Giriamo la testa altrove e i genocidi diventano rumore di fondo. Ed Hoss è dentro di noi.

CULTURA

Seppur la pace verrà, il mondo sarà diverso dopo il conflitto in Europa e in Medio Oriente. Nuove tecnologie per nuove armi, uso dell’intelligenza artificiale, tanti paesi capaci di costruire ordigni di distruzione, corsa al riarmo, odi e vendette… Tutto lasciamo in eredità.

L’Europa? E’ nata per evitare altri conflitti devastanti, i totalitarismi… La scoperta del genocidio nel cuore dell’Europa (Auschwitz, Birkenau, Dachau…) ha aggiunto nuovi elementi all’identità europea: difesa diritti umani, necessità della memoria…. Quell’Europa non c’è più, nata per un futuro di pace, è oggi sulla guerra la più “aggressiva” (a parole). Ha archiviato la diplomazia, alimentato l’idea che le guerre siano una lotta tra Bene e Male. Un’idea che fa a pugni con la ricerca di una soluzione.

I due conflitti si contendono le prime pagine. Zelenskij a settembre doveva presentare un piano di pace, che si trasforma in “piano della vittoria”. Nessun pensiero e stima sui morti che ancora ci saranno. Netanyahu intima di liberare 33 ostaggi e nelle stesse ore bombarda e uccide centinaia di palestinesi e ora attacca anche il Libano. La vita vale 1, 10, 100 a seconda della nazionalità, etnia. Quante volte sono stati vendicati gli israeliani trucidati da Hamas?

Il popolo europeo sta a guardare. Si racconta una strana storia sulla rana. Si dice che quando si immerge nell’acqua fredda e poi si fa bollire lentamente, la rana si intorpidisce, si abitua alla temperatura e finisce per morire cotta. La rana siamo noi, e la storiella ci spiega che cambiamenti importanti possono essere facilmente accettati se avvengono gradualmente, a piccoli passi impercettibili.

Stabiliamo allora che cosa è essenziale. Cosa è giusto ricordare. In Palestina i morti sono oltre 40.000. Dati considerati credibili da ONU, Oms, Servizi segreti israeliani. Oltre il 30% dei corpi sono confusi nelle macerie, non identificati. Poi ci sono i feriti e migliaia di mutilati. Le guerre hanno effetti indiretti, carenza di cibo, fame, malattie. Secondo la prestigiosa rivista medica Lancet: “Nei conflitti recenti il numero delle morti indirette è dalle 3 alle 15 volte superiore alle morti dirette“. Potrebbero essere almeno 180.000 i decessi, tra il 7 e il 9% della popolazione della striscia di Gaza (Internazionale).

C’è sofferenza nel mondo ebraico. E’ ingiusto gridare: “Voi ebrei, voi ebrei! Al plurale” – dice la poetessa ebrea Edith Bruck.Noi abbiamo perso identità, storia personale, memoria… Un flagello quotidiano insopportabile…. E’ Netanyahu il cappio al collo di Israele, la frusta che allontana quella terra dalla pace”.

Nathan Thrall, ebreo americano che vive in Israele, ha scritto un libro (Una giornata nella vita di Abed Salama). Indaga su un incidente tra uno scuolabus e un Tir. Muoiono numerosi bambini. Non è una fiction, racconta la vita quotidiana, i muri, i posti di blocco, le strade separate, le carte di identità di diverso colore, leggi discriminatorie… Insomma un sistema di Apartheid e impunità. Di fronte alla violazione dei diritti umani, alle città rase al suolo l’Europa gira la testa dall’altra parte… quanto di peggio si possa fare quando si vuole rivendicare un’autorità etica.

La zona di interesse” vince l’Oscar come miglior film internazionale del 2024. Descrive la tranquilla vita domestica di Rudolf Hoss (con moglie, figli, suocera…), comandante ad Auschwitz, in una signorile residenza con giardino adiacente al lager. I personaggi non sono mostri, sono persone capaci di trasformare il male in rumore di fondo, con cui convivono. Premiato a Cannes, è considerato il migliore film sull’Olocausto, pur senza mostrarci il “genocidio”. Un film che disorienta, inquietante e interrogante: Come devono essere ricordate le atrocità naziste? Dramma solo degli ebrei o qualcosa di più universale? “Mai più” è per tutti o solo per gli ebrei?

Jonathan Glozer, il regista ebreo britannico, alla premiazione degli Oscar del 10 marzo 2024, chiarisce e non lascia dubbi sulla sua intenzione di tracciare una continuità tra il passato mostruoso e il nostro presente mostruoso. Per il regista non è etico usare l’Olocausto come giustificazione o copertura per le atrocità commesse oggi. “Tutte le nostre scelte sono fatte per riflettere e metterci di fronte al presente, non per dire: guardate cos’hanno fatto allora, ma piuttosto guardate cosa facciamo adesso “.

I personaggi vivono i problemi quotidiani e non ignorano che oltre il muro, il giardino è all’opera una macchina di morte. Vivono una vita normale sullo sfondo del genocidio. Il soggetto del film non è l’Olocausto, ma la capacità umana di convivere con le atrocità, la guerra… e stare tranquilli e felici.. Glozer ci invita a guardare l’Hoss dentro di noi. Non si tratta di stabilire confronti. Non esistono genocidi identici. Muri, ghetti, uccisioni di massa, intenti di sterminio, fame, disumanizzazione… ed anche migranti, naufragi… stanno diventando un rumore di fondo.

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