Foggia finalmente al voto. E la mafia? Per ora parliamo della coltre di nebbia che ci avvolge.

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La provincia di Foggia ha perso 100.000 abitanti in 20 anni. Nel Covid  i dati di contagi e morti sono il doppio delle altre province del Sud. Una provincia antica (chiamata Daunia o Capitanata), invecchiata e senza giovani.

Capitanata triste, felix, malarica, California del Sud, Codogno del Sud… ora mafiosa. Sono venuto a Foggia un paio di volte nell’ultima settimana, per curiosità, per capire il dopo mafia e come muta la politica. E poi sono interessato, frequento librerie, cinema, qualche attività culturale, uffici provinciali… Lo scioglimento per mafia di Foggia (il secondo capoluogo nella storia italiana) ha fatto notizia più altrove, che a Foggia. A me è dispiaciuto più che per Manfredonia. Lo scioglimento per mafia e le gestioni commissariali non sempre creano un effetto rigenerante. Nei piccoli comuni garganici il “dopo” appare positivo e il dibattito pubblico ha dato dei frutti. Nei grossi centri, in assenza di partiti e altro, il rinnovamento è complesso, difficile. A Manfredonia si è ancora in mezzo al guado.

Una lettura veloce ai programmi: laboratori, scuola dei mestieri, matrioske, bilancio partecipato, sindaco della notte, condomini solidali, eventi e turismo, leadership, new deal… C’è però una strana indifferenza. Ricordate il pianista di qualche vecchio film western? Suona e intorno il saloon va a rotoli… e continua a suonare. Qui nel saloon non si fa a pugni, ci sono tanti tavoli, molti giocatori, danno le carte, bevono, parlano, si osservano, le mani sotto il tavolo… Non ci sono appelli antimafia per fortuna. Ma nemmeno si dice come fare per rompere questa cappa, come amministrare in un contesto mafioso.

Ho visitato qualche sede elettorale. Solo tagliandi coi nomi dei candidati. Non un foglio di programma, uno slogan alle pareti. Ho ascoltato qualcuno (librai, esercenti…) e non se ne ricava niente. Qualcosa si sente, seduti in un bar, se si ha tempo. “Bisogna smetterla con la mafia… stronzate”. Solo una battuta. Negazionisti non ce ne sono. Ci sono i riduzionisti e i pervasivi. Per i primi: Racket, estorsione, droga… “esistono e ci pensasse lo Stato” . Per i secondi, invece, alla base vi sono corruzione, favoritismi, regole non uguali per tutti. “Ma le due aree sono davvero distinte?” “Facciamo fatica, infatti, a distinguere i comportamenti scorretti, immorali e i reati“. “Ma intendiamoci! Qui è stato sciolto un comune e non una città”.

Nemmeno l’apparato burocratico è stato coinvolto. Forse nemmeno ci sono clientelismi o corruzione. Qui, come altrove, emergono meccanismi, che tendono a non creare responsabilità. La “competizione” tra livello politico e tecnico spesso produce un’opacità dei centri decisionali, uno stile politico – amministrativo fatto di silenzi, omissioni… Nel governo di una città fondamentali sono i controlli, la vigilanza… Se poi l’opposizione non è tale, le commissioni (consiliari e no) costituiscono un peso, l’informazione è carente… “Spesso tra il palazzo e la piazza c’è una nebbia sì spessa, un muro sì grosso...”(Guicciardini).

Si vota in una città in sofferenza. Invecchiamento evidente, visibile la carenza dei giovani (e la comunità perde vivacità, ironia, impertinenza…), le famiglie anziane con figli “fuori” sono tante… Uno sfilacciamento dei legami familiari, condominiali, sociali… Il Covid ha rimarcato fortemente questa tendenza. Di fronte alle incertezze e difficoltà quotidiane, non si sa a chi rivolgersi. Si ha la sensazione che si deve chiedere favori, protezioni… Voto clientelare? Voto di scambio? Non credo. Non si sa però quali sono i diritti. Quale il ruolo di tanti soggetti (Forze dell’ordine, servizi…).

Si vota a Foggia “capoluogo”. Qui è concentrato tutto: Istituzioni culturali, economiche, biblioteca, musei, conservatorio, università, consorzi, sanità, banche, enti territoriali dello Stato… Organismi che hanno valenza provinciale, appartengono all’intera Capitanata. Eppure dovunque ti muovi (Ospedale, Tribunale, motorizzazione civile, uffici vari…) si registra una cappa pesante, incrostazioni strette, amicali, se non clientelari. Il dialetto foggiano è prevalente!

Il tessuto urbanistico è decente, pista ciclabile, piccole zone verdi diffuse… ma la partecipazione è altra cosa. Non si parla di periferie, e nemmeno delle campagne (assediate dalla criminalità). Non di Pnrr (Foggia è beneficiaria per i borghi “fascisti”, cosi dice il progetto del politecnico di Bari). Le élites foggiane in anni recenti hanno partorito due sole idee, promotrici di sviluppo: il secondo casello autostradale (inattuato) e il Gino Lisa! Di quest’ultimo occorre verificarne ancora la sostenibilità.

Ho molto rispetto dei candidati (sindaci e consiglieri, che ci mettono idee, progetti…). Quello che è mancato in questi anni è la società (civile) foggiana. Non un unico blocco corazzato, ma i singoli soggetti che dovrebbero essere portatori di competenze, pensieri, interessi… E’ lecito chiedersi in questo momento, perché “disertano” il dibattito pubblico? Quello gratuito, non venato da opportunismi e viltà.

C’è una spessa nebbia intorno. Come diradarla? Come creare fiducia? Ed è questo il compito fondamentale, oggi, di “sindaco e consiglieri”. Essere educatori al bene comune. Riaffermare una cultura politica, che difenda e curi i beni pubblici usurpati dalle furberie di pochi. Intorno ad essi ruotano le relazioni che portano allo scioglimento per mafia. Intorno ai beni pubblici e/o collettivi (materiali e relazionali) è possibile ricostruire un nuovo patto di cittadinanza e ridare senso alla democrazia, che vive nella luce, nelle voci, nella chiacchiera… Ma davvero siamo convinti che nelle case di riposo (e in altre strutture sociali), la vigilanza deve essere affidata alle videocamere? E non a forme di partecipazione dei familiari, delle persone ospitate, delle associazioni?

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