Iliade e Olimpiadi. Ettore ed Achille. Un lungo racconto presente anche nelle Stele Daunie.
Iniziano a Olimpia nel 776 a. C. La fine nel 313 quando l’imperatore cristiano Teodosio le abolì insieme ad altre feste pagane. Si tenevano ogni quattro anni.
Gli scavi archeologici hanno messo in luce a Olimpia un luogo usato per scopi di culto, riti di passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza, celebrati con gare atletiche, come accadeva per il culto dei morti.
Frequentai le scuole elementari in campagna, le medie nei Salesiani a Loreto. Dal 1958 al 1960. Anni in cui scoprii il calcio (mondiali del ’58), il ciclismo… Tre anni che si chiusero con le Olimpiadi di Roma. La televisione diffondeva immagini e racconti. In quegli anni l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide erano i testi fondamentali, letture che accompagnavano verso l’adolescenza. Eroi verso i quali c’era lo stesso tifo, la stessa partecipazione che per lo sport.
Due eserciti a Troia, ma la guerra si frammentava in tanti duelli, e tutto sembrava volgersi e preparare lo scontro finale, tra Ettore e Achille, il protetto degli dei. Tremendo nelle sue nuove armi, fabbricate dal dio Efesto. Tutti scapparono dentro le mura. Ettore solo restò fuori. Non ascoltò le implorazioni del padre Priamo e della madre Ecuba. Noi ragazzi eravamo per gran parte dalla parte di Ettore.
All’avvicinarsi dell’eroe greco, il troiano venne preso da una improvvisa paura e si diede alla fuga. “Volano i due campioni, l’un fuggendo, l’altro inseguendo”. Tre volte fecero il giro della città. La corsa con le armi e il lancio del giavellotto erano gare importanti dei giochi di Olimpia.
Poi Ettore si fermò. Ogni volta che rileggo quelle pagine penso sempre che qualcosa di diverso possa accadere. Propose un patto: chi vince restituirà il corpo, e io “lo renderò intatto ai tuoi”. Ma Achille, ritornato a combattere per vendicare l’amico Patroclo, ucciso da Ettore: “Non parlarmi di accordi, nessun patto… “. E scagliò la sua lancia che Ettore schivò, e, a sua volta, tirò la sua, colpì il centro dello scudo e rimbalzò. Ettore era stato persuaso da Minerva, apparsa sotto le forme del fratello Deifobo, ad affrontare Achille. Si girò per chiedere un’altra lancia. Ma il fratello non c’era. Scoprì l’inganno. Era solo. Dall’Olimpo e dall’alto delle mura dei e uomini guardavano il duello. Ettore tirò fuori la spada, ma Achille vide uno spiraglio tra il collo e la spalla e lì lo colpì con la lancia. Legò il corpo al carro e lo trascinò per il campo e intorno alle mura.
I giochi in onore di Patroclo occupano un intero libro. Prima gara: corsa dei carri. Eumelo in testa, seguiva Diomede, che lo avrebbe facilmente superato, se Apollo non gli avesse fatto cadere la “frusta lucente”. Ma la dea Atena aiutò il suo protetto e ruppe il giogo che legava i cavalli al carro di Eumelo. Diomede primo, Menelao secondo, insidiato da Antiloco che tentava di sorpassarlo in uno spazio ristretto. Tifo acceso e grandi uomini ed eroi che si insultavano a vicenda. Contestazioni e minacce anche a fine gara. Intervenne Achille. Alle scorrettezze e alla sfortuna vi era al termine il tentativo di risistemare le cose: senso di giustizia, diplomazia, equilibrio di ceti e stirpi. Era difficile l’uguaglianza e poi… la presenza degli dei, agenti provocatori, infantili e vendicativi. Seguì il pugilato. Si fece avanti Epeo: “Al mio rivale spezzerò il corpo e le ossa…” E così fu per il povero Eurialo. La gara della lotta ebbe contendenti due grandi eroi: Aiace Telamonio, il più forte dei greci e Odisseo il più astuto, che riuscì a colpire l’avversario alle ginocchia “di retro dove si piega”. Achille giudicò pari la sfida. Nella corsa Aiace Oileo era in testa. Odisseo, secondo, invocò la “sua” Atena. Nei pressi del traguardo c’era il sangue dei buoi sacrificati e lì che la dea fece scivolare Aiace: “ho perso perché Atena aiuta sempre Odisseo”. Seguirono il lancio del disco, l’arco e il giavellotto, che non ebbe luogo perché tutti riconobbero la superiorità di Agamennone.
Né la morte di Ettore, né i giochi per Patroclo… alleviano il dolore di Achille. E’ solo e piange, quando giunge Priamo alla sua tenda, per richiederne il corpo. Avviene un prodigio: un’onda di infinita reciproca compassione avvolge quei due infelici… E’ la scena che conclude l’opera. A questa vicenda si collegano molte Stele daunie, ritrovate in questo territorio, che raccontano il ciclo troiano e il riscatto del corpo di Ettore. I Dauni (Traci, Troiani) vennero qui e portarono le loro tradizioni, i miti, la loro storia.