Il libro è un oggetto di cui prendersi cura? Serve davvero leggere? E quali sono i vantaggi?

CULTURA

Nessuno, in aeroporto, stazione, treno, sale d’attesa… nessuno con un libro, una rivista. Sulla spiaggia, in pizzeria, al bar, su una panchina… tutti con i cellulari. Si parla dei ragazzi, nati social e socialdipendenti, ma essi a modo loro “resistono”, quelli più “rovinati” sono gli adulti.

Maryanne Wolfe è una delle più importanti neuropsichiatre cognitiviste, ha studiato negli ultimi dieci anni “il cervello che legge”. Noi non siamo nati per leggere. L’alfabetizzazione è una delle maggiori conquiste dell’homo sapiens. “L’atto di imparare a leggere ha aggiunto un circuito interamente nuovo al repertorio del nostro cervello ominide”. Un lungo processo che ha cambiato in profondità le connessioni cerebrali. “Ciò che leggiamo, come leggiamo e perché leggiamo cambia il modo in cui pensiamo”.

Leggere e scrivere sono attività molto più complesse di quello che pensiamo. Con la lettura di una poesia si attiva “una rete di connessioni che si vede solo in chi dirige un concerto”. Quando leggiamo (non solo narrativa ma anche saggistica), in solitudine, attraverso gli occhi, non ci limitiamo a “udire”: percepiamo emozioni, impressioni, immagini, visioni, idee… E ora? L’immersione quotidiana in un ambiente segnato da esperienze digitali possono impedire la formazione di processi cognitivi, “quali il pensiero critico, la riflessione personale, l’immaginazione, l’empatia, che fanno tutti parte della lettura profonda?”

Ci si preoccupa che le machine imitino il cervello, e non del fatto che il cervello si stia plasmando sulle macchine. Siamo colpiti da un’enorme quantità di input che ci portano a sviluppare solo il pensiero binario, quello primitivo, tipico dei computer: si – no. La complessità è insopportabile. Da qualche anno, poi, tutto si misura sulla velocità. La scuola propone quiz a risposta multipla ed esclude il pensiero lento, elaborato. Osservatori attenti del mondo digitale non nascondono che la dimensione meditativa sia seriamente minacciata. I ragazzi hanno sempre meno curiosità, che non è il semplice perché, perché… E’ il piacere di conoscere, l’entusiasmo e la fatica di scoprire.

Il nostro cervello è malleabile, ed è influenzato dai mezzi di comunicazione cui siamo esposti. Quando leggiamo velocemente e frettolosamente tendiamo a conservare solo ciò che ci conferma nelle nostre idee. Non ci apriamo, alla vita, al prossimo, ad altre idee. Quando leggiamo ci distraiamo, saltiamo da un paragrafo a un altro. A livello psicologico le conseguenze sono preoccupanti. Abituati ai quiz ( vero o falso) non ci rendiamo conto che nella vita, nella politica non c’è un vero e un falso, il torto e la ragione (rigidamente separati), ma due ragioni, che si confrontano.

Gli adulti? I genitori? Sono stati “folgorati dal cellulare” (Paolo Crepet). Permette di muoversi e “chattare” in gruppi esclusivi, celare segreti… Non sanno più cosa sia il confronto, la mediazione, nella coppia, in famiglia, nell’amicizia, nel lavoro, insofferenti di quel patteggiare continuo con i figli sugli orari, gli amici che frequentano… Che ne è del rapporto tra docenti, alunni, genitori attraverso le chat e i registri elettronici? Non si riesce ad uscire dal binomio si – no. permissivo – repressivo. “Perché no? Che male c’è?” Su tutto aleggia una sorta di impotenza a pensare, a praticare un’operosità intelligente, a trovare altre vie. Anche a livello sociale e politico. E non è questo che alimenta l’aggressività?

Pessimismo? Forse. L’ottimismo spesso è solo pigrizia, il non voler far nulla (Gramsci). Le biblioteche non sono una specie in estinzione. Sono cambiate, ma non hanno perso la loro missione: luogo di confronto, dove si conserva il sapere per successive rielaborazioni. Restano certamente un’oasi di tranquillità. Le biblioteche universitarie sono ancora oggi il posto privilegiato per studiare. La Cina ha le biblioteche più grandi e maestose, immense e funzionali. Cina e India costruiscono le biblioteche del futuro, sulla base dell’esperienza europea e i progettisti sono europei. A Londra nella municipalità di Hackney ci sono 8 biblioteche grandi come “La magna Capitana” di Foggia, vivaci, piene di ragazzi e persone immigrate. Qualcosa di simile pure a Bologna, Brescia… Anche nella casa dei diritti di Siponto c’era una biblioteca interculturale!

A Manfredonia si aprono piccole biblioteche nell’ospedale, alla clinica S. Michele. E nel Centro sociale anziani? E nelle parrocchie? Le proposte per adolescenti sono varie e ricche (libri illustrati, graphic novel, fumetti…). Perché non spostare il settore ragazzi della biblioteca comunale al Luc (laboratorio culturale) o al Centro polivalente per minori? Le scuole riaprono e le biblioteche restano chiuse. E’ proprio della scuola inventarsi azioni concrete che smuovano la realtà. C’è la lettura ad alta voce, la lettura di gruppo… Intanto in Svezia quest’anno i bambini hanno trovato sul banco non tablet e dispositivi digitali, come negli anni passati, ma quaderni, penne, libri di carta. C’è un calo nell’apprendimento e si prova a riportare nella scuola tempi di lettura più lenti, con la scrittura a mano e ricerche fatte sui libri.

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