Manzoni, a 150 anni dalla morte. Poco amato, eppure ci dice come siamo davvero.
Ingombranti sono le memorie scolastiche. E’ poco amato, anche per la lettura obbligatoria a scuola dei Promessi Sposi. Andrebbe riletto, come la Storia della colonna infame, l’appendice “necessaria” al romanzo nella revisione ultima del 1840.
Andrebbero rivalutate le biografie, le storie e le vicende degli autori. Pietro Citati, uno dei grandi scrittori del ‘900, ha narrato con sensibilità e discrezione tante “vite”, e il suo “ritratto” del Manzoni è una lettura sorprendente.
Manzoni vive con la madre a Parigi dal 1805 al 1810 e lì si converte. Lui, nipote di Cesare Beccaria e figlio di Giovanni Verri (i capisaldi dell’illuminismo lombardo), nel 1810 diviene cristiano. La fede in un’epoca di precarietà, nella crisi dell’illuminismo e della Rivoluzione è un porto sicuro. Per lui non è così. La fede non lo rasserena, amplifica le nevrosi e gli eccessi dell’emotività, ma non capovolge le sue convinzioni. Con la conversione la triade (libertà, uguaglianza, fraternità) è “battezzata”. L’impegno letterario acquista maggiore responsabilità nel combattere l’erudizione accademica, l’ipocrisia religiosa, l’intolleranza, l’arroganza, la viltà… Una conversione esemplare in un Paese come l’Italia dove sono frequenti le “conversioni”, seguite da pentimenti e demolizioni dell’uomo antico.
Torna da Parigi a Milano, con una nuova idea di letteratura, la necessità di una rivoluzione etica, civile, politica. A Parigi ha visto il popolo parigino leggere, applaudire in teatro Moliere. In Italia si scrive per pochi, ed è enorme la distanza tra lingua parlata e lingua scritta.
Scrive su temi nuovi. Poesie religiose, dove si alternano toni edificanti e spirito evangelico. Due tragedie sul potere e la violenza per affermare che la libertà mai è esportata gratuitamente, la salvezza deve scaturire dal popolo. Poesie civili e patriottiche con una risonanza popolare notevole. Il coro dell’Adelchi (Dagli atrii muscosi...) ha un respiro collettivo, popolare e civile che anticipa il flusso musicale dei due grandi cori verdiani: Va’, pensiero…; O Signor che da tetto natio.. Ma è insoddisfatto, il pubblico nuovo non c’è. Non scriverà più versi se non nel 1833, alla morte della moglie. “Sì che Tu sei terribile” Lacrime, preghiere… e Tu colpisci dove vuoi. Pochi versi e una parola disperata: Onnipotente!
Pensa a una nuova tragedia, Spartaco, sulla legittimità della rivolta contro la schiavitù. Poi la svolta: il romanzo storico e popolare; una novità in Italia. Nella vicenda di due contadini, “gente perduta… gente di nessuno” (don Rodrigo), la storia dell’Italia asservita. Paternalismo? Ma sono messe a nudo le strutture di potere presenti in tutte le istituzioni (famiglia compresa). Rassegnazione? Ma è smontato l’atroce meccanismo che produce la monaca di Monza. “Se venisse letto attentamente dovrebbe essere bandito da tutte le nostre scuole”.
A Milano il romanzo esce a fascicoli e le “sartine” fanno la colletta per comprare le puntate successive. E’ il pubblico nuovo che cerca. La madre dei fratelli Cervi (sette, tutti uccisi dai fascisti), lo legge ai figli. Nelle carceri, al confino, è compagno di veglie e pensieri. Nel 1943 Pietro Pancrazi scrive a Piero Calamandrei: “Sono contento che rileggi “I Promessi Sposi”. Non c’è nessun libro che possa far compagnia e dare via a tante riflessioni…”. Calamandrei, in Parlamento, conversando sulla Costituzione, nei tribunali, difendendo Danilo Dolci… parla del fascismo (o della mafia) attraverso i personaggi del Manzoni: don Rodrigo, Azzeccagarbugli, don Abbondio, don Ferrante…
La scrittura è semplice, calma e vivace, capace di scorrere dall’ironia alla severità, dalla cupezza alla soavità… ma è troppo chiedere di rileggere I Promessi Sposi, un “classico”, un libro lungo, impegnativo. La “Storia della Colonna infame“, invece, si può leggere. Racconta il processo spietato a due untori della peste. “Storia secca di delitti, torture, eccidi”. Nel 1630 erano tempi bui, carenti le conoscenze scientifiche… dicono gli illuministi. Il Manzoni cristiano e illuminista ribadisce sempre la responsabilità personale, contesta la ricerca del consenso, la viltà, le passioni perverse dei giudici. Soffocano il buon senso per paura del senso comune.
Un processo che presenta impressionanti analogie con questi tempi. “L’incubo di una calamità comune: ed ecco conformismo, servile acquiescenza all’ipse dixit, sospetto… spirito del linciaggio” (Buzzati). Quando si scorge l’alibi di un interesse collettivo o una motivazione morale… ecco le guerre umanitarie, voglia d’esportare diritti umani e democrazia, senza pensare alle vittime innocenti. Ricorrono 20 anni dell’invasione in Iraq. Le armi di distruzione di massa inesistenti, centinaia di migliaia di morti… I paesi “volenterosi” e partecipanti: creduloni o consapevoli? Stupidi o malvagi?
Escono vari libri nella ricorrenza dei 150 anni. Per l’editore Morlacchi (collana “Testi e studi di letteratura italiana), è uscito “Pandemia e peste… a cura di Pasquale Guerra (docente a Perugia), con ricerche, testimonianze di magistrati, politici, docenti. Lì c’è anche un mio saggio: lettura del Manzoni lungo un quarantennio di storia italiana.