La storia di Manfredonia somiglia a quella del “tragico ventennio”. E’ la tesi del PD.
Si guarda al passato e si vede una “melassa” scura e acida da cui prendere le distanze. E per ripartire (dopo pandemia, commissariamento per mafia, conti pubblici dissestati) si cercano nuove vie… Niente immagini del passato.
Manca il simbolo del PD. “Per scongiurare il rischio che errori commessi da alcuni siano scaricati sul nuovo gruppo dirigente ed evitare che la campagna elettorale sia rivolta all’indietro… Non offrire alibi a chiunque voglia impedire il confronto sui problemi… Un nuovo simbolo civico, quindi, testimonianza della conclusione di una fase politica, di una rinnovata relazione con la città…. I nostri interlocutori? I movimenti all’opposizione, insieme a organizzazioni civiche”. Queste le parole del PD.
Quando nasce questo periodo nero? Per alcuni inizia dal Contratto d’area, altri dallo scoppio dell’Enichem, ma i più si riferiscono all’ultimo “ventennio”. Campo Sindaco nel 2005 vinse con il 73%, Riccardi cinque anni dopo con il 72%, e sfiora il 60% nel 2015. Caso unico in Italia e vittorie tutte al primo turno. Un tragico ventennio in cui l’elettorato o era stupido, credulone… o complice, mafioso.
Invece… c’era un vasto movimento sociale e culturale. Una città che si è fidata… un accordo che ha portato a realizzazioni importanti, di coesione e rigenerazione sociale e urbana. Non dovuto all’opera della sola amministrazione comunale, ma merito collettivo della città che ha condiviso finalità, obiettivi, azioni. Opere pubbliche, e non solo.
Il Comune è passato dal ruolo di erogatore di contributi e organizzatore di iniziative a coordinatore di risorse ed energie del territorio, attivatore di soggetti, gruppi e singoli cittadini, che si prendevano cura della città e si lasciavano contagiare dalla vitalità creativa della comunità (teatro, laboratori culturali, servizi all’infanzia, attivismo degli anziani, partecipazione di scuole, parrocchie, centri sociali, associazioni…). La varietà dei soggetti garantivano diversità e qualità, nella convinzione che l’accessibilità ai servizi sociali e culturali era importante per lo sviluppo. Di Manfredonia se ne parlava fuori. Si ammirava lo slancio, lo stile di vita… Un racconto costruito con abilità, ma vero.
C’erano cose che non andavano, accordi macchinosi per tenere insieme tutti, promesse e clientele… Pensate che non fossero conosciute? Però c’era un progetto! Poi uno smottamento lento e inarrestabile. La spartizione si spostò nei servizi e nelle strutture, tante le voglie, le liste civiche non si accontentavano… Il gruppo dirigente piccolo e impaurito restrinse orizzonti politici e cognitivi e pensò solo ai propri destini… Il feeling si allentò e spezzò, ma questo non significa che non ci sia stato! C’è un elemento marginale, una piccola cosa, divenuta tratto distintivo di arroganza e stupidità. La pista ciclabile. Se ne parla ancora in modo beffardo e ridicolo E si sa che per gli uomini, e ancor più i politici, è meglio essere malvagi che oggetto di riso.
Il crollo del 2018. “Cosa è successo?” Ci si chiedeva. E’ successo che una gran parte di quel voto, elargito con tanta generosità, era di persone che sognavano di vivere in una città dinamica, generosa, gioiosa… persone che si sono sentite tradite. E sono quelle più arrabbiate. E quel voto è stato perso per sempre. E dopo? Invece di chiedere perdono e avviare un patto di riconciliazione con la città… il silenzio, la chiusura della sede PD. E ora, invece di fare i conti con la propria storia, si elimina il simbolo. E pensare che uno dei segni importanti di resistenza e lotta, durante il fascismo, era una bandiera. Quella sdrucita e consunta della lega dei “cavamonti”. Conservata con cura, nascosta, custodita.
Manfredonia, una “città incomprensibile”? Offre sostegno incondizionato e poi lo toglie? Alterna entusiasmo e passività? Dal 2007 al 2009 l’Università di Foggia ha condotto uno studio antropologico sull’identità socioculturale di Manfredonia. I ricercatori formulano definizioni interessanti: città cerniera, di terra e di mare, città – ponte… C’è una “densa imprevedibilità dell’agire manfredoniano, accogliente e cooperante ma allo stesso abile a ritirarsi, staccarsi”. Il campo sociale è segnato dall’appartenenza e dall’apertura. Un’appartenenza dinamica, creativa…. Si fidano i Manfredoniani, ci credono… ma non sopportano inganni e arroganza. Pochi hanno letto quel libro, adottato all’Università di Foggia.