Il Comune di Siponto. I boni homines chiamati a dirigere la cosa pubblica.
A Siponto tra il X e l’inizio del XII si originarono forme di autonomia amministrativa che precedettero la nascita dei Comuni dell’Italia del Nord.
In questo periodo continue erano le migrazioni dalle zone interne verso le zone costiere, più aperte e segnate dalla cultura bizantina. Le città della costa presentavano un’ampia articolazione sociale ed etnica, anche per la presenza di Slavi, Armeni, Bulgari, Albanesi, Saraceni, Ebrei. I Bizantini, infatti, per tenere a freno i Longobardi dell’interno, conducevano dall’Oriente mercenari, che poi finivano per fermarsi qui. Il porto, poi, attirava mercanti stranieri, con maestranze e funzionari di loro fiducia. Ci furono conflitti, contrapposizioni, come racconta Pompeo Sarnelli (1649 – 1724): “i Sipontini, divisi parte dei Greci, parte de’ Longobardi, e parte de’ Normandi, corsero all’arme...”. Ma ci furono anche processi di convivenza e integrazione tra le varie etnie.
Non era possibile, dicono gli studiosi, che, nell’avvicendarsi di principi e signori, che comparivano e scomparivano in pochi anni, a Siponto e nelle città costiere regnasse la confusione. Nelle più importanti di esse vi erano forme di vita associativa, ceti cittadini intraprendenti, pressioni dei gruppi più potenti che difendevano i propri privilegi. Era presente il dominio imperiale bizantino, ma era lontano, ed ecco che sorgevano autonomie e forme di governo locali. Per Siponto vi sono testimonianze antiche, come l’intervento di Papa Gregorio Magno (540 – 604), che inviava il notaio Pantaleo a risolvere la grave vicenda dello stupro ai danni della figlia del diacono Evangelio e lo invitava a servirsi del parere degli uomini saggi della città (adhibitis tibi sapientibus illic viris). Ma chi erano e chi saranno, anche nei secoli successivi, questi sapientes viri? Erano uomini di curia, presbiteri, ed anche laici. A Siponto vari documenti e testimonianze parlano di milizia sipontina, di partecipazione popolare e collettiva ad eventi importanti e drammatici, di boni homines, sensibili e attenti al bene comune.
Francesco Carabellese (1873 – 1909) parla di una autonomia ben evidente in alcuni centri che avevano una tradizione civica antica e radicata, e cita documenti di Polignano, di Devia (Gargano Nord), e soprattutto di Siponto. Nel 1068, in particolare, per la cessione di una salina all’abbazia delle Tremiti, l’arcivescovo Gerardo era assistito da diaconi, presbiteri e idonei homines.
Una condizione di autonomia conosciuta e invidiata da altre città: nel 1105 gli abitanti di Grumo e di Bitetto esprimevano l’esigenza di essere considerati nel loro territorio come signori e padroni (tamquam domini et patroni) ed in esso “dominare” come i cittadini di Siponto e Troia nei propri tenimenti. Sono tutti elementi di grande interesse che testimoniano l’esistenza di una comunità forte. Ma si può parlare di una esperienza comunale paragonabile a quella delle città del Nord?
Fu Lothar Heinemann (1859 – 1901), con il saggio “Sulla origine della costituzione consolare nei comuni italiani” uscito a Lipsia nel 1896, a richiamare l’attenzione degli studiosi su un documento di Siponto del 1064, dal quale si può ipotizzare che il Comune, sia sorto nell’Italia meridionale prima che in quella settentrionale. Nell’Italia bizantina, è la tesi dello storico tedesco, le relazioni commerciali provocarono ben presto, e prima che nel resto d’Italia, il sorgere di una borghesia operosa e autonoma, favorita dal frazionamento del paese sotto dominazioni molteplici. Heinemann sostiene che nel Comune di Siponto, la presenza volontaria dei boni homines, in qualità di testimoni negli atti della vita civile (vendite, donazioni, cessioni di beni e terre), di mediatori nella risoluzione di contese, e anche di arbitri e periti nella stima di un bene contestato, si sia gradualmente trasformata in un ruolo politico, quello dei consoli appunto.