L’Habeas corpus dimenticato. A Gaza, i corpi mischiati tra le macerie, materiali inerti.
Non si guarda in faccia il nemico, non lo si vede. Il generale italiano Giulio Douhet è stato il precursore dell’applicazione bellica dell’areo.
Nella prima guerra mondiale ci furono scontri individuali di avieri, come i cavalieri medievali, o voli di propaganda sulle città nemiche. Nella guerra di Libia (1911) Douhet autorizzò un aviere a volare su un accampamento di soldati turchi e lanciare con le mani delle bombe. Era la prima volta e molti inorridirono. La morte dal cielo contro cui non ci si poteva nascondere, difendere… suscitava repulsione. Allora si escludeva l’uso sui civili, sui centri abitati, si considerava barbarie colpire città inermi. Nella prima guerra mondiale quasi tutti i morti sono di soldati al fronte. Non ci furono né bombardamenti sui civili e nemmeno sugli eserciti nemici (le trincee erano tra loro a breve distanza). Il bombardamento dei civili sistematico, organizzato è venuto fuori nella seconda guerra mondiale: Coventry, Londra, Dresda, Hiroshima…
La pace è invenzione dell’umanità. Nelle guerre si scivola dentro fino a toccare l’indicibile. Le guerre senza atrocità sono inimmaginabili. E si sono inventati dall’inizio strumenti sempre più sofisticati. Leonardo da Vinci era consapevole del pericolo di certe sue invenzioni ed era cauto nel farle conoscere. Come le scoperte di navigazione sottomarina, perché, conoscendo le “male nature delli omini“, potrebbero essere usate per colpire dal fondo i navigli e “sommergergli colli omini che vi son dentro”. Scrupoli di uno scienziato che anticipano quelli di Oppenheimer. Le guerre attuali si combattono prevalentemente dall’alto. Ora ci sono anche quegli strani velivoli che si chiamano droni, coi quali dovremo fare i conti nel futuro. L’idea di colpire senza correre rischi esercita un fascino particolare, ed è qualcosa di abissalmente antieroico. Nei bombardamenti sulla popolazione di Gaza non c’è nulla di umana intelligenza, c’è, dicono, quella Artificiale. Ma c’è lo svilimento, l’assenza di rispetto, dignità, sacralità del corpo.
“Habeas corpus – Abbi il tuo corpo”. Nel diritto inglese è la formula iniziale di una norma del XII secolo. Sovrano è Giovanni senza terra (lo stesso di Robin Hood). Costretto a sottoscrivere nel 1215 un documento per limitare gli arbitri del sovrano. Nasce la cosiddetta “Magna Carta“. Sancisce il valore del corpo, il principio dell’inviolabilità personale. Nessuno può essere condannato senza un regolare processo. Il corpo deve presentarsi al giudice nella sua integrità. Il corpo è materia, ma anche ciò che materia non è, e che comunque costituisce l’identità di una persona. Ricordo un professore che ne faceva il primo segno della democrazia, con un’enfasi che non ho dimenticato. Conservo un opuscolo prezioso con la stampa anastatica del testo latino, e quel congiuntivo esortativo (habeas corpus) l’ho richiamato spesso. L’Habeas corpus ritorna in molte costituzioni (come nell’articolo 13 di quella italiana).
Il massacro orrendo del 7 ottobre e l’inaudita rappresaglia israeliana contro la popolazione di Gaza, ci fanno capire che non è più guerra nazionale per il diritto a un territorio e a una patria, ma l’espressione di un odio etnico che nega l’umanità dell’altro, per cui si pensa a cancellarlo totalmente. Due popoli e due stati? Oramai le parole del passato non servono più. I bombardamenti puntano a una soluzione finale della questione palestinese. La rivista “Italiani europei” prova a riflettere in un numero speciale su “una pace giusta”. E’ difficile credere, mentre si annienta una popolazione, di poter rimettere in piedi un percorso democratico che consenta di far emergere nuove leadership.
Una larga parte dell’opinione pubblica israeliana chiede nuove elezioni e spera che emerga una guida diversa da quella attuale, che oggi (26 marzo) apre a Gerusalemme un convegno sull’antisemitismo, cui partecipano molti leader dell’estrema destra europea. “Amici di Israele, ma non degli ebrei”. Un vicolo cieco e buio per i palestinesi e anche per gli israeliani. Per l’umanità. Per l’Europa (le cui elite hanno perduto la capacità di prevedere e prevenire), che non conosce più l’arte della diplomazia in tempi di “non guerra”.
Nel 2007 l’esercito israeliano ha calcolato le calorie di sopravvivenza. 2279 al giorno. E niente di più può penetrare nella striscia. Per sopravvivere. E per giocare, per suonare o andare a un concerto? Proviamo a dare un tema in classe. Descrivere la vita quotidiana di ragazzi che devono mangiare con “stretta misura”, non possono spostarsi, permessi continui, Israele controlla tutto, l’Autorità palestinese inesistente. Nessuna speranza di cambiamenti futuri.
C’è la società civile, l’opinione pubblica… A Gaza è stata cancellata quel minimo che c’era. Giornalisti, operatori sociali sono stati presi di mira come i leader di Hamas. E nell’Europa? Siamo ossessionati dal vedere, ma, pigri e frettolosi, non vediamo niente, perché non cerchiamo quel buono che c’è (film, documentari, blog…) e perché non abbiamo più immaginazione. Per coltivarla ci servono parole, storie, racconti. Anche immagini che fermino per un istante il volto, gli occhi… il senso di vite che scompaiono.
Quei corpi tra le macerie pesano e non saranno dimenticati. Chi resta a ricordare il massacro? Quando ero ragazzo vidi per la prima volta le immagini di Mussolini che annunciava l’entrata in guerra. “Ma non c’era nessuno che diceva no?” chiesi a mio nonno. “Sì che c’erano… le vedove, le madri… della grande guerra. E gridavano il rifiuto”