Le parole del segretario Letta al Partito democratico. Nulla c’è di nuovo sotto il cielo?

CULTURA

Partito progressista, riformista, radicale (nei comportamenti). Non Partito Ztl o della protezione civile. Ho fatto fatica a capire ciò che Letta voleva dire. Il Partito deve abitare (e amare) il territorio e non fa da argine a tutti i costi (salvare la nazione).

Costruire un Partito che si candida senza paura a sfidare le destre fra due anni, a costruire una coalizione, appoggiare nel frattempo questo “nostro governo” e fare politica (ius soli, cittadinanza digitale, voto ai sedicenni…). Torna la politica normale. Ci sono stati giorni di ubriacatura che hanno fatto perdere la testa, manovre di pasticciato trasformismo che chiamavano “ricerca di responsabili e ricostruttori”, sostanzialmente una compera di voti, che per fortuna non è andata in porto, ma resta una macchia per molti. Un’operazione pericolosa, bloccata dal Presidente della Repubblica. E qui Letta ha detto parole chiare contro il trasformismo e come impedirlo anche con la legge elettorale.

“Si vincono le elezioni se non si ha paura di andare all’opposizione”. Già nell’autunno del 2019 (passaggio dal governo gialloverde a quello giallorosso) la scelta era stata dettata dalla paura del voto. Nelle elezioni precedenti i 5 stelle e il Pd erano stati fortemente alternativi, ma un cambio di maggioranza in una democrazia parlamentare è possibile. A condizione che si crei una nuova sintesi, una verifica su programmi e prospettive, scelte chiare e comunicate all’elettorato. Rimanevano invece tante parti oscure, ed hanno gestito (con lockdown e ristori) solo il Covid.

La svolta di Letta come sarà recepita nei territori? Chissà! Manfredonia è un punto di osservazione privilegiato, qui le operazioni trasformistiche (cooptare nella maggioranza persone elette nell’altro schieramento) sono state normali, scambiate per “allargamento democratico”. Qui c’è stato, nella primavera del 2017, l’intervento del Tar sui conti pubblici comunali, ne sono seguiti tentativi di ricomposizione e rimpasto. Eppure, scrissi allora, “Il piano di rientro non è un’operazione contabile. Si tratta di riscrivere il programma e c’è bisogno di una nuova legittimazione democratica”.

Ma perché la paura del voto? E’ questione di potere? E’ così triste e doloroso perderlo? Si sottovaluta, però, la campagna elettorale che è un’occasione istruttiva, educativa. Certamente ci vuole coraggio, ed occorre fare i conti con un popolo tradito e sfiduciato… Compiere scelte audaci, figure nuove… guardando al futuro. Chissà! Se si fosse andati al voto, forse a livello locale non ci sarebbe stata la commissione antimafia.

Il nuovo segretario ha parlato di formazione: Università democratica, un’agorà democratica e di… coraggio. Come si fa a insegnare il coraggio? Far amare il rischio, respingere la tentazione della prudenza e precauzione (che diviene ignavia)? La paura dei gruppi dirigenti del PD si è trasferita all’esterno, si è educato un popolo alla paura. E la pandemia sta facendo il resto. Una paura del mondo e del futuro che non diventa cura del mondo e del futuro.

Il nuovo segretario non ha parlato del Sud. Forse è un bene. Nei territori dove i 5 stelle hanno trovato praterie, quel voto è passato senza un briciolo di analisi. La casa è bruciata, i ponti sono stati travolti… E si è scelto la linea confuciana di stare sull’argine. Ad aspettare i cadaveri dei nemici. Il problema è che la piena sta trascinando via anche il futuro. Letta non ha nominato Renzi. Finalmente! Forse un modo implicito per dire che la politica non si fa con gli anti (antiberlusconismo, antirenzismo…).

Il libro “Contro venti e mare” è del 2017 (Trump e il populismo erano in scena…), Letta si interroga sulle responsabilità che hanno portato a quei fenomeni. Guardarsi dentro e guardare fuori (oltre la pandemia). Quello che deve fare la politica normale. Pensa a un partito con vocazione maggioritaria. Un partito al centro dello schieramento di centrosinistra. Il primo che ha parlato di vocazione maggioritaria è stato Mitterand, che, nel discorso sulla Rifondazione socialista francese, dice: “Io sono per il maggioritario. Vorrei che questo partito prenda il potere, ma vorrei che comprendessimo che la trasformazione della società non comincia con la presa del potere, ma innanzi tutto con la presa di coscienza di noi stessi e delle masse. Con la trasformazione di noi stessi”.

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