Statue imbrattate e decapitate. E se toccasse pure a re Manfredi? O al Palazzo De Florio?
Rabbia e risentimento. Verso tutto ciò che ha a che fare anche marginalmente con il razzismo. E si va a ritroso.
Pure Cristoforo Colombo, paragonato ai trafficanti di schiavi e ai distruttori delle civiltà precolombiane. Si mette tutto sullo stesso piano: le crudeltà indicibili del Belgio e del suo re Leopoldo II e la sposa dodicenne di Indro Montanelli, che egli stesso aveva raccontato. “Bella abissina”, la canzone “razzista”, l’ho ascoltata spesso. La cantava mio padre che tra la costruzione di strade nelle colonie e la guerra sul fronte greco è stato via dall’Italia per 8 anni. “Faccetta nera, bella abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina”. Era la canzone che non piaceva a Mussolini e ai gerarchi del fascismo per l’attesa euforica e la familiarità con cui si presentava l’incontro tra il giovane italiano e la ragazza africana.
Le storie si ripetono dall’inizio della Storia. Gli studenti di Manchester nel luglio di due anni fa hanno cancellato la poesia di Kipling, “Se saprai”, dedicata al figlio (tradotta da Gramsci sull’Avanti nel 1916) e l’hanno sostituita con quella di Maya Angelou (poetessa afroamericana) sui diritti civili. Stupisce una cultura di sinistra che lascia alla destra il diritto – dovere di difendere statue e monumenti, permettendo al passato di vivere. Un passato che può essere rifiutato e contestato, ed è la cultura che deve tenere la memoria vigile su quanto avvenuto, riscrivendo eventi e vicende.
L’abbattimento delle statue dei dittatori (Mussolini, Hitler, Stalin Enver Hoxha, Ceausescu, Saddam…) sono un fatto inevitabile e giusto. Ma la furia devastatrice non ha senso. Una statua di Engels è stata ritrovata in un villaggio dell’Ucraina in vari pezzi, ora ricomposti a Manchester. A Siponto c’è la piazza con segni fascisti, a Manfredonia i tombini delle fognature con il fascio, nei pressi di Foggia i villaggi della bonifica fascista (Segezia, Cervaro…), con i bassorilievi dei temi cari al regime. Ed è bene così.
A re Manfredi, Enrico di Albi offrì in segno della sua devozione cento muli cavalcati da cento schiavi neri, belli a vedersi, pur nella bruttezza (deformitas) della loro pelle, dice il cronista dell’epoca. Nei secoli dopo il Mille il commercio degli schiavi era fiorente. Non solo Saraceni, anche Bizantini, Longobardi, mercanti indigeni. Ancille e pueri erano i termini usati per indicare le persone (spesso molto giovani) prive di liberà. Sono numerose nel territorio sipontino, offerte spesso come regali di nozze. Un processo del 1127 a Bari ci fa capire la giurisprudenza sull’argomento. Un tale Lupo riuscì a riscattarsi dalla servitù dimostrando di essere figlio di una bulgara e non di una slava. “Nessun uomo e nessuna donna di religione cristiana devono essere trattenuti come schiavi, ad eccezione di coloro che sono nati dal popolo degli Slavi: questi contro natura e per consuetudine è lecito venderli e possederli come schiavi”. Schiavi quindi sono gli Slavi, ed erano ritenuti Slavi gli abitanti dell’area balcanica settentrionale.
Nel 1400 il porto di Manfredonia era tra i più importanti del Mediterraneo. Erano presenti agenti, consoli, funzionari… dei maggiori stati italiani ed europei. Una intera famiglia (De Florio) era impegnata nel commercio con Ragusa (Dubrovnik), importante città portuale della Dalmazia. Per un intero secolo i De Florio hanno collegato i popoli delle due sponde. Commerciavano anche in schiavi. “Questi mercanti avevano una preferenza per la servitù femminile, generalmente per ragazzine tra 10 e 14 anni. Le portavano in Italia e le obbligavamo a servirli una decina d’anni”. Poi venivano date in spose. Carluccio De Florio si fece notare per il numero di serve che aveva. ”Alcune giovanissime, ancora bambine”. Nonostante il prestigio di cui godeva, nel 1459, per tale commercio, fu trattenuto in prigione a Ragusa (Spremic).
E’ difficile fare i conti con la storia, è facile fare i processi sommari. E’ difficile vivere un presente che non cambia, ma le scorciatoie sono inutili. Resta la fatica di costruire idee e progetti, condivisioni e alleanze…