Manfredonia e la mafia. Grande corteo. La piazza strapiena… Tutto bene, quindi? E ora?
C’è stata una grande partecipazione di ragazze e ragazzi. Pochi slogan, il corteo pieno di cartelli e striscioni. Semplici e vivaci. Una bella e calda coralità.
Il successo è dovuto soprattutto al lavoro svolto nelle scuole. La piazza si riempiva man mano di tanti gruppi guidati dalle insegnanti. Gli interventi finali sul palco non sono stati ascoltati perché, in qualsiasi punto della piazza, si sentiva poco e male. Le parole di don Ciotti erano attese, avrebbero dovuto tracciare il percorso futuro, offrire spunti di riflessione…. Don Ciotti ha presentato un vocabolario civile: partecipazione, indifferenza, omissioni, miopia, politica, democrazia, responsabilità… termini da accogliere o rifiutare, che si arricchiscono di senso dal modo come vengono pronunciati, comunicati, intrecciati… specie davanti a un uditorio “difficile” di ragazzi e adolescenti. Parole che non ci aiutano a sconfiggere la mafia, né a capirla, ma che servono nella quotidianità a rendere meno arido lo spazio sociale e politico. Su tutte le altre, la parola responsabilità. In un’epoca di parole irresponsabili, gettate al vento per ignoranza, volgarità, calcolo demagogico, praticare la responsabilità della parola significa puntellare una diga di civiltà e rispetto, ostacolare la diffusione di una peste che avvelena il linguaggio, in televisione, nella politica, nella società. A livello locale e nazionale
“Liberiamo Manfredonia dalla mafia… La lotta alla mafia è soprattutto una lotta culturale”. Non so cosa significano queste espressioni. La mafia non si vede, non appare… Vuol dire che non c’è? O noi non siamo allenati a scorgerla? Forse è negli interstizi, nelle zone grigie, in comportamenti vischiosi e che appaiono premurosi. Sicuramente c’è un clima che la favorisce, ed è quando manca il dialogo, la critica, l’ironia, la generosità. E dominante e ingombrante diviene il calcolo, la grettezza, la miopia.
E’ una peculiarità dell’arte, della letteratura abituarci a coltivare uno sguardo estraneo, a farci vedere lontano, oltre le apparenze. A livello letterario gli effetti dello “straniamento” vengono soprattutto da Tolstoi. Nel racconto Kholstomer gli eventi sono narrati da un cavallo e le cose sono comunicate come sono percepite dall’animale. Nella letteratura del Settecento il “selvaggio”, le native americane che raggiungevano come colf l’Europa, persino il contadino hanno fornito un punto di vista diverso per guardare usanze e convenzioni. I soggetti che apparentemente capiscono meno, e non inseriti negli schemi sociali propri di ogni comunità, vedono contraddizioni che altri non notano. Attuano uno sconvolgimento della percezione abituale della realtà e sottolineano aspetti inconsueti, assurdi. I bambini, i poeti, i folli hanno uno sguardo ingenuo, pieno di meraviglia, che ci può stupire e sorprendere.
La cosa più interessante è stato vedere insegnanti che sono rimaste fino alla fine con i loro ragazzi, che chiedevano, si arrabbiavano perché non “capivano” don Ciotti che si appassionava sul palco a spiegare e a comunicare. “E’ stato faticoso, – raccontava un’insegnante – ma è stato bello il lavoro per prepararci a questa giornata. I ragazzi hanno discusso molto. Noi vediamo i dibattiti politici degli adulti, quelli in consiglio comunale, le liti, le offese… Vi assicuro che sugli stessi temi il dibattito in classe è più ordinato, anche più informato… Sto parlando della scuola primaria. E’ così perché è presente l’insegnante?”
Qualcuno ha parlato di un parziale fallimento: “Hanno partecipato gli alunni, e gli adulti? Sono essi quelli che contano, votano e possono cambiare le cose“. Se invece la novità fosse proprio la presenza dei ragazzi? Diversi anni fa, agli albori della raccolta differenziata, un responsabile dell’Ase mi sorprese perché poneva grande premura nell’andare nelle scuole elementari. “Se riusciamo a sensibilizzare i bambini… noi avremo delle sentinelle in ogni casa che ricordano ogni giorno cosa fare… e non si stancano… Devi sapere che un direttore didattico mi disse di essere meno insistente con gli alunni… qualche genitore si era lamentato che a casa i figli “rompevano” continuamente con la differenziata”.
Nella decadenza politica locale, nello scioglimento per mafia, quanta responsabilità ce l’abbiamo noi elettori? Non ci aspettiamo nulla dalle elezioni. Una stanca routine. La democrazia sta finendo, perché svuotata. Circola il sentimento che il sistema democratico non sia in grado di affrontare i cambiamenti del XXI secolo. Si continua a votare per tutto e per niente. E poi le scelte fondamentali sono decise da pochi, da lobbie, dalle élite.
Abbiamo bisogno di uno sguardo estraneo, distaccato, critico. Guardavo la piazza e mi chiedevo perché questi ragazzi non debbano votare. Mi sono ricordato di quello che ha detto David Runciman. “Quando si tratta di democrazia, bambine e bambini non contano. Ma perché? Le argomentazioni contro l’estensione del diritto di voto ai più piccoli partono sempre dall’idea di competenza”. Se fosse questa la motivazione quante persone supererebbero un presunto esame di competenza? Runciman, uno dei maggiori studiosi della crisi della democrazia, dice che il voto spetta a tutti perché fanno parte di una comunità sociale e politica, e solo il voto concesso a tutti, fin dall’inizio della scolarità, potrebbe rivitalizzare la democrazia.