Le periferie? Luoghi di disagio e malessere, brutte e tristi… Ma non è proprio così.
Si può parlare di periferie? O non semplicemente di quartieri con più o meno opportunità?
I luoghi dove si trascorre l’infanzia e l’adolescenza possono offrire maggiori o minori occasioni di crescita. Possono aprire alla vita, alla curiosità, oppure intristire, spegnere energie, illanguidire. Sono comunque luoghi complessi, problematici, diversi tra loro, che si trasformano e che possono rivelare sorprese.
Manfredonia. Quartiere di Monticchio: un abitare stretto, dà l’idea della densità. Costruito negli anni dell’immigrazione da Monte S. Angelo, di cui ha conservato molti “riti”. Trovi piccoli negozi ed esercizi commerciali, abitazioni a piano terra… Però è difficile parcheggiare, il vicinato c’è e può essere fastidioso… Si desidera evadere. Nel nuovo quartiere dei “Comparti” trovi strade larghe, spazi enormi, case grandi e con giardini, però quegli anziani che si sono trasferiti da Monticchio avvertono la solitudine. Non sentono voci intorno e i bambini giocano dentro il recinto delle ville.
Il percorso dall’infanzia all’adolescenza è segnato da incertezze e difficoltà, si assumono nuove identità, regole, vincoli, desideri di autonomia. Il mondo esterno, quello che si trova quando si esce di casa, il quartiere… conta. Ti dà un modo di guardare il mondo, una base, una solidità, da cui partire, che potrai mettere in discussione, ma che in parte ti rimarrà dentro. Mi riferisco ai quei rapporti informali, quotidiani, fatti di parole e gesti, di premura e rifiuto, rispetto e indifferenza. A Monticchio ci sono le persone e c’è la strada. Nei Comparti (quasi ovunque nelle periferie) c’è il silenzio.
Siamo orgogliosi dei Centri storici: ma li abbiamo ereditati (e spesso rovinati). Le periferie ci appartengono in tutti i sensi, sono i luoghi dove risiede la maggioranza della popolazione e che dobbiamo lasciare alle nuove generazioni. Sono questi i luoghi da curare.
Cosa vuol dire rigenerare le periferie? Si parla oggi (Renzo Piano) di ricucire, rammendare, aggiustare… Il decoro urbano è un’arte difficile, ma non si tratta di aggiungere qualità estetiche, interventi costosi… con modelli o schemi presi altrove. Si tratta di avviare processi graduali di partecipazione, appartenenza, orgoglio persino.
E’ immediato, normale mettere in relazione i luoghi periferici con il disagio sociale. Anzi si sovrappongono. E si parla di baby gang, bullismo, gruppi adolescenziali turbolenti, luoghi dello spaccio. Certo le baby gang da quello che sappiamo, dalle notizie anche a livello locale, preoccupano, spiazzano perché compiono atti gratuiti, di sfascio e danneggiamenti. “Oggi è così… e domani?” E si pensa a futuri delinquenti. Parlare di baby gang è improprio. Non sono bambini e non sono gang… Segni di fragilità, gruppi che poi non hanno continuità. Come i singoli adolescenti: oggi urtano deliberatamente un disabile e domani ne prendono le difese.
A Manfredonia, qualche anno fa nacque un comitato di residenti nel Centro storico, incontrò amministratori, forze dell’ordine, promosse una petizione inviata in prefettura. Parlavano di gang, gruppi di giovani che si ubriacavano, davano fastidio, sporcavano, atti di violenza… Dicevano che erano collegati al Luc (laboratorio urbano culturale musicale), che non rispettava orari e il divieto di vendere alcolici. Vi erano delle esagerazioni, ma ciò che in loro suscitava scandalo era il fatto che certe cose accadevano nel Centro storico! “Il salotto della città”.
Ridare senso all’abitare, da luogo che ci protegge e dove “si sta” in luogo dove si vive. E dove vivono soprattutto i cittadini più fragili (anziani, bambini… ). Che cosa chiedono? Come esprimono il loro “diritto alla città”, a non essere “periferizzati”? La cura dello spazio intorno, la breve passeggiata, il vicinato, i piccoli luoghi semplici, una panchina, un po’ di verde… Ricucitura: un rapporto pragmatico pubblico – privato, basso (residenti) e alto (Comune). La ricucitura non è un evento da inaugurare, e non è forse appetibile politicamente. E’ un processo lungo, che riguarda tutta la città, lo spazio pubblico, che vive nella cura e manutenzione ed è in continua trasformazione. Mentre pubblico questo post mi scrive un’amica su una periferia raccontata da Rai-1. Idroscalo di Ostia: “periferia, ignorata dallo Stato e con vita, perfino ordinata e solidale, e regole proprie”.