“Giù le mani!” E’ diventato un brand… Forse solo un sindaco – dio ci può salvare.
L’indagine della Guardia di Finanza a Manfredonia corre e si rincorre. “Giù le mani”, da cosa? Forse dalla città, dai beni comuni, forse dal Comune, ridotto a luogo di paura, sospetti, lotte interne, minacce… Come appare da intercettazioni penose e miserevoli.
“Giù le mani dai sindaci” è l’associazione sorta a Manfredonia per mano dell’ex sindaco Riccardi. “Giù le mani da Bari” per manifestare irritazione e sorpresa di fronte all’ingresso della commissione d’indagine nel capoluogo regionale. Certo sarebbe il colmo per un sindaco da anni sotto scorta, nonché presidente dell’Anci! Si è parlato di “tentativo scellerato, dichiarazione di guerra, congiura politica…” Toni eccessivi, e molti improvvisamente scoprono che qualcosa non funziona nello scioglimento per mafia.
Non è un provvedimento sanzionatorio ma preventivo. Però, ha riconosciuto la Cassazione, ormai le misure preventive hanno assunto una preoccupante natura “oggettivamente sanzionatoria”.
L’ispezione antimafia funziona come avamposto di controllo sociale contro presunti colpevoli, non parla con nessuno, non si confronta. Raccoglie tutto, particolari insignificanti e cose importanti, indizi… tratteggia biografie in cui i “colpevoli” non si riconoscono. Un’indagine senza contraddittorio. Se una gara di appalto è rinviata o la relativa commissione è modificata… non c’è nessuna richiesta di chiarimento, si registra la sospetta anomalia, come indizio… Dello scioglimento i sindaci sono avvertiti per telefono, sms, da qualche notiziario…
Non ne conoscono i motivi. Per saperli occorre fare ricorso al Tar e al Consiglio di Stato. Ma il respingimento è del 99%. Le situazioni, pur non traducibili in addebiti personali, rendono, “nel loro insieme, plausibile, in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata, e ciò anche quando gli indizi raccolti sono insufficienti per l’avvio dell’azione penale e per l’adozione di misure individuali…”. Questa la risposta del Consiglio di Stato ai ricorsi degli amministratori di Monte S. Angelo.
Senza contraddittorio, né prima, né durante, né dopo. Un sindaco può uscire di scena senza sapere nulla. La cosiddetta tecno-struttura e l’autonomia dirigenziale non sono chiamate in causa, e quando avviene la responsabilità è dei politici che non hanno vigilato. Insomma emerge l’immagine di un sindaco onnisciente e onnipresente.
E’ difficile affrontare serenamente una discussione sul contrasto alla mafia. Si è estesa troppo schematicamente all’antimafia la normativa antiterrorismo, che prevedeva il concorso esterno in associazione terroristica: nell’inchiesta “7 aprile” del 1979 sono coinvolte migliaia di persone, spesso per un presunto sostegno morale, indizi… Molti furono scagionati. Si rendeva certamente necessario adattare il diritto alla sfida lanciata da chi non merita lo stato di cittadino, perché stravolge totalmente le regole della polis, per cui occorreva prosciugare il mare per impedire ai pesci (terroristi) di muoversi. La certezza del diritto comunque restava. Nel 1976 a Torino il processo alle Br, trasformato dai brigatisti in guerriglia, fu rinviato più volte, per l’impossibilità di formare la giuria popolare. Una umiliazione per lo Stato che durò due anni (omicidi di giurati, scarcerazioni per decorrenza dei termini…). Si resistette alla tentazione di leggi speciali: nel 1978 il processo fu celebrato e in due mesi arrivò la sentenza.
Il generale dalla Chiesa, vincitore del terrorismo, nominato prefetto a Palermo, è ucciso dalla mafia dopo 100 giorni. La mafia non è un nemico diretto, è tentacolare, muta, si adegua, si alimenta nel clientelismo, nella corruzione… Serve sparare nel mucchio o piuttosto contrastarla con interventi selettivi mirati, scioglimento di singoli settori o assessorati?
Dopo lo scioglimento del Comune, arrivano i commissari straordinari con un compito arduo. Sistemare le cose e far vedere come si governa, curare conti e macchina amministrativa, disarmare le “lobby”, ripulire le incrostazioni… Seguendo il metodo scientifico di Francesco Bacone, diciamo che la pars destruens (critica degli errori) va bene e qualche immobile abusivo lo hanno abbattuto, manca totalmente la pars construens (stimolare l’agire politico, ridare fiducia, curare la coesione sociale). E non potrebbe essere diversamente. Amministrare con trasparenza e legalità non è sufficiente, senza partecipazione e vigilanza dei cittadini.
Manfredonia presenta un quadro politico ed economico gravato da debiti, dove la “mala gestio” (conti in disordine, omissioni, mancati controlli…), è stata tra le cause di scioglimento. E poi la città presenta aspetti che la rendono un caso unico a livello nazionale.
Elezioni 2005: Campo vince col 76%, affluenza del 77%; elezione 2010: Riccardi vince col 72%, affluenza 76%; elezioni 2015: Riccardi vince col 58%, affluenza 67%. Nel 2014 primarie con circa 15.000 votanti, ed appare evidente la presenza di notabili (non mafiosi) con pacchetti di voti. Come si fa ad amministrare? Senza ipotesi di ricambio o alternanza, senza opposizione o meglio con tante opposizioni interne… I sindaci in continua ricerca di bilanciamenti, necessità di accontentare, cooptazioni… Aumenta il consenso e si svuota la democrazia!
La democrazia non consiste solo nelle elezioni per misurare i rapporti di forza. Democrazia è conflitto, ed è ascolto, dialogo, colloquio (Bobbio). Democrazia è accettare un potere superiore al voto e agli stessi elettori, costituito da norme e orientamenti etici e giuridici che indirizzano l’azione politica e di governo. E’ un metodo, ed alla base una cultura che è equilibrio intellettuale, riflessione critica, che spinge la comunità a trovare soluzioni, contrastare la tendenza a ripiegarsi su se stessa. E’ l’indifferenza, la nemica più pericolosa della democrazia.
Giù le mani. Se si provasse a rovesciare lo slogan? Prendere per mano… la città, le persone, le solitudini… Trasformare il Comune da luogo degli orrori in luogo di lavoro “bello”, con persone che operano per il benessere della comunità.