Patria, italianità… avanza la cultura di destra. Ma gli “apocrifi” sono di destra o di sinistra?
L’elettorato della Meloni è cresciuto velocemente, in un Paese che invecchia, tra paure e preoccupazioni del futuro.
Il governo avverte il bisogno di costruire un solido recinto culturale, e mostra di avere fretta. Se, contrariamente alle dichiarazione del passato, in politica estera ed economica ci si è adeguati alla tradizione della destra europea, con punte di intransigenza atlantista che sono apprezzate da Usa ed élite occidentali, è negli affari interni (giustizia, diritti, politiche educative e culturali), che sta cercando di lasciare il segno.
Le dinamiche culturali non sono cambiate rispetto ai governi precedenti. Lo Stato deve affrontare, con mezzi limitati, la gestione di un immenso patrimonio culturale, risorsa di base per il turismo (57 milioni di visitatori nel 2023). I direttori di musei, istituzioni e fondazioni, centrali e periferiche, sono un piccolo esercito e le nomine una grossa occasione per affrontare il tarlo che tormenta il ministro Gennaro Sangiuliano: l’egemonia culturale della sinistra. Le nomine alla Rai non vanno bene. La vicenda dello scrittore Antonio Scurati (censurato il monologo sul 25 aprile), quella di Rai News, il cui direttore (Paolo Petrecca) viene condannato per comportamenti antisindacali… Le molte nomine amiche, di parenti… non rendono un buon servizio al Paese; persone che vogliono comandare, avere spazi sui giornali…
L’egemonia culturale, ammesso che oggi sia possibile, occorre costruirla, con idee e capacità. Il Paese è pronto ad accogliere proposte intelligenti da ovunque provengano. Giampietro Buttafuoco (ex MSI), da pochi mesi presidente della Biennale di Venezia. Da presidente conferma Alberto Barbera al festival del cinema, per la sezione architettura nomina Carlo Ratti, docente al MIT e al Politecnico di Milano, uno dei pensatori più interessanti sulla città del futuro. Alla sezione teatro, per il biennio 2025 – 2027, Buttafuoco sceglie il regista, scrittore, attore Willen Dafoe, interprete del film Oscar “Povere creature” di quest’anno. Una nomina sorprendente, segnale forte di innovazione e sperimentazione.
Il ministro Sangiuliano ha promosso la mostra su Tolkien (dicembre 2023), la cui opera “Il Signore degli anelli”, fin dagli anni settanta penetra nella cultura italiana, con un’anomalia: amata da movimento hippie, snobbata dalla sinistra. I campi Hobbit nacquero (1977) come laboratori del pensiero alternativo di destra, in un momento in cui tritolo e piombo laceravano la vita sociale e politica. C’è poi Atreiu, il ragazzo generoso della Storia Infinita (Michael Ende) che combatte contro il Nulla, il nemico che sta distruggendo il regno di Fantàsia. Si ripete il medesimo copione. Accostato a Tolkien, si parla di “effetto placebo”, “svago ricreativo”, nonostante le proteste di Ende: “Non dico di rifugiarsi nei sogni, ma di affrontare la realtà con fantasia e immaginazione”.
L’egemonia culturale della sinistra, per Sangiuliano, ha alla base “un atteggiamento radical chic tendente a trasformare la cultura in un affare per pochi”. Eppure, da un bel po’ è in atto una “rivoluzione”, che guarda “al patrimonio culturale con gli occhi dei cittadini, dei visitatori e non solo con quelli dei funzionari, dei soprintendenti…”. I musei devono tutelare e conservare ed essere “amichevoli”, favorire la partecipazione e la comunicazione. Sangiuliano spinge le istituzioni culturali a misurarsi su tematiche care al governo. Il Maxxi di Roma, museo d’arte contemporanea, apre ad artisti africani… Raccomanda l’italianità, che è “quella particolare condizione propria del nostro popolo, grazie alla quale, la consuetudine con il bello porta alla quasi innata propensione per il ben fatto”. Il ministro non nasconde le ambizioni, considera come suo punto di riferimento Giuseppe Prezzolini: “il progressista è l’uomo del domani, il conservatore è la persona del dopodomani”. Mentre la sinistra ironizza sulle sue gaffe, scrittori e intellettuali italiani coltivano il proprio orticello. I libri presentati in giro raccontano perlopiù vicende intime o si rifugiano nel poliziesco.
Le linee culturali della destra si riverberano nel Paese? E nei territori quali possono essere le politiche culturali? Qualche anno fa si è sviluppato a Manfredonia un movimento di associazioni e parrocchie, con uno slogan: “Restituire alla città”. Il riferimento era al Luc e al teatro Dalla (quasi fossero beni usurpati!). Mentre la gestione della “Bottega degli apocrifi”, con una programmazione teatrale vivace e coraggiosa, trovava apprezzamento nella cittadinanza e consenso nel Teatro Pubblico Pugliese e alla Regione, non così il Luc (Bollenti Spiriti), che con il sindaco Rotice venne “restituito alla città” (fabbrica del Carnevale), nel silenzio generale. All’ultimo bando pubblico del Luc partecipò stranamente solo una cooperativa di S. Severo, senza partenariato cittadino. All’epoca circolavano promesse politiche di affidamento diretto, si alimentava insofferenza nei confronti dei bandi pubblici, fastidio per il coinvolgimento del privato sociale e non… La sbandierata legalità deve esprimersi proprio con i bandi pubblici, che, se ben fatti (partner veri, coprogettazione, vigilanza e controllo dell’Ente appaltante…), costituiscono l’unica via per assicurare pubblicità e trasparenza. Questo vale anche per “La casa dei diritti”, il camper “Solidarietà in movimento”, altri centri sociali e pubblici, e pure per Villa Rosa.