Le leggi razziali. Italiani brava gente? Direi proprio di no

CULTURA

“Oltre a ereditare i caratteri fisici o biologici, si ereditano, nella razza, anche i caratteri morali, ossia quell’insieme di istinti, di inclinazioni, di attitudini, di doti che compongono la personalità umana”. Il giornale d’Italia pubblica il 14 luglio del 1938 il manifesto degli scienziati razzisti. Escono libri, “catechismi”, riviste sulla difesa della razza ariana, alla quale appartengono “i massimi campioni del genere umano… le più alte creazioni artistiche e letterarie, le massime invenzioni e scoperte scientifiche”. Sono i popoli europei, “per convenzione chiamati ariani”, che instancabilmente progrediscono e si rinnovano “con una meravigliosa varietà di tipi, di realizzazioni, che si continuano e si completano a vicenda”.

Il 18 settembre 1938 Benito Mussolini in un discorso a Trieste annuncia le scelte necessarie per risolvere il problema ebraico, partendo da un principio: “una chiara, severa coscienza razziale, che stabilisca non solo le differenze, ma le superiorità nettissime”. Seguono atti, decreti sui matrimoni misti, possesso dei beni, impieghi pubblici, la scuola. Interventi finalizzati a respingere ogni sorta di contaminazione morale e intellettuale. “La vasta subdola opera di corruzione svolta tenacemente dagli ebrei, con tutti i mezzi, nella vita politica, sociale, economica, nei campi dell’arte, della letteratura, della scienza, rappresenta un pericolo per il domani dell’Italia”.

Non ci furono proteste, anche a sinistra non ne parlarono molto. Le misure antisemite furono viste come un tentativo di deviare dai conflitti di classe. Poi quando ne constatarono la gravità assolsero sempre il popolo. Razzisti erano solo i fascisti e poi lo fecero per imitazione della Germania nazista! Insomma “Italiani brava gente”.

La Santa Sede protestò soprattutto perché erano impediti i matrimoni misti, ma non pare che gli intellettuali cattolici criticassero apertamente i provvedimenti antiebraici. I fratelli Rosselli e pochi altri ne parlarono come la conseguenza naturale dello Stato Etico e Totalitario.

Ancora oggi si continua a ripetere che l’Italia non ha conosciuto i pogrom e le persecuzioni antisemite come altre nazioni europee. Ma non si conosce la storia. Le varie dinastie che si avvicendarono nel Sud ebbero una politica oscillante nei confronti degli Ebrei. Una maggiore apertura ci fu con gli Aragonesi nel 1400, ma la morte di re Ferrante (1494) segnò il rovescio della fortuna ebraica nell’Italia meridionale. Con il 1500 iniziarono rivolte antisemite e nel 1521 la “berretta gialla” (segno di riconoscimento) fu introdotta in tutto il Regno. Nel 1533 un editto del viceré obbligava a convertirsi o a lasciare il Regno entro 6 mesi. Nel 1534 a Manfredonia una denuncia dettagliata accusava molte famiglie di neoconvertiti di praticare in segreto culti ebraici e varie altre nefandezze. Era una lotta di potere e alcune di esse (Gentile, Tontulo, Nicastro, Cessa, Greco…) sparirono ed erano notai, mercanti, aromatarii, physici. Si cancellò dal Regno una presenza e una cultura testimoniata fin dai primi secoli dell’era cristiana.

Italiani brava gente? Diversi anni fa un signore di Foggia si recava a Venezia per vendere uno stabile in un’area abitata da ebrei. Mi raccontò che lo svendeva per circa un miliardo di vecchie lire. Come faceva lui foggiano a possedere un bene così prezioso? La sorpresa svanì quando seppi che il padre era stato maresciallo dell’esercito italiano, passato poi nella Repubblica di Salò. Tanti beni passarono di mano. Anche in Italia ci fu la soluzione finale. E non ci furono proteste. Singole azioni meritorie e coraggiose, sì.

La regista Liliana Cavani qualche giorno fa, di fronte ai ritorni nostalgici, ha detto che la scuola deve insegnare la storia, deve ricordare quegli eventi. Non basta. Occorre far diventare i ragazzi protagonisti. A Roma antica c’erano le Controversiae tra due gruppi o due allievi che sostenevano tesi diverse. Nel mese di agosto è morto Luca Cavalli Sforza, lo studioso che nega l’esistenza delle razze. Internet può aiutare a trovare il materiale, per un lavoro di ricerca e aprire anche in classe un dibattito. Far leggere le leggi razziali, mettere i giovani davanti ai testi… Senza la pretesa di “insegnare”.

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