Nulla parla di una città (e di una comunità) quanto i suoi rifiuti.
Kemal, grande scrittore turco del Novecento, è un attento osservatore degli immondezzai e dice che nulla gli parla di Istanbul quanto i suoi immondezzai. “E’ sporca Istanbul? L’immondezzaio puzzerà come una carogna. Un tanfo nauseante… E’ più pulita Istanbul? Il lezzo sarà meno greve. Istanbul profuma di muschio? Anche l’immondezzaio profumerà di muschio. Direte voi, può un immondezzaio profumare di muschio? Profuma, profuma, credetemi!…”.
Nulla ci parla di una città come i suoi rifiuti. Continua l’abbandono di rifiuti nelle strade di Siponto, nella pineta che accompagna la costa fino alla foce del Candelaro, lungo la ferrovia, e poi nelle campagne… Unica novità è che l’abbandono è più curato, le buste sono nere e chiuse. Quando poi il contenuto si disperde nei dintorni, c’è qualcuno che pensa bene di bruciarlo.
La raccolta differenziata è più che una modalità diversa di smaltire i rifiuti; non possiamo più portarli a tutte le ore in grossi contenitori posti sulle strade e liberarcene. I resti del pesce puzzano, quelli delle angurie sono ingombranti… si portavano fuori e non ci importava se puzzava la strada. I rifiuti ci appartengono, dobbiamo convivere, tenerli in casa per il tempo necessario e questo obbliga a rivedere abitudini e stili di vita.
Nell’immagine di una città conta l’organizzazione dello spazio urbano, le scelte di arredo, le possibilità di interazione sociale, i luoghi di incontro… Ma lo è ancor più la pulizia; come è per gli interni così è per gli esterni. E’ la prima cosa che notiamo in una casa o in una città. Nulla è più commovente di un ambiente povero, ma pulito, ordinato, profumato. L’ambiente che abbiamo creato ci condiziona: ci fa membri di una comunità, se possiamo riconoscerci in esso; ci spinge alla indifferenza e anche alla violenza quando quel che ci circonda è alienante, sporco, trascurato. Va forse in questo senso l’espressione che solo “la bellezza ci salverà“.
Non esistono città belle o brutte. Ci sono angoli e strade che ci fanno sentire a casa, che amiamo. Il monumento è importante a livello collettivo, ma a livello individuale conta più un bar di periferia, un viale, un odore, un angolo di mare. Bellezza è quando i diversi linguaggi si compenetrano, dialogano insieme. Ci sono sempre più visitatori che amano girare per le città, passeggiare per coglierne la bellezza. C’è chi pensa che i turisti debbano essere portati davanti ai monumenti da contemplare (basiliche, ipogei, Castello), ma “non esiste un modo più sbagliato di conoscere una città che conoscerla per monumenti. La prima cosa da fare è perdersi dentro i luoghi, girare a caso, nelle ore diverse del giorno”. Non esistono città belle o brutte. Esistono città pulite o sporche.
Qualche anno fa la Bottega degli apocrifi organizzò un concerto sulla spiaggia “Castello” all’alba. Quest’anno in altre città il pianoforte ha suonato per l’intera notte. Se si organizzasse “la musica diffusa”, non nei cortili e nelle chiese, ma nel centro storico (Piazzetta Mercato) la domenica mattina o sui luoghi dei mercati rionali e settimanali, sui moli… Ma senza pulirli prima. Chissà…
“Alla ricerca della faccia perduta. Riprendiamoci la vergogna”, dell’artista Franco Tretola, un percorso–mostra di qualche anno fa con tante facce che si snodavano per la città, dalla Biblioteca comunale ai Palazzi del Centro storico e si concludeva nel chiostro del Comune. Dove ci si poteva specchiare in una grande lastra di acciaio.