Coronavirus. Noi, gli untori del mondo?
Nessuno sa come andrà a finire. E quanto durerà. Se si fermerà prima dell’estate o no.
Pare non sia il caldo che rallenta la corsa, ma la minore frequentazione dei luoghi chiusi. E’ già successo con la “spagnola“: si manifestò durante la primavera, poi rallentò, in autunno del 1918 esplose. Quanto sta accadendo modificherà comportamenti, costumi, forse anche la graduatoria delle nostre scelte. Questi virus sono imprevedibili, non così il panico, l’isteria. Qui parliamo di qualcosa che conosciamo meglio, ci riguarda. L’isteria di massa si può contrastare. Proprio alcuni aspetti negativi accaduti in Italia ci possono aiutare. Dopo provvedimenti discutibili e l’allarmismo iniziali, vi è stata una inversione nella comunicazione. “Bisogna dare informazioni in modo onesto e chiaro, serio e puntuale. Senza rassicurare e senza allarmare”. E’ facile a dirsi. Molti comunicatori, infatti, mostrano difficoltà a rivedere le parole, i gesti, il tono della voce.
Si deve dire la verità. Dire la verità non significa ripeterla in continuazione. E’ la ripetizione delle stesse notizie, dieci, venti volte al giorno, che crea ansia. Occorre evitare la retorica patriottica (siamo un paese sicuro, abbiamo la sanità migliore del mondo…), ed occorre allargare lo sguardo: il diciassettenne Niccolò è stato portato in Italia con un aereo militare. Allo Spallanzani notizie quotidiane, cosa mangiava, cosa faceva… eppure era risultato negativo. Poi le dimissioni in diretta, a quel punto, deludendo molti, è stato Niccolò stesso a rifiutare foto, riprese e dichiarazioni. Oggi in Cina ci sono migliaia di italiani. Si trovano a Kunming, dove gestiscono pizzerie e aspettano gli eventi. A Canton, dove sono impegnati nella vendita del vino italiano. Fino ad adesso hanno temuto il contagio, ora sono preoccupati per il lavoro e le difficoltà nella promozione dei prodotti italiani. Di essi si ignora l’esistenza.
Più che ripetere, si deve ritornare sulle notizie e approfondirle. Quante storie ovvie sui cinesi “obbedienti” e le critiche al governatore della regione Toscana che riponeva fiducia nel loro senso di comunità! Loro fanno la quarantena e non vogliono nuocere agli altri! Quanti sono gli italiani fermati nel mondo (in India, alle Mauritius, in Messico) positivi al virus? Se il contagio arriva nel Sud è perché viene portato. Alcune signore di Manfredonia sono andate a Milano per le giornate della moda. Alcuni che lavorano in Lombardia sono ritornati “approfittando” delle ferie. Molti, però, sono responsabilmente rimasti nel lodigiano e nel bergamasco, in attesa che la situazione cambi.
Dobbiamo imboccare un sentiero stretto: isolare e circoscrivere, per due scopi “egualmente sacri, e tanto difficili a conciliarsi, l’assistenza agli infermi e la preservazione dei sani” (Manzoni). E dobbiamo aggiungere un terzo obiettivo: la ripresa ragionata e controllata della vita sociale ed economica. Necessaria per resistere meglio, incontrare gli altri, progettare e “fare”. Tutte cose che fanno diminuire l’ansia e costituiscono una forma di cura. Ma alla base una sola condizione fondamentale: Il senso della responsabilità, sempre. E non a intermittenza.