L’ebraismo non si estingue ad Auschwitz. Si spegne in Palestina, dove la pietà è morta.

CULTURA

Quanto avviene in Palestina non è il “suicidio di Israele”, come scrive Anna Foa. E’ la morte dell’Ebraismo o Giudaismo.

Negli anni sessanta, la guerra del Vietnam coagulò giovani di culture diverse in Europa e Usa: cattolici e laici, comunisti e libertari, figli dei fiori e antimperialisti. Allora quegli stessi che si dichiaravano “comprensivi” verso gli americani erano inorriditi dai bombardamenti al napalm, l’ uccisione nei villaggi di donne e bambini… E le manifestazioni per far cessare i bombardamenti erano imponenti.

Ora per Gaza smarrimento e impotenza. Incredulità per le parole del presidente di Israele, Isaac Herzog: “Non ci sono innocenti a Gaza. E’ l’intera nazione a essere responsabile!” Ai bambini di Gaza è andato il primo pensiero del presidente dell’associazione giapponese “Nihon Hidankyo” (contro la bomba atomica), alla notizia dell’assegnazione del Nobel per la pace. “A Gaza vediamo bambini insanguinati, è come il Giappone 80 anni fa“.

Il 7 Ottobre è stato ricordato il “pogrom” di Hamas. Racconti, immagini, sofferenze… come il primo giorno. Vietata ogni domanda, ogni riflessione. La cosa peggiore che possa capitarci su fatti privati o pubblici è trovarsi davanti a realtà tortuose, complicate, indicibili (come quell’eccidio orrendo) ed essere costretti al silenzio di fronte all’ostinazione di chi vuole ascoltare solo ciò che è accaduto, indispettito per qualsiasi interrogativo sulla tremenda reazione israeliana.

Non dobbiamo chiederci perché è successo, ci si può limitare a dire come è successo, così ha esordito a Milano di fronte alla comunità ebraica, il giornalista Giuliano Ferrara. “Questa follia (di Hamas) reclama da parte di Israele, che difende l’Occidente, un’innocenza che non perdona. Lo dico da cristiano: il perdono segue la giustizia, non la precede né la costruisce. Questa guerra che ha comportato decine di migliaia di civili uccisi nasce da un senso di giustizia: la sopravvivenza di Israele”.

Il problema, dice invece lo scrittore ebreo Nathan Thrall, è l’impunità di Israele a causa dell’enorme senso di colpa in Europa per l’Olocausto. Il sionismo è un progetto coloniale, nel senso di coloni che arrivano nella terra di un altro popolo e che hanno tenuto da allora un atteggiamento di superiorità, con forme di razzismo e disumanizzazione.

Ma come è (o era) la situazione a Gaza? Come funziona il sistema legale in un paese occupato? E’ possibile un sistema di regole che trasformi un’occupazione militare in un governo della legge? Sono le domande che si pone la filosofa Roberta De Monticelli, in un reportage dalla Palestina sulla rivista il Mulino nel 2023.

Nella Bibbia il libro dei giudici presenta personaggi che sono capi spirituali e capi militari. In Israele agiscono oggi moderni giudici – re (sono anche generali), corpo giuridico legislativo dell’esercito, i veri architetti del sistema di legge che è stato sviluppato nei territori occupati. Sono essi che stabiliscono regole quotidiane, infiniti e mutevoli lasciapassare, creano i problemi e li risolvono in modo capzioso. Questi giudici – re di Israele elaborano nuove tavole della legge. “Ordine e giustizia non vanno sempre a braccetto“, dice uno di essi. Ma quale tragedia comporta l’applicazione sistematica della separazione in linea di principio di giustizia (pari dignità) e legalità? Dai verdetti di questi generali, dalla soluzione di dilemmi giuridici dipendono le sorti di centinaia di migliaia, milioni di palestinesi e dei coloni (760.000 fra Cisgiordania e Gerusalemme Est). Gli insediamenti di fatto dei coloni riescono con l’inganno e la complicità dell’esercito, e quando talvolta la Corte Suprema israeliana li condanna, i giuristi militari operano abilmente per aggirare il divieto e riscoprono persino leggi dell’impero ottomano! De Monticelli racconta le proteste non violente, la fiducia delle popolazioni dei villaggi nel ricorso (sempre infruttuoso) all’Aia; ricorda anche il leader non violento Marwan Barghouti (il Mandela dei Palestinesi) in carcere da 22 anni.

Che ne è dell’Ebraismo? Cosa dicono gli ebrei della diaspora? “Negando alla radice l’esilio e la diaspora in nome di uno stato nazionale, il sionismo ha tradito l’essenza stessa del Giudaismo. Una rimozione che ha prodotto un altro esilio, quello dei palestinesi e ha portato lo Stato di Israele a identificarsi con la forma più estrema e spietata dello Stato nazione. Il Giudaismo non era morto ad Auschwitz, conosce oggi la sua fine” (Giorgio Agamben)

Ci sembra incomprensibile che le vittime dei popoli europei, quelli che hanno subito pogrom devastanti possano esercitare violenze sui palestinesi che non avevano mai alzato la mano su di loro! Non serve interrogarsi su torti e ragioni, sionismo e antisemitismo… La terra tragica di Palestina è un nodo inestricabile: storia, diritti, spazi conquistati con la violenza, odi, vendette, eccidi…. Di fronte al baratro, a una strage infinita degli innocenti… Solo un “cessate il fuoco”… E riprendere un percorso che faccia uscire la ragione dall’inferno.

C’è materia di studio e di discussione per la scuola. Sul piano storico e filosofico ed anche nel campo della storia locale. Nel 1453 un editto del viceré Pietro di Toledo agli ebrei: O vi convertite o andate via. A Manfredonia c’era una consistente presenza ebraica. L’anno dopo denunce (fake news) e processi ai “cristiani novelli” e “marrani” (i neoconvertiti): mangiavano “azimelle” e l’offrivano alla Vergine, usura, festeggiavano il sabato, avevano parenti a Salonicco (Grecia)… E così intere famiglie (Cessa, Capuano, Stellatello, Gentile, Greco, Nicastro…) andarono via da Manfredonia. A Salonicco.

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