lorenzo. Gli archi restarono per molti anni, anche dopo la chiusura del cinema, anche dopo che costruirono un palazzone massiccio. Quando passai in auto e mi accorsi che gli archi erano scomparsi, non trattenni le lacrime.
In quella strada, per me divenuta irriconoscibile, ho vissuto meno di due anni, in seconda e terza elementare. Il mio rapporto con Manfredonia è quella strada. La banda di via 4 novembre, le lotte per mantenere gli spazi, le distese dei fichi d’India, gli scontri e gli “scarichi” di pietre, le strategie, le spie, gli inganni. Ecco perché “I ragazzi della via Paal” è per me un libro importante. Lì andavo a cinema con gli amici, mettevamo i soldi insieme. Quando non li avevamo, la cassiera, giovane e bella e dalla abbondante e riccia capigliatura, talvolta ci faceva entrare a spettacolo iniziato. Più spesso ci sedevamo fuori a ridosso del muro di cinta, e in un angolo ascoltavamo e immaginavamo le azioni, i gesti, quello che accadeva o che sarebbe accaduto. Ricostruivamo le scene e riconoscevamo le voci, che non ho mai dimenticato. Alla fine usciva una donna anziana, che andava a cinema e lavorava a maglia. Era lei che ci raccontava il film a modo suo. La chiamavano la lampionaia, quando non c’era l’elettricità, in quella zona, accendeva i lampioni a gas.
Joe Morelli in Sicilia, con un tendone, la macchina da presa, faceva provini, e prometteva… un imbroglione del dopoguerra. “L’uomo delle stelle” di Giuseppe Tornatore, ne racconta la storia. Il cinema allora faceva sognare.
Oggi ci sono molti luoghi, borghi dove gruppi di ragazzi, un furgone, schermi gonfiabili, improvvisano arene in cortili, stazioni abbandonate, strade chiuse…
Perché il fascino del cinema all’aperto? Perché a Manfredonia le arene sono le cose che più si ricordano? Si andava in gruppo, con amici, con una ragazza talvolta… C’era, però, un elemento impalpabile, indefinibile… il cielo. Negli anni sessanta nelle arene si era coperti e avvolti da un mantello azzurro, pieno, intenso, profondo. con migliaia di stelle. Scene d’amore, addii, incontri… non si guardavano solamente… Ci si era dentro.
La televisione arrivò con l’energia elettrica a metà anni sessanta nei poderi della Riforma agraria. Mio padre comprò il televisore e molti assegnatari giungevano la sera. Si portava l’apparecchio fuori. Lì i primi “cineforum”. “Quando volan le cicogne” commosse tutti. Alla fine del film nessuno aveva voglia di tornare a casa, si continuava a parlare di Veronika e di Boris. I padri, che conversavano con i figli solo di terra, vacche, semina, quella sera discutevano di guerra e di amore e di chi non era tornato… E poi, lì, nel centro del “deserto di Capitanata”, dove non c’erano centri abitati e fonti luminose per decine di chilometri, si compiva una magia: le parole scivolavano sempre verso quei mondi lontani, l’infinito, Dio, le distanze, gli anni – luce… e noi insieme qui… che scoprivamo il mistero. E quei contadini, quei ragazzi… si sentivano come Ciaula di Pirandello. Un “caruso” che entrava nella miniera al mattino e usciva che era buio. Era offeso, umiliato, maltrattato… Non si lamentava, ci aveva fatto l’abitudine. Resta una notte intera, e all’uscita scorge un chiarore tenue e guarda per la prima volta la luna. Si ferma estasiato, immobile, e piange, a lungo. Si scopre parte di qualcosa di più vasto, immenso.
Ho incontrato in questi giorni un’attrice (lavora nel teatro tra Milano, Londra e Finlandia) con il compagno inglese. Andavano in Calabria, Amantea, per una rassegna di film, tenuta da loro amici. Parlammo delle arene estive. “Perché qui no! Si può utilizzare quel grande parcheggio, lì, vicino al mare”, disse Freddy. Risposi di sì, che era stato fatto… tanti anni fa…