Camminare. Un esercizio fisico. Ma è pure un servizio civico
“Star seduti, dice Nietzsche, il meno possibile; non fidarsi dei pensieri che non siano nati all’aria aperta o in movimento… tutti i pregiudizi vengono dagli intestini. Il sedere di pietra, l’ho già detto una volta, è il vero peccato contro lo spirito santo”. Come Nietzsche, anche Rimbaud, Rousseau, Thoreau… sono stati grandi camminatori che hanno sentito lo spirito creativo manifestarsi solo camminando. Thoreau concepiva l’insegnamento solo se alle lezioni si alternavano lunghe escursioni. La filosofia si insegnava in Grecia camminando. Il maestro era raffigurato in piedi tra i suoi discepoli, sotto un colonnato o tra gli alberi. Socrate era sempre in movimento, tra la gente, nella piazza o al mercato. Italo Mancini, teologo e filosofo, a Siponto, nella pineta e lungo i viali, camminando, su taccuini tenuti in una sola mano ha scritto libri importanti.
Camminare è una delle cose più comuni. Eppure il tempo che vi dedichiamo è molto ridotto, meno di quello che trascorriamo circolando con l’auto in città, molto meno di quello che si dedica alla televisione o al computer. Camminare significa “fuori”, muoversi all’aperto, prendere aria. Per coloro che hanno problemi di salute della mente è una terapia naturale.
Per i bambini “fuori” significa semplicemente uscire, andare a giocare, correre, marciapiedi e strade permettendo. Significa poter incontrare gli amici, andare in piazza, stare lontano dai genitori. E’ cominciare ad acquistare autonomia.
Non costa nulla, è facile ed è alla portata di tutti passeggiare nel proprio quartiere senza scopo, “a zonzo”, come si diceva un tempo. Camminare senza una finalità o per una finalità “speciale” (far visita ai genitori o ai nonni o a un amico), senza fretta, e si può scoprire la città. Con l’auto non vediamo più nulla. Solo a piedi ci viene offerto uno spettacolo nuovo: i balconi, le scritte sui muri, il decoro cosiddetto urbano, le aggiunte architettoniche, i colori… Ci sono angoli e strade che a piedi appaiono in una luce diversa. Le strade stranamente interrotte, i vicoli improvvisi, palazzi alti in vie strette… e si entra in contatto con la speculazione edilizia e gli interessi privati. Ci sono luoghi frequentati dalle persone e quelli dove si commercia: i mercati, le bancarelle… è uno spettacolo spesso interessante e affascinante. Passeggiare significa anche trovare posti dove ci si possa fermare, scambiare chiacchiere, sedersi su una panchina.
Camminare per la città, anche se per le strade non vi è nessuno, non si è mai da soli. E’ recuperare l’indole del bambino, meravigliarsi della luce, dei suoni. E noi potremmo sentirci come visitatori: persone che fanno visita a luoghi della propria città, e ciascuno di essi con storie e memorie, anche quelle della propria infanzia. Ricordo il progetto “percorsi sonori” dell’associazione Bell Bell: si poteva camminare e ascoltare interviste, testimonianze sui luoghi di Manfredonia attraversati.
Si può vedere e ascoltare come si sveglia una città, qualche radio a tutto volume di un anziano sordo, che suscita lamentele, le tante persone che vanno a lavorare fuori, nei comuni vicini, in campagna. Alcuni stanno fermi davanti al bar ad aspettare e spesso se ripassi dopo un’ora sono ancora lì. Oppure può capitare di ascoltare la richiesta di una vecchietta di alzare la serranda di casa per uscire subito in strada. Si incontrano persone che si siedono di mattina presto (in estate all’alba) davanti alle case. Se ci si ferma sono pronte a parlare, a raccontarsi.
Nessuno cammina più per la città. Né quelli che devono conoscerla per meglio amministrarla o per raccontarla, né quelli desiderano evangelizzarla…
Un’altra cosa sono gli spazi esterni al tessuto urbano, quelli che si confondono con le periferie. Spesso segnati dal disordine, abusivismo, sporcizia. Anche questo è “il paesaggio” (non solo la costa). Una buona città e un buon governo è quello dove questi spazi sono curati, sicuri, frequentati, perché sono “vitali” per i cittadini.