Il cielo scompare sopra le nostre città. Restiamo senza visioni, privi di mistero e di infinito.

CULTURA

Oltre mille giovani ammassati in poche decine di metri quadri di “spiaggia libera” a Manfredonia. Una gran folla (e molti costretti ad andare via) per osservare il cielo.

Non si vede più dalle nostre città, per la luminosità, l’inquinamento, la foschia. Guardare il manto stellare, la notte, soli o con amici (una esperienza semplice e carica di domande ed emozioni fino a qualche decennio fa) non è più possibile, occorre spostarsi in spazi vuoti, all’interno del Tavoliere o verso il monte Gargano e la valle di Carbonara. Nelle città solo visioni frammentate ci ricordano che esiste un universo sconfinato. Un’educazione alla profondità, verticalità è impedita, e i ragazzi si muovono a livello orizzontale; il loro punto di vista si sviluppa senza “cielo“.

Una presenza che dai primordi sovrastava tutti gli esseri viventi, condizionava istinti e abitudini, spingeva l’homo sapiens a guardare intimorito in alto. Tutti i popoli antichi (mesopotamici, precolombiani…) parlano del cielo. Per i Greci dal Caos primigenio è nato Cosmos, e lì hanno proiettato miti e storie, un immenso affresco dove trovano posto eroi e mostri, giovani vite portate via dalla morte, offese dalla violenza… erano collocate da mano divina nei cieli e trasformate in astri. Raccontano le loro storie, e anche paure, speranze, sogni… degli antichi e di noi.

All’Hospice di Monte s. Angelo le singole stanze dei malati terminali hanno nomi di stelle e costellazioni: Cigno, Orsa minore, Andromeda, Perseo, Idra, Sirio, Orione. In Cigno si trasformò Zeus per possedere Leda di cui si era invaghito; Andromeda ebbe la temerità di competere con Era (Giunone) e le sue Nereidi in bellezza. Fu punita e incatenata a uno scoglio e liberata di Perseo. Pallade la trasformò in costellazione. La ninfa Callisto fu sedotta da Zeus, la moglie Era per gelosia trasformò lei e il figlio in orsi. Zeus collocò in cielo i due animali che divennero Orsa maggiore e Orsa minore.

Un mondo che affascinava e spaventava. Nella grotta di Lascaux quasi 17.000 anni fa è raffigurato per la prima volta il cielo, si distingue la costellazione delle Pleiadi. Così la chiamarono i Greci millenni dopo e narra la storia di 7 sorelle bellissime che danzavano per i campi; il cacciatore Orione voleva “prenderle”, ma furono portate in cielo prima di essere afferrate. E Orione? Ucciso da Artemide o da uno scorpione per punirlo dell’intenzione di distruggere tutti gli animali della terra. Anche lui trovò il suo posto nel cielo, lontano dalle Pleiadi.

Le costellazioni influivano dal cielo. I segni dello Zodiaco, le Pleiadi, Orsa maggiore e minore… erano interpretate, guidavano i naviganti, entravano nella vita quotidiana. Esiodo, collocato dai Greci accanto a Omero, ci racconta il lavoro e la vita quotidiana: “Quando sorgono le Pleiadi… incomincia la mietitura; l’aratura , invece al loro tramonto. Queste sono nascoste  per quaranta giorni e per altrettante notti” (“Le opere e i giorni”).

Costellazioni e miti li troviamo anche nel Medioevo cristiano. Dante ne fa un costante uso. Ma con il Cristianesimo cambia il cielo, che perde profondità e infinito e diventa un manto  protettivo, il cielo delle stelle fisse, un universo chiuso dove la terra e l’uomo, sono posti al centro dell’Universo. Dal cielo delle stelle fisse Dante vede la terra (“l’aiuola che ci fa tanto feroci”), ed è un punto luminoso e piccolissimo. Ma Dio è una presenza sicura e certa.

E poi, cosa accadde quando quel manto protettivo si squarcia e donne e uomini perdono certezze e sicurezze? Era una notte di gennaio del 1610 quando Galilei puntò un nuovo strumento (il cannocchiale, un giocattolo per noi) verso Giove e vide che c’erano dei corpi, satelliti, ne individua 4 e ad essi si diedero in seguito i nomi delle amanti di Giove: Io, Europa, Ganimede, Callisto.

Si apre il Cosmo e si scopre l’infinito, “interminati spazi… sovrumani silenzi, profondissima quiete”. Leopardi all’inizio dell’Ottocento prova a descrivere l’infinito dello spazio e del tempo, il nostro sistema solare sperduto nell’universo, la terra un minuscolo granello insignificante… Si rende conto, però, che la “Rivoluzione copernicana” non spinge gli uomini a ripensare il loro modo di essere al mondo, anzi essi pensano e agiscono sempre in termini di dominio e potere. Scrive “la ginestra” nel 1836, sulle pendici del Vesuvio, segnate dalla lava. “Secolo superbo e sciocco” definisce l’Ottocento, ma ha fiducia che il nuovo secolo avrebbe rimesso le cose a posto: una “social catena”, una nuova cultura fondata sul comune destino, e poi giustizia, dialogo, onestà… Sappiamo purtroppo come è stato il Novecento e come vanno le cose nel nuovo millennio. “Non so se il riso o la pietà prevale”, direbbe ancora oggi nei confronti dei reggitori delle sorti del pianeta.

Due cose riempiono lo spirito d’ammirazione e venerazione… Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”, dice Kant, due principi scritti sulla sua tomba e che ogni studente di filosofia ricorda.

E’ importante fare esperienza del cielo stellato. Andavano (e vanno) bene i campi scuola in foresta delle parrocchie e degli scaut, il gruppo astrofili (partner a Manfredonia del Luc), le notturne letture per i bambini…

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