Per lo sviluppo del Sud. Il primo urgente impegno: fermare l’esodo dei giovani.
Che accadrà al Mezzogiorno con una compagine di governo tutta nordista? Questa la domanda circolante nel Sud.
E se accadesse il contrario? Se proprio questo governo mettesse in moto un percorso virtuoso, invertisse la rotta, rompesse logiche assistenziali e clientelari? Questa pandemia in Italia ha creato maggiori disuguaglianze; nel Sud c’è una situazione ancora da decifrare. I bonus “indiscriminati” e la maggiore incidenza di pensionati e impiegati fissi ha amplificato la forbice tra fasce di grave povertà e coloro che grosso modo stanno bene e hanno alimentato un enorme deposito bancario.
Nel Sud è difficile misurare la povertà. Alcuni anni fa a Manfredonia ci fu la chiusura di un’azienda del Contratto d’area. Cinquanta operai protestavano e chiedevano aiuto ai servizi sociali, un contributo uguale per tutti. Si è fatto fatica a far accettare l’idea che le situazioni dovevano essere esaminate singolarmente. Alcuni si rifiutarono di partecipare ai colloqui individuali, perché “con quelle domande è chiaro che non mi danno niente”. In effetti vi era chi, oltre alla prima abitazione, aveva altre case, garage… da cui percepiva un reddito, altri la moglie che lavorava, terreni… Insomma quelli che realmente avevano bisogno erano una decina.
C’è stato un convegno on line sul Mezzogiorno, promosso dalla ministra Carfagna. Apparentemente poco di nuovo (sgravi per chi assume, concorsi e potenziamento della Pubblica amministrazione, giustizia civile…). Qualche slogan scontato: “meno elemosine e maggiore fiducia, meno lamenti e più fantasia”. Ma il governo (Draghi e vari ministri) ha espresso la convinzione di intervenire con urgenza nel Sud. Con il Recovery plan.
Iniziare dalla emergenza sanitaria. C’è il disastro Lombardia, ma nel Sud le carenze sono gravi e diffuse. Dall’incontro esce una linea pragmatica. Commissariamenti? Non risolvono nulla. Invece occorre lavorare insieme, aiutare chi ha problemi organizzativi, fare in modo che i sistemi escano rafforzati. Porre le basi per una sanità territoriale e una più giusta protezione sociale. Lo Stato deve definire realisticamente i Lea –livelli essenziali di assistenza, uguali e attuabili da Bolzano a Trapani, e il livello standard di asili nido e assistenza sociale, importanti in sé e necessari per l’occupazione femminile e la conciliazione tra i tempi del lavoro e della famiglia).
La questione fondamentale è il lavoro. Ci sono i giovani (maschi e femmine) che sono andati via. 600.000 dal 2012. Si è detto nell’autunno scorso che molti dall’estero sarebbero tornati. Sono tornati, ma vanno già via in questi giorni. Ci sono i Neet (senza lavoro o percorsi di istruzione), e si pone un enorme problema di formazione, sono centinaia di migliaia e non hanno niente da mettere nel curriculum. Ci sono i laureati (in maggioranza donne), che continuano ad andare via, sono persone e non “cervelli in fuga”. Un esodo che occorre fermare. Che fare? Si possono “trattenere” per progetti sulla povertà educativa, apertura delle scuole al pomeriggio, per la formazione dei Neet? Possono essere coinvolti nella produzione di materiali di studio per il Recovery plan? Utopie? Nel Mezzogiorno si gioca la sfida più grande per il nostro paese. Per affrontarla ci vogliono i giovani, “gusto per il rischio e interesse per il futuro“.
Ci sono alcune premesse importanti: legalità e classi dirigenti. Ne ho parlato tante volte, ma nuove classi dirigenti non spuntano con la bacchetta magica. Ci si deve accontentare di quelle che ci sono. Ci devono, però, essere controlli tempestivi da parte dello Stato per ritardi, inadempienze, illegalità. Occorre rivedere il sistema di lotta alla criminalità organizzata, lo scioglimento “preventivo” non aiuta, se mancano responsabilità penali individuali e la burocrazia resta al suo posto. Ma per affrontare questi temi occorrono nel Sud due grandi “virtù”: il capitale sociale e il dibattito pubblico. Mancano parole e interventi sui temi di interesse generale, non mi riferisco solo al terzo settore, ma a insegnanti, sindacati, comunità ecclesiali, ordini professionali, autorità sanitarie, Università, centri culturali… Neppure in un questo lungo anno di Pandemia, con i contagi autunnali – invernali in Capitanata in enorme crescita, sono giunte informazioni, letture dei dati, interpretazioni, indicazioni…