Rodari e la fantasia. Ci ha sorretto nel lockdown e aiutato, come Pollicino, a non perdere la strada.
Ricorre quest’anno il centenario della nascita e il quarantesimo della morte di Gianni Rodari. Usciranno in autunno le sue opere nei Meridiani. Entra tra i grandi della letteratura italiana. Qualcuno glielo diceva in vita che era un “classico” e lui non ci credeva o non se ne curava.
Poeta, scrittore, inventore di storie, accompagnatore dell’infanzia nella scoperta del mondo, animatore della meraviglia, della curiosità, dello stupore. Non c’è insegnante che non lo conosca o che non abbia utilizzato le sue favole e filastrcche. Gianni Rodari ha avuto la presunzione di ricercare le regole della fantasia, le leggi che sorreggono l’invenzione e la creatività linguistica. Tutte componenti della mente avvolte nel mistero e invece possono essere alla portata di tutti.
“La funzione creatrice dell’immaginazione appartiene all’uomo comune, allo scienziato, al tecnico; è essenziale alle scoperte scientifiche, come alla nascita dell’opera d’arte; è addirittura una condizione necessaria alla vita quotidiana…” La mente è certo una sola, ma l’immaginazione stimolata a inventare le parole applicherà i suoi strumenti in tutte le esperienze, serve alla matematica, alla poesia, alla musica, alla politica. Serve a tutto e a niente. Umile e nascosta permette di uscire spesso da situazioni ingessate, bloccate. La creatività vera mette paura. Chi detiene il potere privilegia uomini e donne a metà, fedeli, docili… Rodari si divertiva a far deragliare i treni della banalità e dei luoghi comuni, a rovesciare le situazioni, a costruire favole “assurde”…. E se i leoni diventassero vegetariani, se i virus ci fossero amici, se tutti andassero a piedi, se Milano un mattino si svegliasse sul mare…
Dice Leopardi che è una amabile e bella illusione quella di festeggiare ricorrenze e anniversari. Nel caso di Rodari aiuta a riflettere sulle cose da lui praticate e amate. Le fiabe non sono tutto quello che serve al bambino, ma quel mondo poggiato sulle nuvole non ci è venuto in aiuto in molti momenti del lockdwon, senza che ce ne accorgessimo? Un modo di guardare il mondo, ironico, apparentemente scanzonato, che non rinuncia a rappresentarlo, mostrarne le assurdità, giudicarlo. Rodari distingueva gli uomini e le donne tra quelli che hanno coltivato sogni, fiabe, e quelli che non hanno avuto nessuno che raccontasse “storie” o li aiutassero a inventarne.
Ernesto Ferrero ha proposto di regalare a tutti i diciottenni tre libri: la costituzione italiana, I sommersi e i salvati di Primo Levi e “la grammatica della fantasia” di Rodari. Una scienza civile da insegnare a tutti: Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo. Potrebbero essere tre letture obbligatorie per i candidati alle elezioni!
Non è stato capito in un paese serioso (ma non serio) come il nostro. Dietro i suoi giochi c’era impegno civile. Era comunista, ma i dirigenti del Partito non lo amarono. Né Nilde Iotti, né Palmiro Togliatti. Era per loro poco divertente. “Poco progressivo”. Forse non accettavano la sua imprevedibilità, la sua fantasia allegra e irredente. Scrisse persino una storiella sul nonno di Lenin, che, vedendo i nipoti che uscivano e entravano da una finestra, invece di proibire quel gioco, fece mettere delle panche per permettere ai bambini di entrare e uscire senza rompersi l’osso del collo. Non poteva essere amato lui che considerava “il gioco una cosa seria, utile come il pane, importante come il lavoro”. Un suo personaggio dice che, pur con tanti problemi, crisi, paure… “un gioco che vi stuzzichi la mente e la costringa ad aprire porte e finestre, a compiere qualche esercizio acrobatico, ad arrampicarsi sulle nuvole per guardare le cose dall’alto… questo gioco vi sembrerà una futile invenzione?”
Ha dovuto lottare, battersi… ha scritto molto su quotidiani e rubriche, direttore di giornali e periodici… Una disponibilità straordinaria. E’ stato animatore del dibattito tra gli anni ’60 e ’80. Ha difeso i fumetti, i cartoni animati giapponesi… “Ogni tanto sento dire di proibire questa o quella cosa, ma non sarebbe più utile proibire agli insegnanti di far odiare i libri, trasformandoli in strumenti di tortura, anziché di scoperta?”. Dopo la morte è stata riconosciuta la sua importanza e grandezza.