Capitanata. Criminalità. Sicurezza. Legalità.

CULTURA

La Capitanata è “una provincia a densità mafiosa come Caserta”.  “La società foggiana è la quarta mafia con caratteristiche diverse dalle altre tre (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra), ma altrettanto impenetrabile”. Sono affermazioni dei massimi esponenti dell’Ordine pubblico a livello nazionale. Hanno pure parlato di 5 situazioni critiche: Foggia, Cerignola, S. Severo, Vieste e Tavoliere. Una informazione in verità generica e fuorviante. Il sindaco di Torremaggiore ha dichiarato che la criminalità è presente sì a S. Severo, ma nessun comune del circondario è esente. Il territorio non è a macchia di leopardo, la criminalità non è solo dove ci sono i morti, ma anche là dove gli equilibri sembrano ricomposti e regna la pace, con la droga che scorre a fiumi, e mai scomparsi sono racket, estorsioni e altro.  A Manfredonia solo qualche anno è passato dall’epoca dello scontro tra i Romito e i Libergolis, ancor meno dai delitti (4 morti) di “Romanzo criminale”. La lupara bianca di Mattinata e di Monte S. Angelo è ancora attiva, con giovani scomparsi in pieno giorno nel bar sotto casa.

La Capitanata intera va messa al centro dell’attenzione come sistema socioeconomico e politico. Un territorio che ha perso opportunità di sviluppo, un buon numero di residenti, vive un clima di crisi che induce a un abbassamento del controllo sociale, scarsa fiducia nel futuro…

Alle affermazioni gravi e preoccupanti sulla criminalità, non vi è stata nessuna risposta della politica e nemmeno da parte della società civile. Anzi appare evidente oggi come molte iniziative di associazioni, aperture di sportelli (racket, usura…) risultano essere operazioni isolate e parziali, se non addirittura di visibilità politica.

Si passa dal gridare “al lupo al lupo” al silenzio. La legalità, la vigilanza democratica non sopportano altalene di impegno (emotivo) e poi disimpegno. A Manfredonia, all’epoca di quella sequenza di morti, una trentina di associazioni si incontrano e chiedono risposte repressive, legalità, controllo dell’ordine pubblico. Ci fu anche la proposta di un protocollo per un Forum permanente sulla legalità. Come spesso capita è difficile mantenere la giusta misura e ci fu un gioco al rialzo. In una riunione in Comune si parlò di stupri in piazza Duomo, di ragazzi che giravano armati, si chiese l’intervento dell’esercito, si parlò di una situazione insostenibile (nel centro storico)…  La partecipazione poi scemò e  il coinvolgimento calò. Il protocollo si preparò e fu approvato dal Consiglio comunale. Da allora (settembre 2014) il silenzio. Ci sono state le primarie, le amministrative, due anni della nuova amministrazione, ma del protocollo, nessuno ne ha più parlato. Sta lì.

In precedenza c’era stato il Patto della città, ora si parla di Alleanza scuola-famiglia… Insomma cambiano i nomi e le sigle ma le problematiche non mutano, se ogni iniziativa non viene inserita in una rete di collaborazione e cooperazione.

Il tema della sicurezza e della legalità è un fatto drammatico in un territorio già fragile a livello sociale ed economico. La riforma delle province poi, così incerta e sgangherata, ha lasciato senza coordinamento e governo un’area vasta, con molte problematiche che si trascinano pesantemente e che hanno bisogno di interventi sovracomunali: l’immigrazione nel Tavoliere, la tutela del paesaggio e l’assetto del territorio, le strade e i ponti…  il ruolo dei Centri culturali provinciali (biblioteca, musei, la stessa Università…)

I comuni inoltre non sembrano avere capacità e desiderio di mettersi insieme e di fare sistema. In un sistema è importante l’interdipendenza (o relazioni) delle varie parti. Predomina la diffidenza, la tendenza non solo a fare da soli, ma a far prevalere l’interesse individuale su quello collettivo. Individualismo e indipendenza che nascono soprattutto dalla latitanza della politica, che deve dare indirizzi, costruire legami tra le varie comunità del territorio, stabilire le priorità…

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