Giornata contro la violenza sulle donne. Servono davvero questi appuntamenti?
Non so se di tutto quello che accade, delle notizie che arrivano, del linguaggio che usiamo, delle scene di donne piangenti e impaurite, di slogan rituali, di annunci… le ragazze e i ragazzi comprendono qualcosa. Tante volte ho sentito dire che in ogni giorno si deve celebrare la giornata contro la violenza sulle donne, che dobbiamo riflettere anche sui possibili percorsi educativi che possono aiutare al rispetto, al dialogo, ad una verità semplice, che “all’amore e al sesso bisogna acconsentire in due”. E che “se una persona se ne sta lì senza far niente / perché non è pronta / o non se la sente / o semplicemente non vuole / ma l’altra fa sesso / con il suo corpo / non è amore / è stupro” (Rupi Kaur)
I ragazzi ne parlano e hanno il loro linguaggio e tendono a trovare risposte dentro il gruppo.
I dati Istat sullo Stalking. Il 78% delle molestie e violenze non sono denunciate. Il 15% si rivolgono alle forze dell’ordine, il 4,5% a un avvocato e 1,5% ai centri antiviolenza. Sono dati che dovrebbero far discutere sull’efficacia degli interventi!
Ho ricevuto due mail che hanno trovato discutibile nell’articolo precedente del blog la novella di Filippa (“è la solita immagine della donna buona solo a letto”, mi è stato detto). Intanto con quella sua autodifesa ha svelato in modo paradossale lo scandalo che solo le donne erano punite di adulterio (con il rogo poi). Nel Decamerone la donna è il femminile dell’uomo: ha esigenze e bisogni e non li nasconde. Troviamo un caleidoscopio straordinario di figure, comportamenti… E quando a scuola si leggevano le novelle ci si divertiva, si discuteva tra ragazzi e ragazze, vi era parità. La via indicata dal Boccaccio può ancor oggi essere perseguita: quella della donna che parla, non subisce, esprime le sue ragioni e lo fa con abilità e capacità retorica, ironia…
Con gli adolescenti bisogna mettersi a fianco e ascoltare, recuperare fiducia, senza voler insegnare.
“L’intervallo” è un film del 2012. Una ragazza vivace impertinente provocante è portata in un immenso vecchio ospedale abbandonato, con un vasto parco intorno incolto, un ragazzo ritenuto scemo fa da guardiano. Nessuno dei due sa perché si trova lì. Lei 15 e lui 17 anni. Lei provoca all’inizio e lui subisce. Si sa solo che verrà il capo della zona. I due girano per quei luoghi, guardandosi sospettosi, si avvicinano, parlano e scoprono in quell’inferno piccoli spazi di non inferno: una cagna con i cuccioli appena nati, angoli pieni di fiori e colori, una vecchia e sbiadita foto di una ragazza di 15 anni morta incinta alla quale essi portano i fiori, la fresca pioggia estiva… Timidamente si affacciano i loro sogni. Sogni teneri, delicati, commoventi… Poi arriva la sera, si teme una soluzione tragica. Sì, perché lei ha dato attenzione al capo di una banda rivale. Finisce con un bracciale, un pegno del capo che dice : “Tu sei mia”, e la porta a casa; mentre il ragazzo torna a fare lo scemo e a vendere granite nelle periferie di Napoli. Una conclusione ancora più cupa e tremenda di quella che si temeva.
Manfredonia. Un pomeriggio, all’uscita da una scuola. Un gruppo di ragazzi di una decina di anni intorno a uno più piccolo che piange. Bullismo? Uno in particolare spinge e strattona e altri due o tre sono al suo fianco. E’ bullismo. Il ragazzo continua a piangere. Una ragazzina, pare di prima seconda elementare, con il lecca lecca in mano, si avvicina al gruppo, parla e dice parole e si fa valere: “Non vedete che piange, ma siete cattivi…”. Momenti di silenzio, poi il gruppo si allontana e la bambina offre il lecca lecca al ragazzino che si asciuga le lacrime. C’è speranza se queste cose accadono.