I “piccoli uomini” umiliati e offesi. La storia di Pinneberg e Lammchen.

SOCIALE

Dopo la seconda guerra mondiale in Germania la domanda era: “Come è potuto accadere?” Parliamo del Nazismo, dell’Olocausto…

Una domanda posta in molti libri, film, teatro… Il “gruppo 47” era un centro di elaborazione culturale itinerante, con letture pubbliche di opere di giovani scrittori. Le ragioni occorre cercarle in molti libri usciti nel primo dopoguerra e durante la repubblica di Weimar, quando si affaccia una nuova letteratura, che esprime l’esigenza di parlare della realtà. Stile sobrio, gusto del reportage, attenzione alla quotidianità della gente semplice.

“E adesso pover’uomo? di Hans Fallada. Esce con successo in Germania nel 1932. La storia di due giovani innamorati e felici. Un romanzo sentimentale sullo sfondo storico della forte sofferenza sociale, che precede l’avvento di Hitler (1933).

Pinneberg, giovane dipendente di un’azienda di prodotti agricoli, si sposa con Lammchen e insieme si trasferiscono a Berlino; lui è  commesso nei Grandi Magazzini. Dal senso di sicurezza iniziale scivola nel pantano della crisi economica, nella rete perversa di invidia, gelosia, competizione con i colleghi… intorno a lui vari personaggi: aspiranti nazisti, socialdemocratici impauriti, approfittatori e padroni disonesti, opportunisti. Una famigliola (nel frattempo nasce un bambino) come tante, sole, fragili, nella Berlino degli anni Trenta. Lammchen, di famiglia proletaria, non si arrende mai. E’ incredibile la sua forza per affrontare la povertà, la mancanza di prospettive e di futuro. Avverte l’ostilità del mondo, ma non si incattivisce, anzi avverte più il senso della lealtà, onestà, unità della famiglia. E quando Pinneberg perde il lavoro ed è prostrato e umiliato, è lei che lo incoraggia, non a opporsi o resistere, ma a “stringersi insieme”. Di fronte alla presa confusa di coscienza del marito è lei che lo porta verso un crudo realismo e a non illudersi.

“Ora me ne sono reso conto. Sono dei porci, buoni solo a mentire e a cambiare le carte in tavola…” – Pinneberg non va oltre e si chiude nel silenzio. “E che vuoi fare?” –domanda Lammchen. “Scriverò un’altra volta all’ispettorato… che è ora di finirla! Che devono trattarci correttamente, che siamo degli esseri umani”. “Pensi che servirà a qualcosa?” – domanda Lammchen, e mentre dà la poppata al bambino aggiunge: “Me l’ha insegnato mio padre. Uno da solo non può far nulla, a loro non fa altro che piacere, vederlo dare in escandescenze. Ci si divertono”.

Intanto perde la competizione feroce nei Grandi Magazzini, ed è licenziato. Lammchen accetta lavori a domicilio, la famiglia scende in basso, va ad abitare nella periferia, tra quelli che vivono di assistenza. Pinneberg nel centro di Berlino viene maltrattato da un poliziotto mentre guarda le vetrine. Rientra a notte fonda. Turbato, confuso. “Ah Lammchen, cosa mi hanno fatto… la polizia… mi hanno buttato giù dal marciapiede, mi hanno cacciato via… Come posso guardare ancora in faccia qualcuno?” “Ma a me puoi guardarmi in faccia? Sempre! Sempre! Perché tu sei con me, perché noi due insieme…” I due entrano in casa, dove il figlioletto dorme. Così si conclude il romanzo. Un finale ambiguo. Fallada non riesce a dare risposte se non quella apolitica: rifugiarsi nel privato.

In una pagina del lungo romanzo è riportato il bilancio mensile della famiglia Pinneberg. E’ precisato tutto. Anche due marchi al mese per i fiori. Un bilancio irrealistico, però, soffocante. Pinneberg è un tedesco medio incappato nella pesante disoccupazione in Germania, prima dell’avvento di Hitler. Ma non è che da gente come questa, modesta, paziente, onesta che siano venuti fuori i nazisti? Lo scoramento di Pinneberg e lo “strano” coraggio di Lammchen (più da sudditi passivi che da cittadini) portano a cattivi pensieri, e forse alcuni mesi dopo il “pover’uomo Pinneberg” (in tedesco Kleiner Mann – Piccolo uomo) avrebbe indossato una uniforme e Lammchen sarebbe stata premiata per i molti figli dati al Reich!

Se allora in Germania ci fosse stata una società, capace di gestire i conflitti, in cui i diritti fossero stati rappresentati da forze sociali e sindacali… Se fosse prevalso che dai tempi bui si può uscire dal basso, con la politica… Se la borghesia non fosse stata un’accozzaglia di affaristi, se meno forti le disuguaglianze…  E oggi? Quali i sentimenti degli umiliati e offesi?

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