Il tradimento delle élite. Hanno pensato solo agli affari propri! E abbiamo perso vent’anni.

SOCIALE

A Glasgow le cose non sono andate bene. Troppi interessi contrastanti non hanno trovato mediazioni accettabili: paesi ricchi contro paesi poveri, disuguaglianze e povertà nello stesso Occidente…

E’ difficile per tutti rinunciare a qualcosa e le élite non si privano dei propri privilegi; c’è sfiducia per i ritardi con cui si affrontano le questioni, ed anche per la lentezza della democrazia. Possono i politici che vivono “pochi minuti” e hanno l’occhio rivolto al consenso salvare il pianeta?

Eppure c’è stato un momento in cui nasceva un “incantesimo”. A fine del secolo scorso sorgeva dal basso un movimento imponente. Qui, su giornali locali (I protagonisti, Corriere del golfo…) uscivano articoli dal titolo “Scenari amministrativi pensando a Seattle”, “Una rete lillipuziana per imbrigliare il gigante”…. Al G8 di Genova c’erano comunità di base, centri sociali, esperienze di economia civile… Nessuna fuga dalla realtà. Contava il “che fare“, qui ed ora. Si collegavano problemi diversi: cambiamento climatico, deforestazione, ineguaglianze, condono del debito ai paesi poveri, ipergarantiti e non garantiti, il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa…

Un grande movimento popolare, un laboratorio mondiale di idee e azioni. Fragile, certamente. Ma vi era uno sforzo per tenere insieme anime diverse. Alcuni presunti leader fecero il proprio gioco, la stampa alimentò i protagonismi, diede voce alle manifestazioni estreme, non distinse le cose essenziali dal folklore… Le élite e coloro che governavano l’economia e il sistema finanziario non si rendevano conto dei problemi che nascevano. Le élite, anche le nuove élite creative, stavano con il “gigante”. Pensavano che la liberalizzazione dei capitali fossero la priorità.

La repressione fu dura, ancor oggi inspiegabile, dimostra quanto è fragile la democrazia quando il potere politico e l’apparato mediatico considerano un movimento come nemico e decidono di soffocarlo. La polizia colpendo tutti faceva capire che tutti erano violenti. Si bloccava un movimento, non per quanto accaduto a Genova, ma per quello che stava maturando in tante città del mondo. Valga per tutte Porto Alegre, cittadina brasiliana dove fin dal 1989 si sperimentavano nuove forme di coinvolgimento sociale, con proposte interessanti nel governo locale (bilancio partecipato). In quegli anni ci furono dottorati di ricerca, diffusione di esperienze positive… all’insegna della sostenibilità e di un’economia capace di futuro. Insomma la più importante critica alla globalizzazione neoliberista. Tutto finì a Genova, anche se alcuni sostengono che i semi di allora ora danno i frutti.

Il G8 di Genova segnò la rottura tra vita politica e impegno sociale. Alcuni gruppi scomparvero, altri (specie cattolici) continuarono nell’impegno delle missioni in Africa, India, Bangladesh… a Manfredonia: Comune, parrocchie, scuole… costruirono una scuola nel Ciad.

E la sinistra? In quel periodo accettava la sfida di misurarsi con il neoliberismo. Il cambiamento climatico è uno dei grandi fallimenti del mercato. Per affrontarlo oggi ci vogliono politiche pubbliche. Un cittadino posto davanti alle scelte di una lampadina normale e una a risparmio energetico fa i suoi calcoli. E’ la politica che deve fissare una data e calmierare i prezzi. In Francia, il presidente Macron ha aumentato il gasolio di 6,5 centesimi a litro, e la benzina di 2,9 centesimi. Una inezia E si è visto come è andata a finire. Troppe scelte in questi anni sono state fatte in funzione del mercato. Ora è chiaro che le scelte future devono essere sostenibili a livello ambientale, economico ed anche sociale.

Oggi gli atteggiamenti sono mutati di fronte all’aggravarsi della situazione ambientale, ed il privato, il capitalismo, il mercato scoprono anche nuovi interessi. La tecnologia, la ricerca, l’innovazione giocano un ruolo importante. A Glasgow si discuteva sui tempi per i combustibili fossili, ma si temeva la rivolta dei gilet gialli. Resta la diffidenza verso le élite. Si fanno grandi discorsi sulle diseguaglianze accresciute, ma nessuno propone di diminuire redditi enormi e ingiustificati. Questa pandemia rischia di aumentare il divario, e, come in una guerra, ci sono quelli che vivono bene e possono sostenere i costi della transizione… ma senza il superamento delle disuguaglianze l’obiettivo di salvare il pianeta è più difficile.

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