In pochi anni, mille giovani in meno a Manfredonia. La denatalità che cambia il volto del Sud.
Il 2019 è in Italia l’anno dei record negativi. Quello più eclatante è il minor numero di nascite di sempre, 435.000 (tra cui 85.000 figli di donne immigrate). Negli anni sessanta i nati erano intorno a un milione.
A Manfredonia 375 i nati. Erano oltre seicento una ventina di anni fa e intorno a mille negli anni sessanta e settanta. Tra le tante proiezioni e accostamenti che si possono fare, ne faccio uno inconsueto: il confronto tra la popolazione del primo quinquennio di vita e quella delle scuole superiori da 14 a 18 anni. Nel primo gruppo attualmente ci sono 2.193 bambini, nel secondo gruppo 3.091 ragazze e ragazzi. Questo significa che nel giro di pochi anni i giovani diminuiranno di un terzo; quasi mille ragazzi in meno frequenteranno le scuole superiori, i locali cittadini, si aggireranno per le strade, le palestre. Senza contare quelli che nel frattempo saranno andati via. Ancora più netta la differenza nell’ambito sociale (Manfredonia, Monte S. Angelo, Mattinata, Zapponeta): nei primi cinque anni la popolazione è di 2.800 unità, mentre quella da 14 a 18 è di 4.346. In provincia di Foggia si salva un po’ il capoluogo, forse per l’immigrazione dai Monti Dauni, e Cerignola, per la presenza maggiore di famiglie immigrate (a Manfredonia gli stranieri 0 – 14 sono 225 a Cerignola sono 570, il doppio). Le previsioni di un Sud che perderà nel giro di un trentennio oltre 3 milioni di abitanti forse sono ottimistiche.
E’ un fenomeno irreversibile. Per i due terzi le minori nascite hanno cause strutturali e derivano dalla denatalità, iniziata a metà anni settanta, per cui oggi non ci sono abbastanza donne in età fertile (stimata tra 15 e 49 anni) per far aumentare le nascite in tempi brevi. Il tasso di fecondità (cioè il numero di figli per donna) per assicurare un certo equilibrio deve essere superiore al 2,1%. Sotto tale valore il numero delle persone di un paese, in assenza di immigrazione, è condannato al declino. In Italia è 1, 29 per donna. Nel Sud è inferiore che al Nord, e l’Italia è in coda in Europa. In Francia la percentuale di figli per donna è 1,9, in Germania i nati nel 2018 sono stati 800.000.
Quando si parla di questo problema tutti (il mondo politico e anche la gente comune) pensano a interventi quasi sempre di natura economica. La scelta di mettere al mondo un figlio è invece complessa e riguarda vari aspetti spesso difficili da conciliare. Un motivo chiave per registrare così poche nascite è che si cerca di averne quando si è troppo vecchi. L’età media del primo parto è 32 anni. Il più alto d’Europa. Il nostro modo di vivere attuale fa sì che la gente rinvii troppo a lungo la decisione di diventare genitori. Poi ne fa uno e ci si rende conto che non c’è più tempo di farne un altro.
Nei paesi europei le misure sono varie e si intrecciano. Insomma la Francia premia chi fa più figli, in Ungheria se ne fai tre non paghi più tasse, a Stoccolma se viaggi con un carrozzino non paghi il biglietto. Più che elargizioni in contanti, sono i benefici fiscali che contano, poi l’aumento considerevole di strutture per l’infanzia per permettere di unire lavoro e famiglia. Non c’è solo l’asilo nido, ci vogliono i centri per l’infanzia, l’apertura delle scuole al pomeriggio… E conta la filosofia di vita. Più che il welfare conta la fiducia nel futuro, l’ottimismo, un mondo immaginato piacevole e bello da vivere. Ed ora, che cosa accadrà dopo questo anno di Pandemia?