Le tombe? Per Foscolo una “pietosa insania”. Ma le stragi, gli eccidi… come ricordarli?

CULTURA

Il Foscolo aveva sostenuto, in una discussione con il Pindemonte, le nuove norme francesi sulle sepolture, con i soliti toni scettici e increduli. Poi ci ripensa. Scrive una lettera all’amico. E nasce un capolavoro.

Nei Sepolcri non ci sono idee nuove, ma il ritmo, l’alternarsi di morte e vita, speranza e oblio… è unico e originale. Quando si muore si estingue l’amore, il tempo, l’amicizia, la bellezza, la cura del mondo… e allora a che serve una tomba “che distingua le mie dalle infinite / ossa che in terra e in mar semina morte?” Ma perché si deve spegnere l’illusione che può trattenerci ancora in vita? Non si sopravvive nel cuore di quelli che abbiamo amato e ci hanno amato? Purché lasciamo in eredità affetti, relazioni, ideali, una vita piena e vissuta… purché ci siano anime capaci di apprezzare e raccogliere quegli affetti e sentimenti… e purché ci siano luoghi che rendano vivo e sereno il ricordo. Il Foscolo critica le sepolture nelle chiese, i cimiteri italiani, lugubri e funerei. Esalta i cimiteri inglesi, dove “le britanne vergini” si recano come in un giardino, per ricordare coloro che non ci sono più e con cui hanno condiviso affetti e amori. “Celeste è questa corrispondenza di amorosi sensi. / Celeste dote è negli umani; e spesso / per lei si vive con l’amico estinto, / e l’estinto con noi…”

Un viale, sulle panchine una giovane coppia, un anziano legge il giornale, una donna passeggia con il carrozzino. Sono a Londra e senza rendermene conto mi trovo in un cimitero, un’area densa e folta di siepi e alberi, con migliaia di tombe. E’ inserito nella città, Abney Park. Attraversato da chi semplicemente vuole accorciare la via, da chi passeggia o fa footing. Un grande parco, dove si svolgono scene di vita quotidiana: un padre dà il biberon al bambino, madri e figli piccoli giocano a nascondino… Ci sono numerosi sentieri, dove mi perdo, volpi che osservano curiose, e soprattutto scoiattoli che saltano tra i piedi e si arrampicano, e pettirossi.

Esiste un’arte della memoria? Può esserci anche un’arte dell’oblio? I monumenti devono aiutare a non dimenticare o ad agire? Come ricordare i naufragi nel Mediterraneo? Come ricordare i bambini di Gaza? Quali le pietre, le lapidi possibili? Come non dimenticare l’Olocausto?

A Milano in piazza Gorla c’è un monumento. Ricorda una strage di bambini del 20 ottobre 1944. Le squadriglie alleate partono dalla piana di Manfredonia per bombardare le fabbriche milanesi… e colpiscono una scuola. Il Monumento: Ecco la guerra è scritto, la morte, con un bambino in braccio, si copre il volto. Sono sepolti insieme 184 bambini e 19 adulti. Un monumento che molti non volevano.

La memoria della strage di Ustica. I resti dell’aereo, abbattuto da un missile “sconosciuto”, sono stati recuperati e trasportati a Bologna da dove era partito. Un rammendo difficile. Il relitto ricomposto e intorno nove casse nere, dentro gli oggetti personali (scarpe, boccagli, vestiti…) delle 81 vittime. Sulla balconata che circonda il velivolo l’artista francese Christian Boltanski ha realizzato una installazione permanente. Le vittime sono ricordate con altrettante luci che dal soffitto scendono, si accendono e si affievoliscono al ritmo di un respiro. Intorno al velivolo 81 specchi neri e dietro altrettanti altoparlanti pronunciano frasi sussurrate, pensieri comuni e semplici… “Al ritorno devo ritirare le analisi” “Giorgio mi deve dare i soldi” “Domani devo alzarmi presto”… Un parlottio che si rincorre. La “memoria” è stata commissionata dall’associazione dei Parenti delle vittime, che in questi anni ha raccolto materiale sulla vicenda giudiziaria, atti della commissione parlamentare, filmati, libri… Il primo dovere dei vivi è che sia fatta giustizia.

Il Foscolo non crede in un mondo privo di guerra e di violenza. Sorriderebbe ascoltando coloro che dicono che la guerra può essere bandita. In noi serpeggia “un innato delirar di battaglie” che spesso riarde e ci porta a ostentare come trofei “l’ossa fraterne… che fra le messi biancheggiano insepolte”. Dopo i Sepolcri scrive “Le Grazie”. Sono divinità concesse da Venere agli uomini per correggere la loro bestialità. Ma gli uomini appena vedono le Grazie tentano di violentarle, ed è Pallade a salvarle e a portarle nell’isola di Atlantide. Lì fa costruire un velo miracoloso per coprirle, così potranno tornare tra i mortali e provare ad avviarli alla civiltà.

Intreccia “rosee le fila” e nel mezzo ardita balli la giovinezza, ai suoi piedi fai crescere fiori, che spireranno odori anche nell’età avanzata. Di lato siano “nivee le fila”, e da un bosco di mirto fai volare “due tortorelle mormorando ai baci“. Aggiungi alloro alle fila e sul lato contrario manda in sogno al guerriero i volti della madre e del padre che piangono per lui… si sveglia e i prigionieri suoi guarda e sospira. Aggiungi oro alle fila e istoriato sia un festante banchetto, per prima siano piene le tazze agli esuli, la gioia sia libera e spontanea e il Silenzio vigili a che le parole non superino la soglia. Intreccia fila cerulee: una donna veglia sul bimbo malato e piange e teme per la sua vita. Il velo è costruito con i sentimenti più sacri: l’odorosa giovinezza, l’amore verecondo, la pietà del guerriero, l’ospitalità generosa, la cura materna. Può bastare, oggi?

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