La cura, la salute, il benessere… al di fuori e oltre l’ospedale
La scena. In via Di Vittorio, 5 giorni fa, una persona si sente male.
C’è chi porta una bottiglia d’acqua, da un negozio arriva un cuscino per la persona adagiata per terra, da un altro uno sgabello per sollevare i piedi. Si telefona al 118. L’autoambulanza a Manfredonia è impegnata, deve arrivare un’altra da Zapponeta. Dopo circa 40 minuti arriva da Margherita di Savoia. Irritazione e lagnanze per il ritardo, per l’ospedale che chiude e che non ha risorse.
L’ospedale è una struttura importante ed essenziale per assicurare la tutela della salute della popolazione. Ma altrettanto importanti sono altri servizi che si occupano del benessere della cittadinanza. Alcuni decenni fa la politica prometteva ovunque l’ospedale di base, dove si potessero effettuare nascite e interventi chirurgici… Così piccoli comuni (S. Marco in Lamis, Monte S. Angelo, Manfredonia…), tutti a non più di venti chilometri da S. Giovanni Rotondo e un po’ di più da Foggia, avevano la loro struttura ospedaliera e il reparto di chirurgia.
Scelte che, come altre simili (l’Università sotto casa), presto divennero insostenibili. Ed è arrivato il piano di riordino regionale, a tappe successive, con patteggiamenti continui, forse anche con trattamenti di favore per questo o quel comune. I tagli non sono stati digeriti da nessuna comunità e sempre il dibattito è stato ed è bloccato dall’immagine di una medicina ospedalizzata, ritenuta la sola che possa assicurare la salute. Il riordino, in verità, non è dovuto solo alla questione economica. E’ cambiata la medicina, il concetto di salute, sono mutati i bisogni della popolazione, sono arrivate le nuove tecnologie.
Mons. Franco Moscone è arcivescovo di Manfredonia e presidente dell’ospedale di S. Giovanni Rotondo. Ha detto che Manfredonia non può scendere al di sotto degli attuali livelli, che consentono agli ospedali di eccellenza di lavorare meglio. Ma è proprio così? Ci sono nuove terapie, la robotica medica, interventi un tempo complessi si fanno oggi con nuovi strumenti e sono diventati “facili”… Innovazioni continue, possibili solo nelle grandi strutture. I piccoli ospedali, se restano come sono ora, sono destinati ad offrire un servizio di ripiego se non più scadente, gli standard di sicurezza, infatti, sono maggiori dove si effettuano molti e diversificati interventi. Si grida allo scandalo perché nessuno nasce più a Manfredonia e si vive con angoscia il ridimensionamento o la chiusura di altri reparti. Ma non si può immaginare altro?
I Servizi sociosanitari territoriali nascono dai cambiamenti irreversibili a livello demografico (invecchiamento della popolazione e aumento della non autosufficienza), dalla crescente importanza della prevenzione e diagnosi precoce, dalla necessità di rispondere alle problematiche complesse della società contemporanea (autonomia e inclusione sociale dei soggetti con disabilità, aumento del disagio mentale…).
Un esempio. Il presidio psichiatrico ospedaliero ha in cura a Manfredonia 15 persone, e assorbe molte risorse. E’ la risposta giusta alla salute mentale? La sofferenza psichica, intrecciata con altre forme di disagio, non può essere seguita sul territorio? La cura a domicilio, nella città, nel quartiere non ha alternative, ma è un meccanismo fragile, facile ad incepparsi se non vi è la piena e convinta collaborazione di tutti i soggetti. E’ una modalità che deve essere praticata in modo creativo e richiede notevoli competenze progettuali. Ed anche molte nuove figure professionali.
Il piccolo ospedale è condannato all’irrilevanza (in vicinanza con grosse strutture come Foggia e S. Giovanni Rotondo) se non si trasforma completamente. Altrove hanno accettato la sfida. Si può pensare a una struttura dove vi sia un pronto soccorso, potenziato ed efficiente, una prevenzione di buon livello (come già avviene a Manfredonia per alcuni settori), un centro in grado di fornire il primo aiuto (ma pure indicazioni e informazioni accurate e personalizzate) per sofferenze vecchie ed anche nuove (maltrattamenti e abusi, disturbi di comportamento alimentari…). Perché difendere stancamente quello c’è e non immaginare quello che non c’è? Perché non uscire dall’angolo e non contrattare cambiamenti e nuove opportunità?