Democrazia. Quella linea sottile che separa le promesse elettorali da un consenso “vischioso”
E’ forse esagerato parlare di un assalto della criminalità ai comuni, ma le minacce e le intimidazioni ai sindaci sono sempre un fatto grave e inquietante. I Comuni sono in prima fila, sono gli interlocutori diretti dei cittadini, e i sindaci sono pressati da coloro che hanno bisogno di lavoro, da chi vuole un sussidio o la casa. Ma anche da chi è interessato ad un appalto. Una pressione che nei Comuni del Sud è superiore ad altre parti del Paese. Specialmente in un periodo di crisi.
Proprio nel Sud e in un periodo difficile a livello sociale ed economico è necessario interrogarsi sul funzionamento della democrazia. Ad iniziare dalla preparazione delle liste dei candidati, dalla campagna elettorale, dalle promesse e dagli impegni presi…
A Manfredonia (ma il dato è simile ad altri comuni) una parte consistente di consiglieri comunali sono dipendenti Asl (o meglio funzionari del distretto sanitario). Coloro che lavorano in un chilometro quadrato costituiscono una buona fetta del ceto politico cittadino! Fanno favori? Non lo credo. Sono però percepiti come coloro che possono fare favori.
Nel Consiglio comunale una decina di eletti hanno superato 700 – 800 voti. Qualcuno arriva fino a mille. Potranno essere simpatici, fare una buona campagna elettorale rispetto a chi, pur avendo un ruolo politico importante e visibile, di voti ne prende solo 200 e non viene neppure eletto… E’ azzardato parlare allora di “estese/promesse/tese/ad/ottenere/consenso?” Proprio così, tutto attaccato, come una canzone rap. In un momento di crisi il voto è “leggero”, non costa nulla la preferenza a chi promette qualcosa anche in modo generico. E’ diffusa poi la convinzione che non esiste il voto di opinione, ritenuto il voto di anime belle e innocenti che guardano in cielo. Il voto di opinione è semplicemente il voto “politico”, dato a un candidato o partito senza nulla chiedere in cambio. Se non esiste, vuol dire che c’è solo il voto clientelare.
Sempre più esteso è il controllo del voto. All’epoca delle primarie e poi alle amministrative molti sapevano con precisione di quanti voti erano portatori o quanti voti avrebbero ottenuto. Alle amministrative alcuni non si trovarono con i voti, hanno fatto ricorso e qualcuno ha vinto. Il Consiglio comunale si è stabilizzato dopo un anno! Un vizio di origine che altera e condiziona tutto l’iter democratico, per cui la scelta dei candidati non si rivolge ai rappresentanti di categorie sociali o movimenti di opinione, ma ai “portatori di voti”. Il controllo del voto è un fenomeno antico; ma negli ultimi anni è divenuto preciso e scientifico. Un algoritmo.
La democrazia appare fragile e debole anche perché non ci sono momenti di verifica intermedia. Si vota un programma, ma nel frattempo accadono tante cose che obbligano a rivedere impostazioni e priorità. Tra il programma presentato e votato dagli elettori e le scelte di politica amministrativa c’è spesso una sfasatura evidente. E poi muta in un quinquennio il paesaggio sociale, economico, culturale. Un mutamento che necessiterebbe di momenti di dibattito tra la cittadinanza e all’interno del consiglio comunale. Pensiamo al tema della povertà, della diffusione del gioco d’azzardo, delle periferie, della denatalità, dei beni confiscati, dell’offerta educativa, del lavoro…
Una discussione che favorirebbe la partecipazione e aiuterebbe l’amministrazione della cosa pubblica. Anche a stabilire le priorità. Don Milani diceva: “Asfalto, lampioni e campo sportivo sanno metterli anche i monarchici”. E’ nel doposcuola, dice, si fa la differenza. Don Milani non è attuale, d’accordo. Ma non è un tantino stridente spendere 200.000 – 240.000 Euro per il Carnevale, e niente per il contrasto alle dipendenze o l’integrazione o il doposcuola…?