Capitanata. andante con brio. senza la politica
Per 10 mesi ogni giorno ho letto due quotidiani (l’Attacco e la Gazzetta del mezzogiorno), ho consultato siti e notiziari on line… Da bravo scolaro per circa tre ore ogni mattina su un quaderno ho cercato di ricavare e annotare qualche idea o proposta sul futuro di questo territorio. Settimana dopo settimana ero sempre più deluso e confuso. Non sono riuscito a trovare quasi niente. In tutti gli schieramenti, ma soprattutto nel Partito Democratico: scontri personali, senza nemmeno quelle forme di autocontrollo di un tempo, lotte di tessere, cambiamenti bruschi di alleanze.
Non ci sono figure autorevoli di riferimento, perché coloro che hanno incarichi importanti non si sbilanciano e pensano a dopo. Tutti pensano a dopo. E’ una cosa vecchia dire che il partito democratico ha due anime (ex margherita ed ex comunista). Ci sono invece molte più anime. Le primarie così esaltate sono uno strumento avvelenato. “Alle primarie (ma anche alle amministrative) non esiste il voto di opinione” – mi è stato detto fino alla noia. Sarà pure vero. Se non c’è, vuol dire che c’è il voto di appartenenza, di clientele, di clan. A Manfredonia le primarie degli oltre 12.000 voti ancora oggi manifestano conseguenze sgradevoli, per come sono state condotte, ma soprattutto per come sono state ricomposte
Né fanno eccezione i Giovani Democratici che lottano senza esclusione di colpi e in qualche occasione hanno sfiorato quasi lo scontro fisico. A Manfredonia è stato presentato il nuovo gruppo dirigente, e un solo slogan, un solo “pensiero” nel comunicato per la stampa: contro l’immobilismo la nostra vitalità! Poco. Davvero molto poco.
Nessuna idea su questo territorio, mentre emergono tanti piccoli conflitti di interesse legati ai rapporti con il terzo settore, le strutture socio sanitarie, quelle turistiche, i rifiuti. Su questa materia ho riempito pagine e pagine.
Il centro sinistra ‘classico’ in Capitanata non esiste più, dice il deputato e presidente della commissione sulle politiche europee Michele Bordo, che elogia l’allargamento del perimetro delle alleanze. Ma senza opposizione non si governa bene. E l’assenza di un dibattito politico non crea le condizioni per organizzare idee e progetti in una provincia dove bisogna governare enti e istituzioni che appartengono all’intera Capitanata: Biblioteca, musei, Università, Conservatorio. Ma anche le strutture sanitarie, i centri di ricerca. Un territorio del quale Foggia resta il capoluogo, e ci voleva l’abolizione dell’Ente Provincia perché la città divenisse consapevole di questo ruolo, come a me sembra di vedere in questi mesi.
Al di là di alcune iniziative sui temi del lavoro, dell’innovazione e della necessità di guardare all’Europa dell’europarlamentare Elena Gentile (ma da Bruxelles si conta poco rispetto a segretari, sindaci…), in 10 mesi non ho trovato nei canali ordinari e pubblici di comunicazione una proposta politica e idee di sviluppo; eppure l’intera area è attraversata da cambiamenti che la politica e il partito democratico nemmeno avvertono e che forse non conoscono.
Molto si muove. Pezzi di territorio che fanno i conti con ciò che esiste. I monti dauni, propongono cose nuove, si aggregano, cercano di trovare un futuro. Si sforzano di mettere insieme sinergie. Chiedono una cosa antica: le strade, la sicurezza del territorio. L’agricoltura è in movimento, non ci sono solo i pomodori, ci sono nuove coltivazioni (ulivo e molti prodotti ortofrutticoli) ricercate da importanti gruppi agroalimentari. Ci sono giovani che scelgono di lavorare la terra e lo fanno con orgoglio e desiderio di sperimentare innovative cooperazioni e l’uso delle nuove vie telematiche. Anche qui si chiede una cosa essenziale: la sistemazione delle strade. Ci sono gruppi di giovani che sperimentano forme nuove di turismo, valorizzano la tipicità dei prodotti… Insomma c’è movimento. Non si è in attesa dell’aeroporto (Gino Lisa), ma ci si sforza di trovare soluzioni possibili: strade, sicurezza, difesa del paesaggio. In questo quadro può servire la politica? Certo che serve. Ma solo se si mette in ascolto, se è capace di interpretare i cambiamenti e aiutare a costruire progetti di sviluppo. E se è capace di controllare e limitare i conflitti di interesse e le clientele.