Processo a Shamgorod: “Dov’è il Buon Dio? Dov’è?”
“La centrale elettrica saltò a Buchenwald. La Gestapo concluse trattarsi di sabotaggio. Tre furono i condannati a morte, perché forse sapevano e, nonostante la tortura, non parlarono. Uno era il piccolo pipel, l’angelo dagli occhi tristi. Tre forche sul piazzale e migliaia gli spettatori. Tutti gli occhi erano fissati sul bambino. Era livido, quasi calmo, e si mordeva le labbra. L’ombra della forca lo copriva… I tre condannati salirono insieme sulle loro seggiole. I tre colli vennero introdotti contemporaneamente nei nodi scorsoi.
- Viva la libertà! – Gridarono i due adulti. Il piccolo, lui taceva.
- Dov’è il Buon Dio? Dov’è? – domandò qualcuno dietro di me.
A un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte. Silenzio assoluto. All’orizzonte il sole tramontava. Cominciò la sfilata. I due adulti non vivevano più… La terza corda non era immobile: anche se lievemente il bambino viveva ancora… Più di mezz’ora restò così, a lottare fra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi. E noi dovevamo guardarlo bene in faccia. Era ancora vivo quando gli passai davanti. La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti. Dietro di me udii il solito uomo domandare: – Dov’è dunque Dio? Ed io sentivo in me una voce che gli rispondeva: – Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca… Quella sera la zuppa aveva un sapore di cadavere”.
Il brano è tratto dal libro autobiografico “La notte” di Elie Wiesel, uno dei grandi testimoni e scrittori del Novecento, morto il 2 luglio di questo anno. Nato nel 1928 in Romania, sopravvissuto ad Auschwitz e Buchenwald, dove morirono i suoi genitori e la sorella minore. Premio Nobel della pace nel 1986, ha scritto molti libri, riteneva il fanatismo di ogni fede il pericolo maggiore del nostro tempo e ha dato voce ai dubbi sul silenzio di Dio dinanzi alla strage degli innocenti nei campi di sterminio. E oggi a Nizza e prima a Parigi, Istanbul, Bagdad, ai morti in mare e domani…
Elie Wiesel è autore di un’opera teatrale importante, Processo a Shamgorod (rappresentata nel 1987 da un gruppo di giovani della Sacra Famiglia a Manfredonia e a Monte S. Angelo).
Un gruppo di attori girovaghi nella festa del Purim (la festa dei folli, dei bambini e dei mendicanti in cui tutti si divertono e sognano un mondo migliore) arrivano in una locanda di un villaggio sperduto dell’Europa orientale, Shamgorod, ma lì non ci sono più ebrei. Un pogrom li ha sterminati. Nessuno spettatore se non il locandiere e la cameriera. Ma la farsa comincia ugualmente. A poco a poco, però, le risate si trasformano in angoscia, rabbia contro un Dio incapace di difendere i suoi figli. La recita diventa un processo a Dio. Berish il locandiere sosterrà l’accusa. Non c’è nessuno a difendere Dio. Poi improvvisamente si presenta un uomo bello e affascinante, che nessuno conosce e che si fa chiamare Sam.
Inizia Berish. “Io accuso il Signor dell’Universo di ostilità, di crudeltà, di indifferenza…”. E a Sam che gli parla del dolore di Dio e dell’ingratitudine degli uomini, risponde: “Non mi parlare del suo dolore. Se posso scegliere tra Dio e gli uomini, preferisco avere pietà degli uomini. Dio è grande: che si arrangi! Gli uomini non ne sono capaci”.
Sam mostra una fede granitica: “Ha creato il mondo e con il mondo noi, senza domandarci il nostro parere; può agire come gli sembra opportuno. Il nostro dovere è glorificarlo… La fede in Dio deve essere così illimitata come Dio stesso… Dio è eterno, gli uomini no”.
Il presidente del tribunale è sconvolto: “Invidio il vostro amore per Dio. Come fate? Chi siete?”.
Il processo prosegue con colpi di scena, le “ingenue” accuse di Berish, la difesa abile di Sam che usa tutti gli artifici procedurali. Arriva improvvisamente il pope che dice ai presenti di mettersi in salvo: una folla in nome di Dio è pronta per un’altra strage.
Sam emette una risata terrificante: “E voi mi avete preso per un santo? Un giusto? Io, un saggio pieno di devozione? Poveri imbecilli! Se soltanto sapeste… “. La porta sfondata e il fracasso assordante della folla inferocita copre le sue parole. E’ lui Satana.