Tutti insieme ai blocchi di partenza! Poi molti cadono, altri si fermano…
Si parte insieme e la competizione più leale non esclude inciampi e anche sfortuna. Si dà a tutti istruzione, medesime occasioni di crescita, e poi è sufficiente un evento inatteso perché qualcuno resti indietro. Oggi le vite non si sviluppano più nella continuità di formazione, lavoro, pensione. Tre momenti che mutano, si allungano, si intrecciano. La formazione non è definita per sempre, deve essere ripresa nel corso della vita, il lavoro cambia, è flessibile, si cancella, si esporta; la pensione o la fase della vita che invecchia, registra processi di dipendenza e perdita di autonomia. Un mondo privo di certezze nel quale la stessa distinzione tra occupati e disoccupati non è più netta.
Molti pensano che “una volta preparato un campo di gioco livellato per la gara, non si deve stare a guardare quali sono gli esiti” (Atkinson). Invece dobbiamo vedere quello che avviene dopo il fischio di inizio. I singoli possono impegnarsi a fondo, ma può difettare la correttezza del gioco e ci vogliono arbitri imparziali per controllare che nessuno commetta falli o usi sostanze proibite (corruzione, clientelismo).
L’uguaglianza di opportunità non è sufficiente: contano la regolarità della gara e i premi che si ottengono. Un fatto è vincere una medaglia e altro invece un milione di euro. Le disuguaglianze sono divenute esplosive per un aumento sproporzionato dei premi finali (manager, star, figure dello sport…) e per i privilegi dei dirigenti pubblici e soprattutto dei politici (non tanto per i guadagni ma per il fatto che sono eletti dal popolo per curare gli interessi della comunità e non per affari personali o di clan).
Le disuguaglianze sociali nascono dal mercato del lavoro, distribuzione di reddito da capitale, formazione delle famiglie. Scelte matrimoniali funzionali hanno creato, infatti, una polarizzazione tra famiglie con due redditi medio elevati e famiglie con un solo reddito o due redditi molto modesti. Oggi ci sono lavoratori poveri a livello familiare (una fascia in aumento nella Unione Europea), non perché abbiano un reddito da lavoro insufficiente per vivere, ma perché non è sufficiente a mantenere una famiglia con 2-3 figli (Saraceno – Atkinson).
La concentrazione della ricchezza e del reddito comportano concentrazione di potere e quindi indebolimento della coesione sociale e della stessa democrazia, con la possibilità che alcuni hanno di gestire risorse notevoli per la campagna elettorale (Quanti sono i milionari che si candidano in Europa e altri paesi!)
La disuguaglianza di esiti influenza direttamente l’eguaglianza di opportunità per le generazioni future, con trasmissioni ai discendenti di patrimoni mobili e immobili. “Se ci sta a cuore l’uguaglianza di opportunità di domani, dobbiamo essere preoccupati per la disuguaglianza di esiti oggi” (Atkinson)
La crisi ha acuito sofferenze economiche e disagi. Al Nord i benefici della ripresa sono distribuiti meglio fra i residenti; nel Sud solo alcune fasce della popolazione partecipano allo sviluppo. Le disuguaglianze sono meglio affrontate dove il welfare è rimasto più saldo nella funzione di correttivo del mercato ed è capace di accompagnare sia i comportamenti individuali e sia i mutamenti a livello tecnologico che nel mercato del lavoro. Ci sono i paesi (e anche alcune zone d’Italia) in cui si iniziano a progettare forme di protezione flessibile, ovvero sistemi sociali che accompagnino le persone in percorsi nuovi, non scanditi in modo omogeneo, per cui accanto ai vecchi rischi (malattie, disoccupazione…), se ne aggiungono di nuovi: lavori precari, nascita di un figlio, rottura coniugale… Disuguaglianze diverse che hanno bisogno di interventi diversi! Questo è quando ci sono pari opportunità, e quando invece questo principio non esiste per un quarto della popolazione?