Esami di Stato 2024. Al Sud c’è l’eccellenza. Ma il Sud ai giovani non piace.
Gli Esami di Stato 2024 mostrano al Sud una scuola in piena salute. I risultati sono brillanti e positivi, sopravanzano nettamente il Nord.
La metà degli studenti ha un voto superiore a ottanta su cento, ma nei Licei, in Puglia, questa votazione è raggiunta dal 70% dei candidati. Punteggi da capogiro, un paradosso che dovrebbe essere analizzato con cura. Le eccellenze in Puglia sono il doppio della media nazionale. Gli studenti pugliesi con cento e lode sono il 5,1%, 4 volte di più di Lombardia (1,1), Piemonte(1,5).
Consideriamo 4 regioni meridionali: Campania, Puglia, Calabria, Sicilia. I risultati eccellenti (100 e 100 e lode sommati insieme) sono quasi il 13% in Campania, il 13,6 in Puglia, il 17,8 in Calabria, il 14 in Sicilia. In 4 regioni del Centro Nord la votazione d’eccellenza è ottenuta dal 5,9 in Piemonte, 5,4 in Lombardia, 7,2 in Emilia – Romagna, 7,8 in Toscana.
Regioni che, come altre del Nord, nelle prove Invalsi (Ist. naz. valutazione Istruzione) sono ai primi posti. L’Invalsi misura dal 2007 le competenze in italiano, matematica, inglese. Nel 2024 registra (e conferma) la preoccupante situazione nelle scuole superiori meridionali. Il livello minimo di competenze è nel Sud del 45% in italiano (rispetto al 57% del Centro e del 66% del Nord Italia). In matematica è del 41% (rispetto al 51% del Centro e del 64% del Nord). In inglese raggiunge il 30%, rispetto al 46% del Centro e del 60% del Nord. In molte regioni del Meridione oltre la metà degli studenti non raggiunge la soglia minima.
Qualche “esperto” si è azzardato a dire che le prove Invalsi sono anonime e quindi gli studenti non si sentono sollecitati personalmente, rispetto agli esami di maturità che assumono nel Meridione un rilievo pubblico, “è in campo l’orgoglio personale”. Forse è più corretto dire che è in campo l’onore familiare.
Le prove Invalsi (svolte tra marzo e maggio) hanno coinvolto anche gli alunni della scuola primaria e delle medie. Con risultati più soddisfacenti. Per la scuola primaria complessivamente il livello minimo generale è raggiunto da circa il 70%. Nella scuola media di 1 grado (in italiano, matematica, inglese) siamo oltre il 60%. I risultati più negativi vengono dal Meridione e con i ragazzi provenienti da contesti socio economici sfavorevoli. Diminuisce la capacità della scuola di attenuare le differenze socioculturali, e a volte ci sono differenze notevoli tra scuole della stessa città e, addirittura, tra singole classi dello stesso istituto.
Si può dubitare della portata scientifica dell’Invalsi (un Istituto pubblico), ma ci sono molti elementi per avviare una discussione a vari livelli, specie nelle scuole superiori. Gli esami di Stato sono stati sempre motivo di confronto quando si rientrava a settembre. C’erano conferme e sorprese… Si era curiosi di conoscere il parere della Commissione esaminatrice esterna sulla preparazione degli studenti. Confronto che continuava, dopo il primo o il secondo anno di Università. Alcuni studenti raccontavano le esperienze positive e negative… Avevano talvolta difficoltà gli alunni “cosiddetti bravi” e con risultati eccellenti. Mentre altri, della fascia media e alta, mostravano maggiore capacità di adattamento… E i docenti si interrogavano.
Sono stato più volte commissario agli esami di Stato in regioni del Centro (Toscana, Umbria…). La preparazione scolastica non presentava evidenti disparità. La differenza veniva fatta dalla città, dal territorio, nel senso che lì (Arezzo, Foligno…), l’offerta esterna era più vasta e qualificata. Se qui la maggioranza degli studenti desidera andare via, lì invece no. Molto forte il legame con il territorio. C’è (o c’era, mi riferisco a venti – trenta anni fa) una sensibile partecipazione, una cura dei propri luoghi, un orgoglio di appartenenza. Non voglio tirar fuori la storia delle due Italie. Si può, però, riscontrare (basta scorrere giornali o Internet) come nel Centro Nord ci siano una miriade di iniziative (anche nei piccoli centri spesso consorziati) di scienza, economia, filosofia, letteratura, teatro… con un coinvolgimento ampio delle comunità.
Nel mese di febbraio di quest’anno, Tommaso Rinaldi (consulente finanziario), in un corso di educazione finanziaria nelle quarte classi del Liceo scientifico, chiese se vi fossero studenti desiderosi di andare via da Manfredonia al termine degli studi. Il professionista restò “letteralmente basito, dalla quasi totalità delle mani alzate“. Un articolo su “Stato quotidiano”, sembrò far nascere un dibattitto. Intervenne il giornalista Apollonio… Macché! Un dibattito presuppone analisi, idee, proposte. E la risposta non è semplice. Né deriva solo dal lavoro che non c’è. Al quarto anno i ragazzi non ci pensano nemmeno. Che cosa li spinge a desiderare di andare via? Un tema che dovrebbe entrare nell’agenda politica e culturale. La risposta non può essere fornita solo dalla scuola. Che fine hanno fatto il laboratorio culturale giovanile (LUC), La Casa dei diritti…? Con un ascolto attento dei ragazzi, forse scopriremmo che qui non stanno bene. La città piace agli anziani, il clima è mite, escono, passeggiano, assistono allo svolgersi della vita urbana… Una vita da spettatori. Che ai ragazzi non piace.