Reddito di cittadinanza ai bambini. Se Renzi invece di dare gli 80 Euro…
Se li avesse destinati (aggiungendo qualche altra cosa) per gli assegni ai figli? Avrebbe posto un tassello importante per la lotta alla povertà. Un Reddito di cittadinanza europeo per i minori potrebbe costituire un punto programmatico significativo per le prossime elezioni.
Intanto una premessa. Gli 80 Euro non sono “mancette”. Un pensionato ex parlamentare europeo di sinistra (Enzo Lavarra), definiva mancette anche il bonus agli studenti e quello ai docenti. “Ho detto a mio nipote: Vieni da me, te li do io 400 euro!” Lui se lo poteva permettere! Irritante è poi la parola assistenzialismo, sbuca dappertutto. Ai servizi sociali di Manfredonia si davano i contributi due volte l’anno, un sistema ordinato con regole e priorità, schede personali, motivazioni, esame in commissione, deliberazione della giunta… Le persone beneficiarie sapevano, mettevano da parte qualche bolletta, qualche spesa, qualche conto sospeso… Era una forma di assistenza sociale. Eppure c’era chi, nostalgico di quando si davano a pioggia somme rilevanti, parlava di assistenzialismo.
La povertà dei bambini non può aspettare. Incide sul futuro, diventa povertà educativa, perché giorno per giorno si pongono tasselli per l’emarginazione, giorno per giorno si perdono opportunità e fiducia. Quella dei bambini è la povertà più rischiosa, che può generare un forte divario nelle competenze cognitive tra ragazzi in base alla classe sociale o alla residenza geografica. I due terzi dei bambini in povertà in Italia si trovano nel Meridione, che ha un terzo della popolazione italiana! Ma i bambini, sia per Renzi e soprattutto per Di Maio, non votano!
Un reddito di cittadinanza per i minori è centrale per qualsiasi programma che miri a ridurre le diseguaglianze. Un “sostanzioso” assegno per figli dovrebbe essere una priorità europea, anche come sostegno alla natalità e alla maternità. “Gli investimenti che facciamo oggi per i bambini svantaggiati promuovono la mobilità sociale, creano opportunità e favoriscono una società e un’economia vivaci, sane e inclusive” (Hackman, Nobel per l’economia). Un beneficio da erogare a tutti i bambini che vivono in Italia.
La povertà è quella che si vive oggi qui, né è possibile confrontarla con il passato o con quella di altri paesi. L’indicatore economico da solo non dà conto di cosa significhi essere poveri da bambini. Quali sono gli elementi? Non avere la cameretta, non poter frequentare la palestra o la scuola calcio, non avere i libri scolastici… Non ricevere amici a casa per fare i compiti perché non vi è uno spazio autonomo… Molti anni fa si poteva andare a scuola con le toppe e con le scarpe visibilmente ricucite. Oggi si rischia di essere emarginati perché non si veste bene. Una madre di Manfredonia chiese ai Servizi sociali 100 euro perché doveva comprare un abito “firmato” alla figlia: “Le amiche non la vogliono nel gruppo perché non veste bene”. Frequentava la scuola media inferiore.
“L’amica geniale” (fiction e libro) ci ha mostrato la voglia dei ragazzi di andare a scuola e i genitori che non potevano permetterselo facevano dolorose scelte in famiglia: Tu vai a lavorare e tu a scuola. E ci sono famiglie che lo fanno ancora oggi! E oggi acquistano centralità i nonni, che partecipano alle spese per i nipoti (li mantengono anche agli studi); sono essi, con entrate fisse a fine mese, casa di proprietà e risparmi accumulati, un punto di riferimento.
L’assegno per i figli potrebbe porre un freno alla denatalità? Il problema più grave oggi in Europa. Un declino che la politica non riesce a governare. Su di essa incide la migrazione dei giovani, la diminuzione delle donne fertili, le insicurezze e le paure del futuro, i lavori atipici… L’Italia è il fanalino di coda nella UE, e le risposte che si preparano (condite di xenofobia e pregiudizi razziali) rischiano di essere catastrofiche per il futuro demografico.