La processione e l’icona. Il mistero di uno sguardo e il buon ateismo di Buber (e di Moscone).

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Si prevedeva più modernità e meno religione. Non si è avverata. Interrogativi vecchi e nuovi non trovano risposte nella scienza e nella ragione.

Jurgen Habermas, uno dei grandi filosofi del nostro tempo, sostiene che i credenti (persone illuminate e persone semplici) possono offrire un importante contributo alla democrazia e alla convivenza civile e politica. La tradizione religiosa esprime “intuizioni morali e sollecitazioni soprattutto rispetto alle forme di vita vulnerabili”, e può aiutare individui secolarizzati e non credenti a scoprire percorsi di verità propri e nascosti, che arricchiscono la vita di ognuno.

La processione è impressionante. I ricercatori sull’identità di Manfredonia, poco più di dieci anni fa, rimasero colpiti da due manifestazioni di folla e di partecipazione: processione e carnevale. Due forme contraddittorie? Sacro e profano? Giudizi e accostamenti troppo semplici. C’è un filo che unisce. Ed è la voglia di comunità. Il noi che si costruisce attraverso il riunirsi dei corpi, dei gesti, dei volti prima ancora che con le parole, le voci, le invocazioni.

La prima volta che vidi la processione ero bloccato in macchina a Monticchio e rimasi fermo un’ora circa. Non finiva mai. Vidi sfilare mamme con il carrozzino, disabili, ragazze, anziani, comunisti… Ho detto sfilata: vi sono quelli che seguono la processione e quelli che guardano ai bordi delle strade e dai balconi. La seconda volta mi trovavo in piazza. All’epoca dell’arcivescovo D’Addario. Il quadro era stato inviato a Bari per il restauro. “Il popolo non vuole!”, intimò qualcuno. Si temevano disordini, proteste… Un pomeriggio assolato, caldo, l’icona (la copia) uscì fuori dalla Cattedrale, l’intera piazza gremita, curiosa, piena di voci; nel momento in cui venne girata e volse lo sguardo alla folla, un silenzio improvviso, uno stupore evidente e percepibile, poi un lungo, unanime applauso. Mi volsi intorno e vidi gli occhi di molti pieni di lacrime. Se c’è qualcosa di simile al miracolo era in quello sguardo e in quella piazza. Avevo letto di emigrati mai tornati da 50, 60 anni… che pure avevano comunicato ai figli la festa di S. Maria di Siponto e il volto della Madonna, che non avevano dimenticato. Quel pomeriggio, in quello sguardo, visibile da ogni angolo della piazza, ognuno coglieva una moltitudine di sentimenti, misericordia, comprensione ed anche un velo di ironia, l’amorevole compatimento di una madre verso i figli irrequieti, che non pensano alle cose che contano.

Ma cosa chiede il popolo della processione? Ricordo spesso quello che disse un uomo politico, Benigno Zaccagnini, quando vide una vecchia che a Ravenna pregava intensamente. “Forse chiede qualcosa che dovremmo dare noi, la società, le istituzioni…”. E’ la fede delle persone semplici. S. Agostino dice che la fede deve essere meditata, ma non sono gli studi a renderla tale, piuttosto le sofferenze, la malattia, la fatica, la croce quotidiana… “Sono le persone semplici a vivere nel presente, a scegliere, a prestare aiuto, ad essere preoccupate per il mondo e ad agire con premura” (Colloquio di Lorenzo con la madre)

Non ci sarà l’amministrazione cittadina al seguito della processione. E sarà la prima volta di Franco Moscone. Due pensieri mi hanno colpito del nuovo vescovo. Gli unici poi che ho ascoltato o udito. Il primo. Gli atei possono aiutare i credenti a non sentirsi onnipotenti, a dire noi e nostro, invece che io e mio. Moscone interpreta in modo originale un racconto chassidico: il buon ateismo. “Non esiste qualità e forza nell’uomo che sia stata creata inutilmente… Anche l’ateismo. Perché quando un uomo viene da te e ti chiede aiuto, allora tu non devi raccomandargli di rivolgere la sua pena a Dio, ma devi agire come se Dio non ci fosse, come se in tutto il mondo ci fosse uno solo che può aiutare quell’uomo” (Buber). Il secondo è quando ha ricordato, tre mesi dopo l’arrivo, che c’erano state tre persone uccise e tre che si erano uccise. Due pensieri, in cui si coglieva l’invito alla comunità a non cercare salvezze esterne e a saper guardare in profondità nelle sofferenze di questa terra.

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