Storie delle violenze. I numeri. Le testimonianze. E poi? Catullo può dirci qualcosa in più.
In tutte le manifestazioni sulla violenza contro le donne la conclusione è sempre uguale: l’urgenza della prevenzione, dell’educazione al rispetto, alla parità… E l’attenzione si rivolge alla scuola.
In ogni incontro o dibattito un rilievo particolare hanno le forze dell’ordine, le operatrici dei centri antiviolenza… Leggo che, in questi giorni, a S. Giovanni Rotondo, una parrocchia organizza un convegno sul disagio giovanile: tutti i relatori sono criminologi! Un paio di anni fa, in un incontro sul bullismo a Manfredonia, i relatori erano tutti avvocati! C’è qualcosa che non va.
Qualche tempo fa si diceva che la scuola doveva essere un’azienda. Non so cosa sia rimasto di quel progetto. La scuola ha comunque una organizzazione rigida, le sue regole, ma resta una comunità di socializzazione, di apprendimento, di buone pratiche, dove contano i momenti e spazi informali: ingresso, uscite, ricreazione, mensa.. Momenti nei quali si manifestano liberamente rapporti spontanei, sentimenti ed emozioni. Un tempo bidelle e bidelli erano importanti. Parlando con ex alunni si ricordano più dei bidelli che dei docenti. Erano loro che chiudevano spesso un occhio per piccole magagne. E le bidelle? Fornivano anche assorbenti alle ragazze! Conoscevano gli alunni meglio degli insegnanti.
Come impostare un’educazione all’affettività? Se il moderatore o conduttore prova ad approfondire emergono le divisioni, le polemiche, i contrasti… Introdurre a scuola nuove figure professionali? Preparare video, opuscoli, film?
Ricordo una ricerca negli anni ottanta: due classi a Roma (biennio delle superiori). In una si svolge un programma ispirato alle cose del mondo: Nord – Sud, Uomo – donna, Pace – guerra, Ambiente … Nell’altra il programma tradizionale: poesia, narrativa, epica… con i soliti temi: l’amore, il dolore, il tempo… Le conclusioni della ricerca (Cnr) presenta risultati divergenti: gli allievi della prima classe conoscono le questioni sociali, sono critici sul mondo esterno, intervengono in assemblee e incontri pubblici. E’ la scuola modellata sull’attualità. E i secondi? Sensibili alle emozioni, ai sentimenti, portati alla riflessione personale. La ricerca si fermava qui.
I programmi di letteratura sono naturalmente “educativi”, creano un percorso di formazione sentimentale. Le poesie, l’epica, il romanzo pongono davanti a ragazze e ragazzi situazioni, scelte, personaggi… che non sono freddi e lontani, entrano nella vita. Poi è subentrata la critica del testo (o piuttosto la parodia), per cui le storie, i personaggi sono scomparsi, Per avere un’idea consultate i libri di narrativa. A ogni capitolo esercizi, che bloccano il piacere di leggere. Gli studenti devono analizzare questioni che nulla c’entrano con le emozioni, i sentimenti personali provocati dalla lettura. E per fare quegli esercizi noiosi non si legge il libro, non si dà spazio a quello che pensa e sente l’adolescente. Anche agli esami di maturità il tema di letteratura si riduce a stabilire sequenze, analizzare corrispondenze dei verbi, figure retoriche e metriche, uso degli aggettivi…
C’è un materiale immenso (pensiamo ai miti, alla tragedia antica), un mondo saccheggiato da scrittori, psicologi e psicanalisti quando devono parlare di sentimenti, ansie, violenze, paure del mondo odierno. E non potrebbero costituire un percorso di educazione all’amore? Certamente, se gli insegnanti smettessero gli abiti di “docenti” asettici, di “tecnici” di singole discipline e assumessero quello di educatori o meglio di persone sensibili e coinvolte negli argomenti che insegnano!
Ho tra le mani un libricino appena uscito: Dammi mille baci. Poesie di Catullo a cura di Nicola Gardini (scrittore, latinista, docente a Oxford). Catullo tra gli autori antichi è quello più vicino a noi, ci rivela i suoi sentimenti, non si vergogna a dirci quanto è innamorato, quanto è folle di desiderio e gelosia per Lesbia. Ne parla continuamente ai suoi amici. Per lui l’amore è un sistema di buoni rapporti, ispirato allo scambio, al contraccambio, alla reciproca gratitudine, un “patto sacro” che vive sempre con coerenza, dignità, sincerità. Lesbia, però, è inaffidabile, gli promette un amore eterno e felice, ma ciò che dice, “occorre scriverlo nel vento e nell’acqua che scorre“. Lesbia lo tradisce e la gelosia divora Catullo. “Odi et amo – Ti odio e ti amo”, scrive, ed egli stesso non sa spiegare come sia possibile. Poi Lesbia ritorna, pentita e inaspettata, e lui continua a crederci. Catullo si muove su due piani: quello psicologico dei sentimenti emotivi che cambiano, e quello etico dei principi, inalterabili. “Un patto eterno di sacra amicizia” (aeternum foedus… sanctae amicitiae). Sì, perché per lui l’amore è sentimento, sesso, amicizia (parola che unisce i sensi e l’affetto). Poi non ce la fa più. Implora gli dei non perché Lesbia possa amarlo o che sia fedele (pudica). Chiede agli dei di strappargli questo male: “sradicatemi dall’animo il male che m’annienta” (eripite hanc pestem).
Catullo ci insegna che l’amore è civiltà, costruisce un vero e proprio “codice del cuore”. Si può educare all’affettività, alla cura delle emozioni. Pensiamo al valore delle fiabe per i bambini; quelle di un tempo (orchi e matrigne…) furono criticate e sostituite, eppure educavano. Si può educare a conoscere i sentimenti profondi, ma devono essere ragazze e ragazzi a parlare, a tirar fuori il magma che hanno dentro, esprimersi. Con la parola, il disegno, la scrittura (temi, cineforum, canzoni…). Solo così si può sperare che mettano a fuoco ansie, paure, pregiudizi. L’affettività non si insegna da una cattedra.